Moni Ovadia: noi tutti migranti. Combattiamo povertà e degrado

«Siamo tutti migranti: bulgari, napoletani. Italiani. Tutti gli spostamenti dei popoli arricchiscono il mondo e sono al centro della storia umana. Il problema è un altro ed è legato al contesto. In un paese civile si combatte la povertà e non i poveri, si investe per sconfiggere il degrado e non si “cavalcano” mai il razzismo, l’odio, la violenza. Che provoca sempre altra violenza». Moni Ovadia, cantante e attore, musicista e scrittore nato in Bulgaria, che ha indirizzato tutta una vita e una carriera sulla contaminazione, la condivisione e lo scambio culturale continuo tra popoli, è sconcertato dall’ennesimo episodio di tensione razziale nato nel nostro Paese. «Parlo da italiano, perché vivo da sempre qui: bisogna individuare il disagio in ogni luogo dove si annida, anche con dei mediatori sociali, conoscere e conoscersi in modo da farlo emergere, prima che prendano il sopravvento la diffidenza e poi la cattiveria. I bulgari? Sono un popolo estremamente laborioso, intelligente, tollerante. Ma, ripeto, il problema non sono loro. Come non lo erano le centinaia di migliaia di meridionali che andavano a lavorare nelle fabbriche del Nord o i milioni di italiani che emigravano in ogni parte del mondo, dall’America. Vogliamo rifare lo stesso percorso? Quello degli appellativi come “without papers” o dei cartelli “non si affitta ai terroni”? Sarebbe ingiusto con la storia, a cui hanno contribuito tanti nostri concittadini che hanno rappresentato, per esempio negli Usa, una fonte di straordinaria ricchezza come gli ebrei».L’artista cosmpolita per antonomasia, ha una sua tesi ideale sui movimenti dei popoli. «Come nella preistoria (che senza migrazioni non sarebbe diventata storia) gli spostamenti ci sono stati e ci saranno sempre per trovare delle condizioni migliori di vita o addirittura la dignità della vita. Si scappa dalla fame, dalla sete, dalle guerre, dagli eventi catastrofici. Ma non si va in un Paese che non lo richieda. L’Italia fino agli anni ‘80 non rappresentava una terra “promessa”, anzi i nostri concittadini andavano al Nord, in Italia, in Europa. Mi dice cosa avrebbe fatto la Fiat senza la manodopera del Sud? E come avrebbero fatto la Germania o il Belgio senza questa gente che si è spaccata la schiena vivendo in condizioni difficilissime, lasciando la famiglie e casa. Io sto con loro, con i deboli, con gli ultimi e sono stato sempre con loro. Come ora combatto per chi viene qua a raccogliere la frutta, a faticare nei campi o a far da badante. “Chiamati” a rappresentare comunque e sempre un arricchimento per tutti, a partire dagli italiani che li accolgono». E devono farlo secondo Moni Ovadia. «Per me vale il modello Mimmo Lucano, che però è stato attaccato perché a qualcuno fa “comodo” solleticare gli istinti più bassi delle persone. Come del resto a qualcuno piace di nascondere la grande manifestazione per la Palestina contro le annessioni israeliane che terremo alla fine della settimana. La questione è che ogni problema va affrontato in maniera adulta, oltre che civile, con della authority specializzate sull’immigrazione che impediscano intanto al Mediterraneo di trasformarsi in un cimitero».Poi c’è la questione di quelli che arrivano per delinquere. «Quando si è di fronte a dei popoli migranti non appartengono di certo tutti a la “crème de la crème”. Questo è logico ed endemico. Per questo dicevo prima “conoscere” e “conoscersi” per individuare pure chi non viene a far del bene. Ma questo vale ora come valeva prima, per una piccola minoranza di italiani e non penso comunque che nessuno possa dar lezioni di moralità dove esistono quattro forti organizzazioni di malavita organizzata... Per questo dico che non c’è differenza tra napoletani, bulgari, africani e non penso che se uno viene derubato abbia più piacere di essere rapinato da un italiano piuttosto che da un albanese. Investiamo invece sull’eliminazione della povertà (e non dei poveri, mi ripeto) non emarginando chi viene dal dolore e ricordando qualche volta anche i testi antichi che dicono che gli stranieri vanno accolti e chi non lo fa si può anche considerare un popolo “maledetto”. L’accoglienza è un valore primario. Lo straniero si assiste, gli si tende la mano, gli si dà da mangiare. Il resto si vede poi... Abbiamo bisogno gli uni degli altri e i problemi si riescono a risolvere con l’intelligenza, investendo sul rispetto della dignità e dei diritti umani. E questo vale per tutti».

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