Gideon Levy : i soldati dell' IDF non erano a rischio, ma hanno comunque sparato a un ragazzo palestinese in testa

Sintesi personale

La sala di aspetto  per i familiari è vicino all’unità di terapia neuro-intensiva al 12° piano del moderno ospedale di  Gerusalemme. Questo è un vasto spazio con un soffitto alto, pareti in pietra e finestre panoramiche che si affacciano su un paesaggio boscoso di Gerusalemme; sculture in bronzo, dono di donatori americani, adornano lo spazio.

Seduto in fondo alla stanza su una panca di legno donata dalla comunità ebraica di Pittsburgh, con un tappeto da preghiera musulmano ai suoi piedi, c’è un uomo in un tailleur grigio, con la faccia segnata dall’angoscia  e il  cuore spezzato.

Mohand Shatawi siede da solo qui. Non lontano, in una delle stanze spaziose e ben attrezzate, i medici stanno combattendo per salvare la vita a suo figlio di 14 anni, Mohammed. La testa del giovane è fasciata, il suo petto si alza e si abbassa al ritmo del respiratore meccanico; è collegato a innumerevoli tubi e i monitor riportano  le sue condizioni. Mohammed è un vegetale. È così da quando un soldato delle forze di difesa israeliane gli ha sparato un proiettile in testa, la scorsa settimana.

Disperazione, dolore, agonia sono impressi sul volto di Mohand, la cui solitudine è accentuata dall’ ampio spazio che lo circonda.

Nessuno del suo villaggio di Qaddum, a ovest di Nablus, ha il permesso  per unirsi a lui  e condividerne l’angoscia. È qui da una settimana ormai, dorme sul pavimento e prega per la vita di suo figlio. In realtà non dorme quasi. Compra quel poco cibo che può permettersi. Ogni tanto entra nel reparto per guardare suo figlio. È uno spettacolo brutale. Non abbiamo mai visto così tanti tubi e monitor collegati a un ragazzo.

Mohand, 48 anni, è un tassista. Ogni giorno, alle 3 del mattino, lascia la sua casa a Qaddum per portare i lavoratori locali verso il checkpoint Eyal. Vanno a lavorare in Israele. Per il resto della giornata, fino alla sera, percorre la rotta Ramallah-Qalqilyah. Giorno dopo giorno, provvede in questo modo a sua moglie, ai  quattro figli e  alle due figlie. Ora Mohammed è sospeso tra la vita e la morte. Suo figlio, un vivace ragazzo, era tornato da scuola ed era uscito a giocare con i suoi amici, secondo la loro testimonianza. I soldati gli hanno sparato un colpo in testa e ora  è  in stato vegetativo.

Qaddum è uno degli ultimi villaggi di lotta e resistenza e non si è arreso. La lotta qui è per la  strada di accesso al villaggio, da anni completamente bloccata a causa dell’insediamento di Kedumim, costruito ai suoi margini. Ogni fine settimana, un gruppo di abitanti del villaggio, insieme a un numero sempre crescente di attivisti israeliani e stranieri, si posiziona sulla strada proibita, disseminata di pietre e pneumatici bruciati. I soldati li aspettano tra gli ulivi, lanciano gas lacrimogeni e li inseguono nel villaggio. Occasionalmente sparano. A volte con munizioni vive. Ci sono feriti e morti frequenti.

Eravamo a Qaddum lo scorso luglio, dopo che i soldati avevano sparato ad Abd el-Rahman Shatawi in testa con munizioni dal vivo durante la manifestazione settimanale. Un bambino di 10 anni, che ora sembra ancora più piccolo della sua età, era innocentemente in piedi all’ingresso della casa di un amico nel villaggio, quando i soldati presero la mira da lontano e gli spararono alla testa. Da Qaddum andammo all’ospedale pediatrico di Safra, al Sheba Medical Center, a Tel Hashomer, ed entrammo nella stanza 9 dell’unità di terapia intensiva per bambini. Il direttore dell’unità, Prof. Gidi Paret, ci disse all’epoca che c’era speranza per il ragazzo. Suo padre, Yasser, non ha lasciato il capezzale di suo figlio per settimane. Anche Abd el-Rahman è oggi in stato vegetativo ed è ricoverato nell’ospedale riabilitativo di Beit Jalla, adiacente a Betlemme, completamente paralizzato e incapace di parlare. Ogni giovedì suo padre lo porta a casa in macchina, mettendolo sul sedile posteriore  e lo riporta domenica. Un weekend a casa.

Abd el-Rahman è della famiglia di Mohammed, entrambi dello stesso villaggio  come evidenziano le parole dell’iconica canzone ebraica.

Questa settimana siamo andati di nuovo a Qaddum e da lì all’ospedale. Le circostanze sono terribilmente simili: in ogni caso un ragazzino è stato colpito alla testa con risultati spaventosi, da un proiettile di metallo rivestito di gomma. Ecco cosa succede quando nessun soldato viene punito.

Al secondo piano di una delle prime case del villaggio, un gruppo di uomini è seduto pigramente. Sono parenti del padre e del figlio ferito, che ora sono lontani da qui. Dopo poco tempo, arriva Qusay Shatawi, che ha 13 anni ed è stato testimone oculare dell’evento. Era con Mohammed giovedì scorso quando il soldato gli ha sparato. Il ragazzo è ancora chiaramente traumatizzato: le sue gambe si muovono incessantemente da una parte all’altra, il suo viso è pallido, parla in un sussurro, sembra spaventato mentre cerca di ricostruire ciò che è successo.

La scuola finì verso mezzogiorno e decisero di tornare a casa. Si erano organizzati per andare, verso le 2, a giocare nel cortile di un edificio ai margini del villaggio che appartiene al consiglio locale ed è usato come una sorta di centro comunitario. I bambini ci vanno ogni giovedì pomeriggio. Era una giornata di sole, dice Qusay, e volevano abbronzarsi. Dopo un po’ di tempo decisero di tornare a casa. Erano solo in quattro, tra i 13 e i 14 anni. La zona era tranquilla, ricorda Qusay. Il portavoce dell’IDF afferma che circa 40 giovani si erano riuniti e stavano bruciando pneumatici. Erano i giorni immediatamente successivi alla pubblicazione dell ‘”accordo del secolo” del presidente Trump.

Mentre si dirigevano verso il villaggio, notarono dei soldati in piedi sul crinale della collina che sovrasta la strada. Questa non è la strada del campo di battaglia, che è in basso, ma anche essa è coperta di pietre, di proiettili vivi, a testimonianza che si svolgono anche qui le dimostrazioni. Abbiamo camminato sulla strada con Qusay. Era la prima volta che la percorreva  da giovedì.

Sotto nella valle c’è l’edificio con il cortile dove erano stati e sopra di noi è dove i soldati stavano aspettando. Con un pendio così ripido, i soldati in cima alla collina e i bambini sotto di loro, i bambini non avrebbero potuto costituire una minaccia per le truppe. È impossibile lanciare pietre verso l’alto. Quindi qui, all’ombra del masso sul ciglio della strada, vicino al serbatoio dell’acqua del villaggio, dice Qusay, i ragazzini pensavano di essere al sicuro.

Erano le tre passate. Pochi minuti dopo Mohammed si alzò per controllare se i soldati erano ancora in cima alla collina. Nel momento in cui alzò la testa, Qusay sentì due colpi. Il secondo colpì Mohammed sul lato destro della testa. Cadde a terra sanguinando. Gli altri tre ragazzi lo  afferrarono e corsero con lui verso il villaggio. Nel frattempo i residenti del villaggio, che avevano sentito gli spari, incominciarono ad arrivare. Muayad Shatiwi racconta di aver visto i ragazzi che trasportavano il loro amico ferito. Si affrettò, lui ed altri palestinesi, ad adagiarlo nella sua macchina. La strada per l’ospedale di  Nablus era bloccata a causa di un incidente. Non restava altra scelta che raggiungere l’ospedale di Qalqilyah, ad est del villaggio. Vicino all’insediamento di Karnei Shomron li fermò un’auto della polizia. Mostrò  il corpo sanguinante  agli agenti di polizia, ma nonostante ciò fu trattenuto per circa una mezz’ora. Nel frattempo arrivò un’ambulanza palestinese e Mohammed fu portato all’ospedale Rafidia di Nablus. Intanto il nonno di Mohammed chiamò il padre del ragazzo, che era a Ramallah con il suo taxi, e gli disse che suo figlio era stato leggermente ferito. Mohand si affrettò a recarsi a Nablus, dove apprese che le condizioni di suo figlio erano gravi o critiche. Alle 21:00 fu deciso di trasferirlo ad Hadassah. A Mohand fu permesso di accompagnare suo figlio in ambulanza. In risposta a una richiesta di commento, il portavoce dell’IDF ha reso questa dichiarazione ad Haaretz: “Diversi giorni fa, si è sviluppato un violento disordine al quale presero parte 40 palestinesi. Sono state bruciate gomme e pietre sono state lanciate contro le forze IDF. I militari dell’IDF hanno risposto con mezzi di controllo della folla. È noto il reclamo su un palestinese ferito da un proiettile di gomma“.

Nella sala della famiglia, dedicata ai bambini, vi è una targa con questa scritta: “I bambini ci condurranno verso un percorso più gentile, Mohand Shatawi è  qui seduto  e prega  per la vita di suo figlio.“

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