Auschwitz e le Foibe di Salvini – Moni Ovadia sul Manifesto

Auschwitz e le Foibe di Salvini – Moni Ovadia sul Manifesto

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Moni Ovadia: l’Italia è un paese ammorbato da molteplici retoriche, da un tasso patologico di falsa coscienza e per converso da un livello bassissimo di onestà intellettuale e di senso della memoria. Per questo è estremamente impervio affrontare il tema delle foibe senza intossicazioni ideologiche strumentali. Personalmente non ho la pretesa di farlo in modo obiettivo, ma spero di mantenere un ragionevole equilibrio. Io considero ogni violenza perpetrata deliberatamente contro un essere umano innocente un crimine ingiustificabile. Anche in tempo di guerra. Ritengo che un colpevole e persino un grande criminale non possano essere puniti senza un giusto processo, sono contrario alla pena di morte, che nessun tribunale dovrebbe avere il diritto di comminare neppure al più feroce dei carnefici.
Quando un uomo viene giustiziato si produce, anche nell’occorrenza della più adamantina delle motivazioni, un vantaggio per il campo della morte. La pena capitale non è un atto di giustizia. La differenza che trascorre fra un regime criminale e un sistema fondato sui valori di uguaglianza, libertà e pace è la stessa che passa fra la vita e la morte. Non propongo queste riflessioni per «perdonismo» sedicente cristiano né spinto da quel sentimento chiamato «buonismo» nella lingua della cloaca mediatica, ma perché credo che il valore della vita sia supremo e che la vendetta di qualsiasi veste si ammanti avveleni e sia impotente a risarcire gli orrori, in particolare quelli irredimibili.
Ora, chiunque abbia infoibato esseri umani ha commesso un crimine e ciò deve essere riconosciuto, le vittime hanno diritto alla giustizia e la loro sofferenza al compianto e alla memoria. Lo stesso si dica per la tragedia degli esuli istriani contro cui vennero praticati anche atti di crudeltà ideologica a priori. Stabilito questo, il compito che sarebbe spettato alle generazioni successive e anche alla nostra sarebbe quello di capire. Quale è l’origine violenta che ha causato le foibe? La risposta, a mio parere è iscritta nella storia della seconda guerra mondiale: la criminale guerra genocida, voluta, preparata e scatenata dai nazisti tedeschi e dai loro sodali con l’intento di imporre una dittatura razzista schiavista e assassina su tutta l’Europa.
I militi delle SS e i soldati della Whermacht cantavano: “heute gehört uns Deutschland, morgn di ganze Welt” oggi ci appartiene la Germania, domani il mondo intero. In questo contesto i popoli della ex Iugoslavia furono colpiti da inenarrabili violenze e orrori ad opera dei nazisti, dei fascisti italiani e di quelli croati, gli Ustascia guidati da Ante Pavelic, il più feroce fascista di tutto il secondo conflitto mondiale. Si narra che l’inaudita ferocia dei suoi scherani abbia sollevato perplessità fra i nazisti.
C’è una sola persona ragionevole che possa sostenere che la violenza delle foibe sia nata come atto di pura crudeltà dei « feroci slavi»? Come ebreo italiano mi corre l’obbligo di ricordare che un popolo di «feroci slavi» i bulgari, hanno salvato i loro cinquantamila ebrei opponendosi direttamente a Hitler, e fra essi i miei genitori e mio fratello, che i popoli sovietici hanno fermato i nazifascisti con un contributo immane di morti – fra i 20 e i 26 milioni di morti. Gli italiani, brava gente invece in stragrande maggioranza accolsero con indifferenza le leggi razziali, non ebbero pressoché nessuna reazione quando furono espulsi dalle scuole bambini di sei anni e non mossero un dito quando i loro concittadini ebrei furono avviati alla deportazione e allo sterminio. Coloro che rischiarono le loro vite per salvare ebrei lo fecero perché brava gente, non perché italiani in quanto tali. Tutti coloro che hanno la memoria corta farebbero bene a visionare il documentario della Bbc «The fascist legacy», (L’eredità fascista) e capirebbero molte cose che fanno di tutto per non voler capire.
Per esempio che il poeta Giuseppe Cobolli Gigli, nazionalista istriano e fascista della prima ora, nom de plume Giulio Italico, incitava a infoibare i «nemici» del suolo patrio e che il sistema dell’infoibamento è stato per la prima volta messo in opera dai fascisti italiani contro i partigiani slavi. Il documentario BBC è stato acquistato dalla Rai, curato per l’edizione italiana da Massimo Sani, straordinario uomo di televisione mancato lo scorso luglio. La Rai non lo ha mai trasmesso chissà perché???
E ora dobbiamo ascoltare il gagliardo ministro degli interni ritentare l’equiparazione fra le foibe ed Auschwitz per il tramite dei bambini. L’operazione non è nuova fu lanciata da un esponente dell’estrema destra, l’ex governatore del Lazio Francesco Storace. Queste equiparazioni sono strumentali e perniciose, sottendono una delle forme più insidiose di revisionismo negazionista. Il loro scopo è quello di vellicare il revanscismo irredento della mai doma destra di ispirazione fascista per procurarsi voti a buon mercato.
Ritengo questa prassi priva di pietà nei confronti delle vittime verso cui si mostra cinismo e indifferenza. L’Italia non ha mai fatto veramente i conti con il proprio passato, ha sempre cercato capziosamente di aggiustarselo pur di non riconoscere le proprie responsabilità fino in fondo. I politicanti se ne fregano del loro paese e pensano al loro tornaconto, i cittadini sappiano che al futuro del prestigio nazionale non viene nulla di buono da simili sparate.
«Si ammazza troppo poco», ammonisce nel 1942 il generale Mario Robotti, comandante dell’XI Corpo d’Armata italiano in Slovenia e Croazia, e il suo diretto superiore Mario Roatta rincara la dose: «Non dente per dente, ma testa per dente»Nello scenario drammatico dei Balcani, dove l’aggressione italo-tedesca si intreccia con le esasperazioni della guerra civile e delle contrapposizioni etniche, l’Italia fascista reagisce alla resistenza jugoslava, albanese e greca con brutale durezza: rastrellamenti, villaggi incendiati, esecuzioni sommarie, internamento di migliaia di civili. L’Italia imperiale (1940-43) e i 1857 ufficiali e soldati di cui fu chiesta l’estradizione per crimini di guerra.

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