Sea Watch 3, perché la nave di Carola doveva attaccare a Lampedusa

Perché Lampedusa? Perché la #SeaWatch3 non è andata in Libia, in Tunisia, in Grecia o a Malta, come avrebbero voluto Di Maio e Salvini?
La comandante Rackete aveva ottime ragioni per dirigersi in Italia». Ragioni che Fabio Sabatini, professore associato di Politica economica all’Università La Sapienza ha messo in fila, letteralmente. Su Twitter ha spiegato passo passo perché la Sea Watch 3 ha fatto bene ad attraccare a Lampedusa.


La richiesta dell’Italia 

Attraverso una serie di tweet, Sabatini ricostruisce la vicenda «per fare chiarezza oltre gli slogan della propaganda». Tutto parte dalla richiesta di portare i naufraghi in Libia avanzata dall’Italia alla Sea Watch 3. La Libia aveva autorizzato lo sbarco, ma la Ong ha rifiutato per rispetto delle leggi internazionali che regolano il soccorso in mare.
L’obbligo di soccorso 
«La convenzione di Amburgo del 1979 - ricorda su Twitter Fabio Sabatini -, cui l’Italia ha aderito con la Legge n. 147/1989, prevede l’obbligo di prestare soccorso ai naufraghi e di farli sbarcare nel primo “porto sicuro” sia per prossimità geografica al luogo del salvataggio sia dal punto di vista del rispetto dei diritti umani. In parole povere, un porto è sicuro se garantisce il rispetto dei diritti dei naufraghi». Ma la Libia non è un porto sicuro.
Perché la Libia non è un porto sicuro 
Secondo i rapporti delle Nazioni Unite e le testimonianze dei giornalisti e dei sopravvissuti, in Libia i migranti vanno incontro a «orrori inimmaginabili». Sabatini spiega che «la Libia è un paese in guerra in cui i migranti sono detenuti illegalmente in condizioni disumane, ridotti in schiavitù e sistematicamente oggetto di stupro e delle torture più atroci».
Secondo l’Onu, la Guardia costiera locale collabora con gli aguzzini: «I naufraghi riportati in Libia sono sistematicamente ricondotti nei campi di concentramento, dove ricomincia l’inferno di schiavitù, torture e stupri, fino alla fuga successiva. Riportare un naufrago in Libia spesso significa condannarlo a morte».
Perché non si possono far sbarcare in Tunisia 

Se in Libia non si può, allora perché non dirottare gli sbarchi sulla Tunisia? «In fondo, come dice Di Maio, se ci sono i Club Med non può che essere un porto sicuro», twitta il professor Sabatini, spiegando subito dopo perché non è così. «La Tunisia non è attrezzata per garantire i bisogni dei migranti e non ha una legislazione completa sulla protezione internazionale, che sarebbe invece essenziale per garantire il rispetto dei diritti umani dei migranti e perché un posto possa essere considerato un “porto sicuro”».
Nelle ultime settimane, per esempio, una nave con 75 migranti a bordo era stata costretta a rimanere in mare per giorni (in condizioni peggiori di quelle della Sea Watch 3) perché la Tunisia rifiutava di farli sbarcare. Quando lo sbarco è stato consentito, i migranti sono stati trasferiti in centri di detenzione e minacciati affinché accettassero di lasciare subito il Paese e non presentare domanda di asilo internazionale
«Se la Sea Watch avesse deciso di andare in un altro porto avrebbe violato le leggi internazionali sulla navigazione e il soccorso - chiarisce Sabatini -. Avvicinarsi a Lampedusa pur senza autorizzazione formale, invece, non implicava la violazione di alcuna legge. Dirigersi verso Lampedusa era la scelta più ovvia e con meno conseguenze legali e penali». Come affermato dall’Onu nella lettera inviata all’Italia sul decreto sicurezza bis, «il diritto alla vita e il principio di non respingimento prevalgono sulla legislazione nazionale o su altre misure presumibilmente adottate in nome della sicurezza nazionale». Secondo l’Onu, l’approccio del decreto «è fuorviante e non è in linea con il diritto internazionale generale e il diritto internazionale dei diritti umani».
La (giusta) decisione di Carola 
Quando si tratta di tutela dei diritti umani, quindi, le convenzioni internazionali prevalgono sulle leggi nazionali e sulle decisioni di politica interna. «Nel prendere la decisione di accostarsi a Lampedusa, la comandante Rackete ha obbedito a una legge di rango superiore al decreto sicurezza bis», spiega in un tweet il professore.
Per l’Art. 117 della Costituzione, un trattato internazionale ratificato e reso esecutivo nell'ordinamento italiano è al riparo da possibili ripensamenti del legislatore, e condiziona la produzione legislativa successiva, che a esso dovrà dunque conformarsi, aggiunge poi Sabatini.
Le ipotesi Grecia e Spagna 
Nel dibattito sullo sbarco sono state anche ipotizzate la Grecia e la Spagna come destinazioni della Sea Watch 3. Perché sono state scartate? «Perché sono più lontane - spiega Sabatini - , e la legge obbliga le navi a far scendere i naufraghi nel porto sicuro “più vicino”, proprio per non mettere ulteriormente a rischio le loro vite già tremendamente provate (in questi casi non solo dal naufragio ma anche dalla detenzione e dalle torture).
È proprio grazie alla prossimità che in Italia continuano ad arrivare migliaia di persone che attraversano il Mediterraneo con piccole imbarcazioni gestite da organizzazioni criminali». Solo nell’ultimo mese sono arrivate a Lampedusa 300 persone. La vicinanza rende i viaggi anche più sicuri: le traversate dipendono dalle condizioni meteo, e meno si sta in mare meglio è. 

«La legge obbliga le navi a far scendere i naufraghi nel porto sicuro più viino

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