Elias Khoury La Palestina non è in vendita



Il 25 e 26 giugno i ricchi s’incontreranno a Manama, capitale del Bahrein, per mettere in vendita la patria dei poveri, la terra palestinese, in cambio dei soldi del petrolio arabo
Dove ci stanno portando i relitti della regione araba? A Manama, capitale del Bahrein, a una conferenza alla quale hanno affibbiato il titolo Peace to prosperity. Lì il 25 e 26 giugno i ricchi s’incontreranno per mettere in vendita la patria dei poveri, la terra palestinese, in cambio dei soldi del petrolio arabo. È il primo effetto della serie di accordi tra Donald Trump e Israele. Il presidente statunitense ha già consegnato allo stato israeliano Gerusalemme e il Golan, e recentemente ha fatto lo stesso con il 60 per cento dei territori della Cisgiordania. È ovvio. Gli evangelici e i sionisti cristiani tengono per le corna il toro imbizzarrito americano tramite il commercio immobiliare e lo incitano a una politica cieca, ultrasionista. Del resto, quando degli sciocchi uniscono visioni religiose sanguinarie al capitalismo selvaggio per far fronte alla crisi generata dal declino della globalizzazione si arriva al fascismo.
Benjamin Netanyahu e i suoi alleati, che stanno gettando le fondamenta di una seconda Israele razzista, intollerante e fascista, vogliono annientare la causa palestinese. È banale. Nel mondo ci sono stati diversi tipi di colonialismo da insediamento, che hanno avuto la massima espressione nell’apartheid in Sudafrica. Ma cosa ha a che fare con tutto questo il sistema arabo in via di decomposizione?
Voi non siete noi: la primavera araba ha tracciato una linea di separazione netta tra i cittadini in miseria e i governanti fascisti, militari o re del petrolio che con i profitti delle loro vendite hanno provocato una rinascita dell’islam reazionario e spietato. Una linea disegnata con il sangue, le lacrime, l’esilio e la distruzione. Chi vi ha chiesto di negoziare sulla Palestina? Per venderla vi state approfittando del fatto che l’attenzione del mondo si è spostata verso altri territori che voi, in combutta con i militari, la mafia e il gruppo Stato islamico, avete contribuito a destabilizzare. E oggi, invece di dare conto dei vostri crimini e della vostra ferocia, venite a vendere quello che non vi appartiene.
Che razza di gioco è questo con cui comprate l’isolamento di Gaza e fate pressione su Ramallah perché firmi un atto di sottomissione? Avete un solo scopo: proteggere i vostri troni e far scorrere fiumi di denaro. Siete davvero convinti che grazie ai vostri conti in banca gli Stati Uniti e Israele agiranno come mercenari nella vostra sciocca battaglia contro l’espansione dell’influenza iraniana? Siete davvero convinti che Donald Trump, che spesso ha ironizzato su ciò che vi è più caro dicendo che la vostra ricchezza non è infinita, si comporterà come un dipendente al vostro servizio? Siete convinti che l’esercito israeliano si consacrerà alla difesa dei vostri regni, dei vostri emirati, del vostro petrolio e del vostro orgoglio, dopo che lo avrete aiutato a sbarazzarsi della Palestina?
Avete davvero creduto alla bugia di essere così potenti, capaci di occupare lo Yemen, d’intervenire negli affari sudanesi e algerini e di manipolare il destino degli arabi? Ma lo sapete con quali occhi vi guardano il presidente degli Stati Uniti e l’occupante israeliano?
Fate come vi pare, ma state lontani dalla Palestina.
La sua terra è stata resa santa dal sangue dei martiri, e non è in vendita all’asta della vergogna. Fate come volete, distruggete le ricchezze della natura, andate a ballare con gli americani e organizzate manovre militari con Israele. Portate i ministri israeliani a visitare le moschee, come avete fatto con la ministra razzista Miri Regev. Lasciate che le bandiere con la stella di David sventolino nei vostri deserti e spingete i padroni verso una guerra idiota contro l’Iran.
Fate come volete, ma non a nome nostro. Noi non siamo voi. Avete combattuto il panarabismo con la Conferenza islamica e l’esercito israeliano. Il vostro, quello nuovo, unito e stabile, è arrivato troppo tardi. Siete morti, siete solo i fantocci d’Israele e degli Stati Uniti. Andate a ballare con gli americani, pagate ancora, prostratevi. Fate come volete, ma non vi permetteremo di farlo a nome nostro.
Il trucco è chiaro, quegli illusi pensano di ingannare americani e israeliani, ma che misera umiliazione subiranno! Gli Stati Uniti e Israele spremeranno fino all’ultima goccia di petrolio e di sangue arabo, per poi abbandonarli al destino che meritano. Dobbiamo bandirli dalla nostra lingua. Via dal vocabolario, dalla grammatica e dalle coniugazioni. Non c’è posto per loro nelle nostre lettere. Bandiamoli dai versi della poesia e dai ritmi della prosa. Bandiamoli dai distici del poeta Imru al Qays. Bandiamoli dalla nostra ombra. Il gioco è finito, la loro lingua è morta. Chi parla una lingua morta ha forse il diritto di venderci?
In Bahrein non ci sarà un accordo, ma una farsa; non ci sarà una pace, ma la fine di un’epoca per il mondo arabo. Un’epoca che grava sulle nostre spalle da settant’anni, e della quale è arrivato il momento di sbarazzarci . ab
ELIAS KHOURY è uno scrittore nato a Beirut nel 1948 ed è uno dei più importanti autori in lingua araba. È il direttore della rivista Al Dirasat al Falestiniyya. Ha scritto questa column per il quotidiano panarabo Al Quds al Arabi

Internazionale 1311 | 14 giugno 2019

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