Robert Fisk Gli stati occidentali si sottraggono alla colpa per i crimini di guerra
Quando un crimine di guerra non è un crimine di guerra? Quando è commesso da noi, ovviamente.
Ma questo truismo sta assumendo oggi un significato nuovo e sinistro e non solo perché Trump e i suoi svitati possono star pianificando un’altra covata di atrocità in Medio Oriente.
Poiché oggi sta diventando evidente un pericoloso slittamento in cui stati occidentali sono più pronti che mai a consentire crimini militari contro l’umanità, ad accettarli, ad approvarli e ad attendersi che noi tolleriamo queste violazioni grossolane e rivoltanti della legge internazionale.
Non sto semplicemente parlando del grottesco e patetico comportamento dell’”amnistia delle incriminazioni storiche” del nostro più recente ministro della difesa, che significa che si possono uccidere iracheni e afgani e farla franca, ma occorre essere un po’ più misurati in Irlanda del Nord. Non molto più misurati, attenzione, poiché osservate semplicemente le scattanti giovani élite Tory e i rinsecchiti ex generali che stanno strillando per ampliare questa licenza di uccidere a quelli che uccisero cittadini britannici a Belfast e Derry.
Questo non è solo un insulto all’umanità degli irlandesi, uomini e donne, dell’Irlanda del Nord che capita abbiano cittadinanza britannica; è anche porli in un limbo tra i mussulmani dagli occhi marrone del Medio Oriente che possono essere dimenticati dieci anni dopo essere stati liquidati, i britannici dagli occhi azzurri i cui assassinii avevano squadre di poliziotti e di agenti antiterrorismo in corsa per le strade della nazione per scovare e portare davanti alla giustizia i loro uccisori.
Non è solo una differenza nel DNA delle nostre vittime, naturalmente. E’ quell’aggettivo, “storiche”. Poiché quello che Penny Mordaunt e i suoi bulli stanno proponendo è un termine di prescrizione dei crimini di guerra, qualcosa che migliaia di ex nazisti hanno cercato e pregato di ottenere dopo la Seconda guerra mondiale.
No, i soldati britannici non sono nazisti, i marine statunitensi non sono la Wehrmacht, la RAF e l’aviazione statunitense non sono la Luftwaffe (anche se al riguardo dovremmo lasciar da parte Amburgo e Dresda). Sto parlando di paralleli, non di paragoni, a proposito della crescita improvvisa di una mentalità pericolosa e distorta che propone di esonerare gli assassini prima ancora che commettano il loro crimine.
Ma allontaniamoci dall’oscena lotta della Gran Bretagna nel nord-est dell’Irlanda, anche se molti sostenitori della Brexis sono parecchio pronti a tornarci. Attraversiamo, invece, l’Atlantico al più vasto manicomio di Washington dove Trump ha appena concesso pieno perdono al luogotenente dell’esercito statunitense Michael Behenna.
Il 16 maggio 2008 egli ha assassinato un iracheno di nome Ali Mansur. A Behenna era stato ordinato di ricondurre Mansur a casa sua dopo che era stato interrogato da agenti dei servizi segreti statunitensi a proposito dell’uccisione di due soldati USA in un attentato stradale. Non avevano trovato prove della sua colpevolezza. Ma Behenna ha portato il suo prigioniero nel deserto, lo ha spogliato, lo ha interrogato nuovamente sotto la minaccia di un’arma e poi gli ha sparato in testa e al petto. Il caso era semplice, o almeno voi potreste pensarlo. Behenna era stato condannato per omicidio preterintenzionale alla pena di 25 anni di carcere.
Ma poi il dipartimento statunitense della giustizia ha ridotto la sua condanna da 25 a 15 anni e gli ha concesso la libertà condizionale nel 2014. Behenna era un detenuto modello, ammirato dai suoi amici nel suo nativo Oklahoma.
E giusto dieci giorni fa Trump a concesso il pieno perdono a questo assassino dell’esercito. Nessuna sorpresa dal punto di vista di Trump, ovviamente. Ha detto che “la tortura funziona” e ritiene che funzioni anche l’omicidio di massa.
“Dovete far fuori le loro famiglie; quando prendete questi terroristi dovete far fuori le loro famiglie”, ha detto in un’intervista del 2015 il presidente degli Stati Uniti. Behenna ha commesso il suo assassinio giusto più di dieci anni fa, dunque nessuna protesta dalla Mordaunt e dai suoi amichetti a Londra; il suo crimine è stato commesso giusto dopo che sarebbe scaduto il suo termine decennale per la prescrizione dell’omicidio nel mondo mussulmano.
Un altro veterano statunitense della guerra in Iraq ha smentito questa assurdità il giorno dopo che il criminale di guerra Behenna è stato benedetto da Trump con la libertà. Waitman Wade Beorn era un ufficiale di cavalleria che aveva detto ai suoi soldati di trattare i civili iracheni come se fossero vicini di casa piuttosto che nemici. In un notevole articolo sul Washington Post Beorn ha scritto che il comandante in capo USA aveva preferito ignorare gravi crimini di guerra “a favore di una distorta idea di patriottismo ed eroismo”. Trump ha sposato “la mentalità che in guerra accadono cose brutte”, il che è bizzarro per un uomo che ha evitato il servizio militare.
Ma Beorn è unico nel fatto che ha anche scritto un libro sulla partecipazione dell’esercito tedesco all’Olocausto. Persino considerato il contesto premeditato razzista e fortemente diretto ideologicamente della Wehrmach, ha concluso, “la cultura di ciascuna unità e la dirigenza istituzionale hanno più direttamente influenzato il fatto che crimini di guerra fossero commessi. Capi omicidi guidavano unità omicide”.
Beorn non sta paragonando l’esercito statunitense alla Wehrmacht. Egli parla – anche se un po’ sentimentalmente – dei “sistemi di istruzione militare [degli Stati Uniti] che sottolineano i nostri valori e la legge sui conflitti armati” e le loro “forti fondamenta etiche”.
Ma egli evidenzia il famigerato “Decreto giurisdizionale” di Adolf Hitler del maggio 1941, appena prima dell’invasione nazista dell’Unione Sovietica, che informava i soldati tedeschi che “per reati commessi da membri della Wehrmacht e da suoi dipendenti contro civili nemici, l’incriminazione non è obbligatoria, nemmeno se il reato è al tempo stesso un crimine o una violazione militare”.
Come indica Beorn, “ai soldati fu detto letteralmente che non sarebbero stati processati per comportamenti sarebbero stati un reato in qualsiasi altra parte dell’Europa”.
Il che è – realmente – spaventosamente prossimo alle proposte teoriche del nostro ministro della difesa. Scagionare assassini se uccidono afgani o iracheni – pur se dopo un intervallo decente – ma non se uccidono britannici, avrebbe potuto apparire piuttosto familiare ai veterani della Wehrmacht. Quando un presidente statunitense sostiene criminali di guerra come coraggiosi patrioti che sono semplicemente vittime di correttezza politica, egli “legittima comportamenti immorali e criminali”, scrive Beorn. Ed eccoci qua. Improvvisamente viene alla mente la Domenica di Sangue. E l’inchiesta sugli omicidi di massa di Ballymurphy a Belfast del 1971, questa settimana, che ha ascoltato un ex soldato britannico descrivere alcuni dei suoi compagni del Reggimento Paracadutisti in termini veramente spaventosi. Egli ha lodato i soldati buoni e professionali, ma poi ha aggiunto: “C’erano anche degli psicopatici, c’erano persone che era pericoloso avere attorno”.
Potete scommetterci. “Soldati corrotti erano fuori controllo; uccidevano persone in strada sapendo che sarebbero stati protetti”, ha detto il testimone M597 all’inchiesta di Belfast, anche se quanto fossero “corrotti” quei soldati, dopo la Domenica di Sangue meno di un anno dopo, è discutibile. Ma ricordate: Ballymurphy è stato 48 anni fa, la Domenica di Sangue 47 anni fa. Questo è il genere di pensiero che oggi sta andando perso tra quei politici britannici che vorrebbero dare un colpo di spugna.
Trump ha pubblicamente appoggiato il maggiore statunitense Matt Golsteyn, che attualmente è accusato di omicidio premeditato per aver sparato a un uomo disarmato e aver bruciato il suo corpo in Afghanistan nel 2010. Trump lo ha definito un “eroe militare statunitense”.
Beorn si è anche occupato del caso del sostegno di Trump all’ex Navy Seal Edward Gallagher, un altro presunto criminale di guerra che, secondo il The New York Times, “ha sparato a una ragazza in un abito a fiori che passeggiava con altre ragazze sulla riva” del Tigri a Mosul nel 2017.
E’ caduta in terra stringendosi lo stomaco ed è stata trascinata via dalle altre donne. Beorn ricorda che nello stesso anno – e stiamo parlando di meno di due anni fa – Gallagher avrebbe ucciso un adolescente ferito accoltellando diverse volte al collo e una volta al petto.
“Trump ha twittato che a Gallagher saranno concesse condizioni migliori in isolamento ‘in onore del suo servizio passato’”, ha scritto Beorn, “un onore che molti direbbero ha gettato alle ortiche molto tempo fa”.
Beh, sia ringraziato Dio, si può dire, per i Beorn di questo mondo. Ma che dire della docile accettazione del conto ufficiale dei morti dei nostri eserciti e aviazioni in Medio Oriente? Le forze della “coalizione” affermano di aver condotto 34.464 attacchi in Iraq e in Siria dall’agosto del 2014, uccidendo involontariamente 1.257 civili. Ma Amnesty International ha indagato le vittime civile di solo un’unica città – Raqqa in Siria – per un periodo di soli quattro mesi nel solo 2017, e ha conteggiato un pedaggio di morti civili superiore a 1.600.
Molto più inquietante – più fantastica, è forse il termine giusto – è l’affermazione della Royal Air Force di aver ucciso 1.019 “combattenti nemici” in Iraq e in Siria nel giro di quattro anni. Ma solo un civile. Solo uno – solo un singolo civile – è stato ucciso in mezzo a 1.020 morti. Queste cifre, che coprono il periodo tra il settembre 2014 e il gennaio di quest’anno, sono state diffuse dal Ministero della Difesa (MOD) britannico in risposta a una richiesta basata sulla Legge sulla Libertà d’Informazione dell’associazione di beneficienza Action on Armed Violence. E tutto questo è stato basato, secondo il MOD, sulla “migliore analisi dei dati post attacchi disponibili”.
Quasi tanto angoscioso quanto questo dato ridicolo è stato che la BBC lo ha riferito il 7 marzo come un servizio giornalistico onesto, solo precisando i suoi contenuti del tutto incredibili in seguito nel suo servizio con il commento dell’associazione di beneficienza che questo doveva essere “un record mondiale nei conflitti moderni”.
Il corrispondente per la difesa della BBC ha poi osservato che quelli erano “dati straordinariamente precisi” ma che l’analisi sul campo di battaglia “non è una scienza precisa”. Il che significherebbe – di nuovo prendendo le cose alla lettera – che la RAF ha ucciso solo uno dei 1.257 civili uccisi “involontariamente” negli attacchi aerei della coalizione nello stesso periodo.
Devo dire che statistiche di questo genere non solo soltanto inverosimili, incredibili e insultanti per chiunque le legga o le studi. Sono evidentemente miracolose, insensate, irresponsabili, assurde, bizzarre, strambe, fuori dal mondo, surreali e – per chiunque abbia seguito guerre negli ultimi quattro decenni – del tutto false. Chiunque creda davvero a questa roba deve anche essere totalmente convinto dell’esistenza dei marziani, di Babbo Natale o dei piccoli uomini verdi in fondo al giardino.
Tuttavia il Ministero della Difesa britannico l’ha fatta franca. Uccidere civili in attacchi aerei non può essere un crimine minore di quello di un soldato che uccide individualmente civili. E uccidere “involontariamente” civili dall’aria – mediante aerei o droni – non consente alle forze militari di proclamarsi innocenti.
L’indagine di Amnesty sugli attacchi di Raqqa dice che il pedaggio reale dei morti civili non solo è stato spaventoso ma anche del tutto inutile.
Tuttavia siamo diventati abituati a questo. Dal cielo, dalla strada, nel deserto, uccideremo e ci assolveremo.
No, “l’incriminazione non è obbligatoria”. Possiamo addirittura definire eroi gli assassini. In questi giorni la facciamo franca con l’omicidio, e nemmeno ce ne lamentiamo. Ne siamo complici.
Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org
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