Francesca Caferri intervista Grossman: 'Ormai Bibi è nella testa del Paese La democrazia è sparita' "


Grossman: “Ormai Bibi è nella testa del Paese. La democrazia ...  

 
All’indomani del voto con cui Benjamin Netanyahu si è imposto ancora una volta al centro della scena politica, David Grossman è affranto. Come la parte del Paese a cui, da anni, insieme a un’intera generazione di intellettuali il grande scrittore israeliano dà voce. «Ci serve solo qualcuno con un po’ di coraggio, che dica alla gente che la pace si può fare ancora: ci giochiamo davvero tanto», ci aveva detto poche ore prima del voto. A urne chiuse la consapevolezza amara è quella di aver perso la sfida: e in maniera brutale.Signor Grossman, con la vittoria in queste elezioni Netanyahu si appresta a diventare il primo ministro più longevo della storia di Israele. 
Dopo tanti anni, ha capito qual è il segreto del suo successo? «Bibi ha un potere sulla gente che è molto difficile spiegare in modo razionale. È un ottimo politico, ma il segreto non è quello: ha trovato il modo di rispondere alle paure più irrazionali e profonde dei sionisti. L’intensità della manipolazione che ha messo in atto sulla società israeliana negli ultimi anni è difficilmente spiegabile per chi non ha assistito al suo sviluppo: è entrato nella testa del Paese e tutta la vita del Paese oggi si svolge nella sua testa. E’ come se l’intero Israele fosse soggetto alle sue priorità, alle sue ansie, alla sua visione del mondo: e nessuna altra visione trova spazio nel dibattito. Abbiamo accettato che facesse lui le regole del gioco, senza troppa opposizione: ed ecco il risultato» 
.Non sembra sorpreso... «Non sono sorpreso infatti. Si sa che in Israele il blocco delle destre è più forte, anche solo dal punto di vista demografico. Ma Gantz è un uomo di centro-destra, nonostante abbiano tentato di etichettarlo come un estremista di sinistra: speravo che riuscisse ad attirare più voti da destra. Invece ha solo cancellato la sinistra, inglobando i suoi elettori». 
Che cosa si aspetta ora? «Nulla di buono. Alle urne ha vinto l’idea che Israele è uno Stato solo per gli ebrei, ci saranno altre leggi che seguiranno quella sullo Stato-nazione approvata nei mesi scorsi e il Paese si adeguerà. La parola democrazia perderà di senso, per un motivo molto semplice. Non puoi definirti democratico e occupare le terre di un altro popolo per 52 anni consecutivi. L’Israele di Netanyahu lo fa, e non avrà problemi a continuare a farlo nel futuro». 
Da dove può ripartire il Partito laburista e con lui la sinistra israeliana?«Una delle poche cose buone di queste elezioni è che è chiaro che deve esserci un partito unito per arabi e israeliani, in cui le parti siano pienamente uguali e che parli per entrambe. Martedì gli arabi hanno fatto un errore a non votare, perché hanno reso a Netanyahu la vita più facile. L’unica speranza che la sinistra ha di ripartire è non abbandonare il 20% della popolazione del Paese che ha voglia di essere perfettamente integrata nella società: i cittadini arabi israeliani appunto. Invece sia il Labour che Meretz, come del resto Gantz, li hanno totalmente ignorati, come se non ci fossero, li hanno umiliati per anni: un errore costato carissimo a cui hanno tentato di rimediare solo nelle ultime ore, quando hanno capito cosa stava succedendo. Troppo tardi». 
Crede che i palestinesi sarebbero d’accordo con la prospettiva di un partito unico? «Ci sono migliaia di persone che sono pronte a lavorare insieme. Ripartiamo da loro. Se fossi un palestinese oggi mi sentirei umiliato e spaventato». 
Da qualcosa in particolare? «Da tutto. Netanyahu ha incoraggiato gli estremisti, li ha infiammati. E il Labour è stato a guardare. Quelli di destra oggi non dicono che Israele ha perso la sua anima, come io penso, ma che invece l’ha ritrovata. Perché può contare sull'appoggio internazionale per riprendersi quelli che considera territori storici: Gerusalemme, il Golan, domani la Cisgiordania. I piani del governo che verrà su questi temi saranno i più estremi a cui abbiamo assistito. E non solo su questo». 
Su cos’altro ancora? «Sull’istruzione ad esempio. Si dice che il nuovo ministro potrebbe essere Bezalel Smotrich di Otzma Yediuth, un partito xenofobo e razzista che per anni è stato escluso dalla vita democratica e che ora ci entra grazie a un accordo voluto da Netanyahu. Per contrastare tutto questo dovremmo creare un sistema di scuole umanistico, alternativo: come le scuole religiose fondate in passato dallo Shas e che negli anni hanno prodotto una classe di persone che incarna l’ideologia di quel partito e lo vota alle urne. Facciamolo anche noi ma con un sistema scolastico umanistico, aperto, democratico».


Speranze per il futuro? «Una sola. I documenti che hanno portato alla messa in stato di accusa del primo ministro per corruzione saranno resi pubblici a breve. Spero che nella squadra di Netanyahu e anche nel suo partito, il Likud, ci siano persone oneste che si rifiuteranno di avere a che fare con una persona che è a giudizio perché accusata di essere corrotta e criminale. A quel punto il Likud, che non ama Netanyahu in modo unanime, potrebbe essere costretto a cambiare leader».

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