Umberto De Giovannangeli Israele, con i raid aerei in Siria Netanyahu inizia la sua campagna elettorale
Neanche una settimana dopo l'annuncio americano del rompete le righe in Siria. Neanche ventiquattr'ore dopo l'annuncio delle elezioni anticipate
in Israele (fissate per il 9 aprile, sette mesi prima della scadenza
naturale). I raid aerei nella notte di Natale dei caccia bombardieri con
la stella di David in Siria hanno una valenza che va ben oltre
l'aspetto militare. Quei raid sono, al tempo stesso, un messaggio
lanciato a Washington, Mosca, Teheran, Damasco, Ankara: la decisione
della Casa Bianca di riportare in patria i 2000 soldati statunitensi di
stanza in Siria, non modificherà l'atteggiamento d'Israele: contrastare
con ogni mezzo l'affermarsi della mezzaluna rossa sciita sulla
direttrice Baghdad-Damasco-Beirut. Annota in proposito Amos Harel,
analista militare di Haaretz: "L' attacco aereo alla Siria martedì
attribuito a Israele è arrivato meno di una settimana dopo che il
presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato il ritiro delle
forze americane dal Paese. Il presunto attacco israeliano potrebbe
essere stato alla ricerca di uno specifico obiettivo militare -
bombardare i depositi di armi iraniani, per esempio - ma ha un più ampio
contesto politico. Israele sta segnalando che dal suo punto di vista, è
di nuovo il solito business: nonostante l'annuncio di Trump e
nonostante la furia della Russia per il suo aereo Ilyushin abbattuto lo
scorso settembre, Israele si ritiene libero di continuare a colpire
obiettivi in Siria, quando necessario". E intanto, dalla Russia arrivano
i primi segnali di tensione per quanto avvenuto a Damasco. Il ministero
della Difesa russa, in una nota diffusa dal portavoce, il generale Igor
Konashenkov, ha detto che i raid israeliani hanno messo in serio
pericolo due aerei commerciali russi: uno mentre atterrava nella
capitale siriana, l'altro in fase di arrivo a Beirut. "Gli atti
provocatori compiuti dalle forze aeree israeliane hanno messo a rischio
due voli civili, poiché i raid degli F-16 sono stati compiuti da
territorio libanese", ha riferito Konashenkov. Secondo il ministero
russo, le autorità di Damasco, non avendo adeguati sistemi antiaerei e
per le interferenze radio, avrebbero deciso di deviare il traffico aereo
sopra Damasco, facendo atterrare uno dei voli commerciali a Khmeimim,
base russa nel nord-ovest della Siria. Il generale ha aggiunto che "per
scongiurare la tragedia, sono state imposte limitazioni all'uso delle
unità di contraerea e dei mezzi di guerra elettronica delle forze
governative siriane, permettendo così ai controllori di volo di Damasco
di portare fuori gli aerei civili dalla zona pericolosa e inviarli nella
zona sicura della base aerea russa in Siria di Khmeimim.Nel comunicato del ministero degli Esteri, la Russia si è definita
"molto preoccupata" per i raid aerei compiuti da Israele, che
rappresentano "una grave violazione della sovranità della Siria e delle
disposizioni delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu,
inclusa la risoluzione 1701". Sulla stessa lunghezza d'onda la presa di
posizione di Beirut. Il Libano è scampato per un soffio a una "terribile
catastrofe" nella notte tra martedì e mercoledì, quando due aerei
civili che si trovavano nello spazio aereo libanese hanno rischiato di
essere colpiti dai caccia israeliani impegnati nei bombardamenti in
Siria: a denunciarlo il ministro uscente ai Lavori pubblici, Yousse
Fenjanos. Il ministro si è incontrato con il premier Said Hariri: al
termine dell'incontro, Beirut ha annunciato di presentare alle Nazioni
Unite una mozione contro Israele. Foto pubblicate sui social hanno
mostrano l'esplosione di un missile antiaereo nelle vicinanze della
città israeliana di Hadera. Nel 2011, l'esercito israeliano ha più volte
bombardato installazioni militari del regime di Bashar al-Assad e dei
suoi alleati come Iran o il movimento libanese scita Hezbollah, vicino a
Teheran. L'agenzia ufficiale siriana Sana ha riferito che "un certo
numero di obiettivi nemici è stato abbattuto" dalla difesa antiaerea.
"Si tratta di bombardamenti israeliani", ha riferito alla France Press
il direttore dell'Osservatorio siriano per i diritti umani, Rami Abdel
Rahman. Aerei da guerra israeliani "hanno lanciato missili contro tre
obiettivi", ha aggiunto Abdel Rahman, spiegando che gli obiettivi dei
raid, effettuati dallo spazio aereo libanese, erano depositi di armi a
sud e a sud-ovest di Damasco, appartenenti a Hezbollah o alle forze
iraniane. Una cosa è certa: il dietrofront americano non è destinato a
stabilizzare il "fronte siriano". Semmai, il contrario. I raid aerei
israeliani ne sono una riprova. E segnali di guerra giungono anche da
Ankara. Oltrepassare il confine e ilprima possibile. La Turchia ha
annunciato che presto entrerà nel Nord della Siria, nel Kurdistan
siriano. Da giorni le truppe di Ankara sono in viaggio verso il confine
in quella che, di fatto, è un'accelerata nell'operazione militare contro
le milizie curdo-siriane che hanno combattuto l'Isis a fianco degli
Stati Uniti. Tutto mentre Washington ha formalmente iniziato le
operazioni di ritiro delle truppe dalla Siria considerando finita la
lotta allo stato islamico e lasciando, di fatto, mano libera ad Erdogan
nel Kurdistan siriano. E qui rientra in gioco ancora Israele. Domenica
scorsa la ministra della Giustizia israeliana, Ayelet Shaked ha
affermato alla Radio militare che il ritiro delle truppe americane dalla
Siria è una decisione sbagliata e che spera che la comunità
internazionale non permetta alla Turchia di "massacrare i curdi". "I
curdi sono grandi eroi", ha rimarcato Shaked "grazie a loro e solo
grazie a loro l'Occidente è riuscito a sconfiggere il cosiddetto Stato
islamico". Per poi aggiungere: "Sono nostri alleati e spero che
vinceranno nella loro battaglia contro i turchi. Spero che la comunità
internazionale impedisca a Erdogan di massacrare i curdi in Siria".
Quanto al ritiro americano, la ministra israeliana non usa mezzi
termini: "Questa decisione non aiuta Israele. Piuttosto rafforza
Erdogan, un criminale di guerra antisemita che compie massacri del
popolo curdo, e lo fa strizzando l'occhio alla comunità internazionale".Nel frattempo, la Casa Bianca ha confermato che il presidente Trump è
stato invitato dal suo omologo turco Recep Tayyip Erdogan a visitare la
Turchia il prossimo anno, aggiungendo: "Sebbene non sia in programma
nulla di definitivo, il presidente è aperto a un potenziale incontro in
futuro". L'altro ieri il portavoce presidenziale turco Ibrahim Kalin
aveva detto che Erdogan ha esteso l'invito a Trump durante una
telefonata nel fine settimana tra i due presidenti sul ritiro delle
truppe americane dalla Siria. Nel giorno di Natale Trump ha scritto su
Twitter di aver avuto una "lunga e produttiva" chiamata con Erdogan
nella quale hanno discusso del "lento e altamente coordinato" ritiro del
personale militare Usa. Un possibile asse Washington-Ankara allarma
Gerusalemme. "La presenza delle truppe statunitensi nelle aree
controllate dai curdi nella Siria orientale ha finora impedito a Teheran
di completare quell'arco sciita che porterebbe l'influenza dell'Iran
fino al Mediterraneo, passando senza soluzione di continuità attraverso
l'Iraq, la Siria e il Libano – rimarca sul Jerusalem Post Herb Keimon,
analista di punta del JP -. La presenza degli Stati Uniti nella Siria
orientale era ciò che impediva a Teheran di trasportare armi moderne e
potenti via terra, lungo quell'arco, fin nelle smaniose mani di
Hezbollah in Libano. Era dunque una zona cuscinetto di importanza
cruciale. Come ha detto l'ex vice capo di stato maggiore israeliano Yair
Golan in una conferenza sul Mediterraneo orientale la scorsa settimana,
'abbiamo bisogno della massima presenza possibile degli Stati Uniti
nella regione, soprattutto in Iraq e nella parte orientale della Siria:
con la presenza americana e il sostegno americano ai curdi, possiamo in
qualche modo contenere il peso dell'Iran nella regione, cosa che è
estremamente importante".Per proseguire: "La presenza americana era anche una carta che poteva
essere giocata con i russi per convincerli a sospingere gli iraniani
fuori dalla Siria. I russi non gradiscono la presenza americana
nell'area e, di conseguenza, gli Stati Uniti potevano dire: "Usate la
vostra influenza per far uscire l'Iran, e noi ce ne andremo". Ma ora gli
Stati Uniti se ne stanno andando senza che i russi – perlomeno a quanto
è dato sapere – stiano facendo nulla per far uscire gli iraniani". Le
conclusioni a cui giunge l'analista del Jerusalem Post aprono scenari
inquietanti quanto realistici: "Israele, ha affermato mercoledì
Netanyahu rilasciando un commento molto contenuto all'annuncio
americano, saprà come difendersi anche con le truppe Usa fuori dalla
Siria e lasciato da solo ad affrontare le enormi sfide e minacce che si
profilano in Siria: dalla presenza russa a quella dell'Iran. Uno dei
modi a cui Israele potrebbe fare ricorso per difendersi è quello di
agire contro il braccio iraniano rappresentato da Hezbollah in Libano.
La performance dell'ambasciatore d'Israele Danny Danon al Consiglio di
Sicurezza aveva lo scopo di guadagnarsi la legittimazione internazionale
per questa eventuale opzione, un'opzione che il ritiro delle truppe Usa
dalla Siria – se effettivamente attuato – potrebbe rendere più
probabile. Se, a seguito del ritiro delle truppe americane dalla Siria,
l'Iran sarà in grado di trasferire più facilmente a Hezbollah potenti
missili di precisione, allora le probabilità di un'azione israeliana
all'interno del Libano diventeranno meno remote. Ora, dopo la riunione
di mercoledì del Consiglio di Sicurezza, il mondo è avvertito".
Sicurezza e colonizzazione: la doppia carta giocata da Benjamin
Netanyahu. Israele ha approvato i piani per la costruzione di circa
2.200 alloggi per coloni in Cisgiordania. Lo riferisce la ong Peace Now.
Si tratta del primo via libera del genere da quando è stato annunciato
che lo Stato ebraico andrà al voto anticipato ad aprile del 2019. Una
commissione del ministero della Difesa con responsabilità per progetti
di questo tipo ha approvato i piani martedì e mercoledì. Gli
insediamenti dei coloni giocano un ruolo centrale nelle politiche della
destra israeliana. Così come il pugno di ferro contro Damasco ed
Hezbollah.
Commenti
Posta un commento