Umberto De Giovannangeli Donald Trump spiazza ancora e indossa la kefyah: "Israele ha avuto tanto, ora tocca ai palestinesi"


Donald Trump spiazza ancora e indossa la kefyah: "Israele ha avuto tanto, ora tocca ai palestinesi" (di U. De Giovannangeli)






The Donald indossa la kefyah e avverte l'amico Netanyahu: Israele pagherà un "prezzo più alto" nei negoziati di pace con i palestinesi, dopo aver ottenuto il trasferimento dell'ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme. Stavolta non sono più indiscrezioni, delle quali l'HuffPost aveva dato conto due settimane fa. Stavolta è lo stesso Trump a farne parola, nel corso di una manifestazione pubblica, svoltasi ieri in West Verginia. Nell'occasione, l'inquilino della Casa Bianca ha affermato che i palestinesi "otterranno qualcosa di molto buono" in cambio della mossa dell'ambasciata, "perché è il loro turno". Trump non ha offerto dettagli su ciò che i palestinesi "otterranno" in cambio. Quando ha menzionato la mossa dell'ambasciata , ha detto che da quando Gerusalemme è ormai "fuori dal tavolo", Israele dovrà dare qualcosa in cambio ai palestinesi.
"Se mai ci sarà pace con i palestinesi, allora è stata una buona cosa averlo fatto", ha affermato il presidente Usa a proposito della mossa dell'ambasciata. "L'abbiamo tolta dal tavolo, in passato i negoziati non hanno mai superato Gerusalemme. Ora Israele dovrà pagare un prezzo più alto, perché è fuori dal tavolo, i palestinesi otterranno qualcosa di molto buono, perché sarà il loro turno successivo". Trump ha anche aggiunto che "ora capisce" perché i precedenti presidenti americani non hanno mantenuto la promessa di trasferire l'ambasciata Usa a Gerusalemme, dicendo che lui stesso ha ricevuto infinite telefonate dai leader mondiali che lo esortavano a non portare a termine la sua decisione. "Ma l'ho approvato, e avrebbe dovuto essere fatto anni fa", ha tagliato corto il tycoon di Washington. Trump ha anche ripetuto quello che aveva detto in passato, ovvero che l'accordo di pace israelo-palestinese è "il più duro di tutti". Il "piano del secolo", gran parte del quale si concentrerà sul rafforzamento dell'economia palestinese e dei suoi legami con Israele.
Diverse fonti al di fuori dell'amministrazione che hanno parlato con Haaretz nelle ultime settimane hanno confermato che la Casa Bianca sta attualmente "limando" un documento alquanto voluminoso, "molto più lungo di alcuni piani precedenti di questo tipo", secondo una fonte diplomatica coinvolta nella stesura. Il piano dell'amministrazione Trump comincia a prendere forma a metà del 2017, quando Jason Greeenblatt, l'inviato speciale di The Donald per il processo di pace, fa il suo primo viaggio nella regione. Le fonti che sono state in contatto con Greenblatt durante questo periodo hanno detto ad Haaretz che il principale obiettivo del suo primo viaggio era lo stretto allineamento degli interessi tra Israele e il mondo arabo, che a suo avviso rappresentava una rara opportunità per una svolta nei negoziati. E' questo un punto nodale del "piano Trump": coinvolgere quei Paesi arabi che, nel quadro regionale, hanno interessi strategici convergenti con Israele. Una fonte governativa israeliana li elenca ad HuffPost: Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Giordania. Paesi del fronte sunnita che, con Israele, condividono la necessità di arginare la penetrazione iraniana in Medio Oriente, contrastando l'affermarsi della mezzaluna rossa sciita sulla direttrice Baghdad, Damasco, Beirut. E Gaza.
A questo è particolarmente interessato l'erede al trono saudita, il giovane (33 anni) e ambizioso principe Mohammad bin Salman Al-Sa'ud, fautore dell'avvicinamento, in funzione anti-iraniana, di Riyad a Tel Aviv: per il futuro sovrano, e attuale vice primo ministro e ministro della Difesa saudita, togliere ai suoi nemici regionali la "carta palestinese" sarebbe un risultato rilevante, da far pesare nella definizione dei nuovi equilibri regionali. Un approccio condiviso dalle petromonarchie del Golfo- dagli Emirati Arabi Uniti al Qatar – che hanno una potente arma di convinzione di massa: i miliardi da investire sulla ricostruzione di Gaza e il sostegno all'economia palestinese ormai sull'orlo del collasso. "È ovvio che la regione è cambiata rispetto a pochi anni fa", dice ad Haaretz un funzionario dell'amministrazione Usa. "Il mondo arabo e Israele hanno molti interessi e obiettivi comuni, così come minacce comuni nelle attività destabilizzanti dell'Iran nella regione".
Greenblatt, insieme al consigliere e genero del presidente, Jared Kushner, e all'ambasciatore americano in Israele, David Friedman, si è concentrato sul tentativo di utilizzare questi interessi comuni per far progredire il piano. Fonti esterne all'amministrazione coinvolte nelle discussioni sul piano hanno affermato al quotidiano di Tel Aviv che il gruppo mediorientale di Trump ritiene che il piano in fase di completamento potrebbe essere il primo a ricevere una risposta positiva sia da Israele che dai principali Paesi arabi, indipendentemente dalla posizione palestinese. Il cuore di questo piano, rivelano le fonti, sarà in Cisgiordania e a Gaza. "Vorremmo che il piano parlasse da solo – confida una fonte dell'amministrazione Usa al quotidiano di Tel Aviv - la gente capirà che dopo l'accordo staranno tutti meglio che senza: crediamo che le persone coinvolte siano interessate al loro futuro e al futuro dei loro figli. Questo piano darà molte più opportunità a tutti in futuro rispetto alla situazione che hanno ora".
Le Nazioni Unite annunciano che entro il 2020 sarà praticamente impossibile vivere a Gaza per la mancanza di energia elettrica, il più alto tasso di disoccupazione al mondo e l'impossibilità per la popolazione di accedere anche a beni essenziali come cibo e, per l'appunto, acqua pulita. Hamas sa bene di non poter reggere questa situazione. Così pure l'Anp di Abu Mazen. E in questa chiave, di forte pressione sulla dirigenza palestinese, va letta la decisione americana di tagliare i finanziamenti all'Unrwa, l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi. A Ramallah gridano allo "strangolamento" della popolazione civile, all'"ennesima, vergognosa punizione collettiva", ma fuori dall'ufficialità, dall'entourage di Abu Mazen emerge l'interpretazione politica: Trump vuole "imporre" la sua pace. Il "piano del secolo" permetterebbe alla popolazione di Gaza di tornare a respirare. Il che significa anche agire su Israele per porre fine ad un embargo pluridecennale. Ed è questo uno dei punti del "piano Trump" che potrebbe essere indigesto per la destra oltranzista israeliana. Ma The Donald sa che per l'"amico Bibi (Netanyahu) è giunto il tempo di dare, dopo aver tanto ricevuto dagli Usa.
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