Uri Avnery La marcia della follia





 
Tradotto in Italiano 
La marcia della follia

Si può guardare ai fatti di Gaza con l’occhio sinistro o con l’occhio destro. Si può condannarli come disumani, crudeli e sbagliati, o si può giustificarli come necessari ed indispensabili. Ma c’è un aggettivo su cui non si può transigere. Essi sono stupidi.

Se la buonanima di Barbara Tuchman fosse ancora viva, potrebbe essere tentata di aggiungere un altro capitolo al suo testo fondamentale “La marcia della follia”: un capitolo intitolato “Ciechi a Gaza.”

L’ultimo episodio di questa epopea aveva avuto inizio alcuni mesi fa, quando gli attivisti indipendenti della Striscia di Gaza avevano organizzato, insieme ad Hamas, una marcia al confine con Israele. Era stata chiamata “La grande marcia del ritorno,” un gesto puramente simbolico per il milione e più di Arabi residenti [nella Striscia]che avevano dovuto fuggire o erano stati scacciati dalle loro case, da quel territorio che era diventato poi lo stato di Israele.
Le autorità israeliane avevano fatto finta di prendere la cosa seriamente. Al pubblico israeliano era stato presentato un quadro raccapricciante della situazione: 1,8 milioni di Arabi, uomini, donne e bambini in procinto di lanciarsi contro le recinzioni di confine, sfondarle in molti punti e mettere a ferro e fuoco le città e i villaggi di Israele. Terrificante.
Lungo il confine erano stati dispiegati cecchini israeliani con l’ordine di sparare a chiunque fosse sembrato un “capobanda.” Nei diversi venerdi successivi (il venerdì è il giorno della settimana sacro per i Mussulmani) erano stati uccisi più di 150 dimostranti disarmati, compresi molti bambini, ed altre centinaia feriti in modo grave dai colpi d’arma da fuoco, senza contare gli intossicati dai gas lacrimogeni.
La giustificazione israeliana era stata che le vittime erano state colpite mentre cercavano di “superare le recinzioni.” Però non è mai stato documentato un singolo tentativo del genere, anche se sui due lati del confine erano appostati centinaia di fotografi.
Di fronte alle proteste di tutto il mondo, l’esercito ha cambiato le regole d’ingaggio ed ora solo di rado uccide manifestanti disarmati. Anche i Palestinesi hanno modificato la loro tattica: il loro obbiettivo principale ora è quello di lanciare aquiloni incendiari ed appiccare il fuoco ai campi israeliani vicino alla Striscia.
Dal momento che il vento soffia praticamente sempre da ovest verso est, questo è un modo abbastanza facile per procurare danni ad Israele. Potrebbero farlo dei bambini, e lo fanno. Ora il Ministero dell’Educazione chiede che l’aviazione bombardi i bambini. Il Capo di Stato Maggiore si rifiuta, asserendo che una cosa del genere va “contro i valori dell’esercito israeliano.”
Al momento, la metà dei nostri giornali e delle nostre TV sono preoccupati per i fatti di Gaza. Tutti sembrano essere d’accordo che, prima o poi, laggiù scoppierà una guerra vera e propria.
La caratteristica principale di tutta questa agitazione è la sua completa stupidità.
Ogni azione militare deve avere un obbiettivo politico. Secondo il famoso detto del teorico militare prussiano Carl von Clausewitz: “La guerra non è altro che la continuazione della politica con altri mezzi.”
La Striscia è lunga 41 km. E larga dai 6 ai 12 km. E’ una delle località più affollate della Terra. Teoricamente appartiene all’altrettanto teorico Stato Palestinese che, come il West Bank, è occupato da Israele. Di fatto, la Striscia è governata dal partito radicale mussulmano Hamas.
In passato, folti gruppi di lavoratori palestinesi si trasferivano tutti i giorni da Gaza ad Israele. Ma, da quando nella Striscia è salito al potere Hamas, il governo israeliano ha imposto un blocco praticamente completo, in terra e sul mare. La dittatura egiziana, un fidato alleato di Israele nonché acerrimo nemico dell’Islam radicale, coopera con Israele.
E allora, che cosa vorrebbe Israele? La soluzione ideale sarebbe quella di affondare in mare la Striscia con tutta la sua popolazione. Non potendolo fare, che cosa rimane?
L’ultima cosa che Israele vorrebbe è annettere la Striscia e la sua enorme popolazione, che non è possibile scacciare. Inoltre, Israele non vuole costruire insediamenti nella Striscia (i pochi che c’erano erano stati smantellati da Ariel Sharon, che riteneva non valesse la pena di mantenerli e difenderli).
La vera politica [israeliana] è quella di rendere la vita a Gaza così miserabile da far sì che gli stessi abitanti si ribellino ed estromettano i rappresentanti di Hamas. A questo scopo, la fornitura di acqua è stata ridotta a due ore al giorno, stessa cosa per l’energia elettrica. La disoccupazione è circa al 50%, le paghe sono sotto il minimo. E’ un quadro di totale miseria.
Dal momento che tutto quello che arriva a Gaza deve passare attraverso Israele (o l’Egitto), i rifornimenti vengono spesso bloccati per giorni interi come “punizione.”
Purtroppo, la storia dimostra che simili metodi di rado hanno successo. Riescono solo ad esacerbare gli animi. E allora, che cosa si potrebbe fare?
La risposta è incredibilmente semplice: sedersi, parlare ed arrivare ad un accordo.

Si, ma come si può colloquiare con un nemico mortale, la cui ideologia rifiuta totalmente uno stato ebraico?

L’Islam che (come tutte le religioni) ha una risposta per ogni situazione, riconosce un qualcosa chiamato “Hudna”, un armistizio di lunga durata, che può durare anche decenni ed è (religiosamente) rispettato. Sono molti anni ormai che Hamas fa capire di essere pronto per una lunga Hudna.
L’Egitto si è offerto volotario per fare da mediatore. Il nostro governo ha completamente ignorato l’offerta. Una Hudna con il nemico? Fuori  questione! Dal punto di vista politico sarebbe terribilmente impopolare!
Ma sarebbe la cosa opportuna da fare. Cessare tutte le attività ostili da ambo le parti per, diciamo 50 anni. Abolire il blocco. Costruire un vero porto a Gaza. Permettere il libero scambio sotto il controllo di ispezioni militari di qualche genere. Stessa cosa per un aereoporto. Permettere ai lavoratori di trovarsi un impiego in Israele, invece di importare mano d’opera dalla Cina e dalla Romania. Trasformare Gaza in una seconda Singapore. Liberalizzare i trasferimenti fra Gaza e il West Bank con un ponte o un’autostrada extraterritoriale. Aiutare la riunificazione della Striscia di Gaza e del West Bank.
Perchè no? L’idea stessa è rifiutata d’istinto dall’Israeliano medio.
Un accordo con Hamas? Impossibile!!! Hamas vuole distruggere Israele. Lo sanno tutti. L’ho sentito dire molte volte, e ogni volta mi meraviglio per la stupidità della gente che lo ripete. Come può una popolazione di poche centinaia di migliaia di persone “distruggere” uno degli stati più potentemente armati del mondo, uno stato che possiede le bombe atomiche e i sommergibili per lanciarle? Come fa? Con gli aquiloni?
Sia Donald Trump che Vladimir Putin ci rendono omaggio, i dittatori fascisti e i presidenti democratici di tutto il mondo vengono a farci visita. Come può Hamas essere un pericolo mortale?
Perchè Hamas non cessa per primo le ostilità? Hamas ha dei concorrenti, anche più radicali. Non deve mostrare segni di debolezza.
Alcuni anni fa, il mondo arabo, su iniziativa dell’Arabia Saudita, aveva offerto ad Israele la [possibilità] di ottenere la pace a diverse condizioni, tutte quante accettabili. I vari governi israeliani non solo non le hanno accettate, le hanno del tutto ignorate.
In questo c’è una certa logica. Il governo israeliano vuole annettere il West Bank. Vuole scacciare la popolazione araba e sostituirla con i coloni ebrei. Porta avanti questa politica lentamente, cautamente, ma con efficacia.
Questa è una politica crudele, una politica detestabile, ma comunque ha una sua logica. Se veramente si vuole raggiungere questo abominevole obbiettivo, allora i metodi potrebbero essere inadeguati. Ma questi sistemi non si possono applicare alla Striscia di Gaza, che nessuno vuole annettere. Qui, metodi del genere sono pura follia.
Questo non significa che, complessivamente, la politica israeliana nei confronti dei Palestinesi sia in qualche modo più saggia. Non lo è.
Binyamin Netanyahu e i suoi selezionatissimi e stupidi ministri non hanno una politica. O così sembra. Infatti ne hanno una non dichiarata: l’annessione strisciante del West Bank. Questa procede più speditamente di prima. Le notizie di tutti i giorni danno l’impressione che tutta la macchina governativa sia ora concentrata su questo progetto.
Questo porterà direttamente ad uno stato basato sull’apartheid, dove una minoranza ebraica dominerà una maggioranza araba.
Per quanto tempo? Una generazione? Due? Tre?
Si dice che una persona intelligente sia in grado di districarsi da una trappola in cui una persona saggia non avrebbe neanche dovuto cadere.
Gli stupidi non riescono a districarsi. Non si accorgono neanche della trappola. 





Per concessione di Comedonchisciotte
Fonte: http://zope.gush-shalom.org/home/en/channels/avnery/1532091114/
Data dell'articolo originale: 21/07/2018
URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=23860

  Uri AVNERYil manifesto del 4.1.2009 
 Marcia DEI FOLLI - LASCHIZOFRENIA DI ISRAELE TRA LE MACERIE DELLA STRISCIA
 
 
Prima di demonizzarlo e bombardarlo a Gaza, Hamas è stato appoggiato da Tel Aviv, per contrastare l'Olp. E con i raid di oggi, lo Stato ebraico non farà altro che rafforzare il movimento islamico

Appena dopo la mezzanotte, l'emittente araba di Al Jazeera stava trasmettendo le notizie degli eventi di Gaza. Improvvisamente la telecamera ha inquadrato in alto, verso il cielo scuro. Lo schermo era nero fondo, non si riusciva a distinguere niente. Ma c'era un suono che si poteva sentire: il rumore degli aerei da guerra, uno spaventoso, terrificante boato. Era impossibile non pensare alle decine di migliaia di bambini di Gaza che stavano sentendo, nello stesso momento, quel suono, paralizzati dalla paura, in attesa delle bombe dal cielo.
«Israele deve difendersi dai razzi che stanno terrorizzando le nostre città del sud», ha spiegato il portavoce israeliano. «I palestinesi devono rispondere alle uccisioni dei loro combattenti nella Striscia di Gaza», ha dichiarato il portavoce di Hamas. Per essere esatti, nessun cessate il fuoco è stato interrotto, perché nessun cessate il fuoco era mai iniziato. Il requisito principale di ogni cessate il fuoco nella Striscia di Gaza deve essere l'apertura dei passaggi. Non ci può essere vita a Gaza senza un flusso costante di rifornimenti. Ma le frontiere non sono state aperte, se non poche ore ogni tanto. Bloccare un milione e mezzo di esseri umani per via di terra, mare e aria è un atto di guerra, esattamente come il lancio delle bombe o dei razzi. Paralizza la vita nella Striscia di Gaza: elimina gran parte delle fonti che creano occupazione, porta centinaia di migliaia al limite della morte di fame, blocca il funzionamento della maggior parte degli ospedali, distrugge la distribuzione di elettricità e d'acqua.
Coloro che hanno deciso di chiudere i passaggi - sotto qualsivoglia pretesto - sapevano che non ci sarebbe stato nessun reale cessate il fuoco in queste condizioni. Questo è il fatto principale. Poi ci sono state piccole provocazioni volte deliberatamente a suscitare la reazione di Hamas. Dopo diversi mesi durante i quali i razzi Qassam a malapena si sono visti, un'unità dell'esercito è stata inviata nella Striscia «per distruggere un tunnel che arrivava vicino alla recinzione della frontiera». Da un punto di vista puramente strategico, avrebbe avuto più senso tendere un'imboscata sul nostro lato della frontiera. Ma lo scopo era quello di trovare un pretesto per metter fine al cessate il fuoco, in una maniera che consentisse di addossare la colpa ai palestinesi. E così è stato, dopo diverse piccole azioni del genere, nelle quali alcuni guerriglieri di Hamas sono stati uccisi, Hamas ha risposto con un massiccio lancio di missili, ed ecco, il cessate il fuoco è giunto alla fine. Tutti hanno incolpato Hamas.
Qual è lo scopo? Tzipi Livni lo ha annunciato apertamente: rovesciare il governo di Hamas a Gaza. I Qassam sono serviti solo come pretesto. Rovesciare il governo di Hamas? Suona quasi come un capitolo estratto dalla «Marcia dei folli». Dopo tutto non è un segreto che fu il governo israeliano a supportare Hamas, all'inizio. Una volta interoggai su questo l'allora capo dello Shin-Bet, Yakakov Peri, che rispose enigmaticamente: «Non lo abbiamo creato noi, ma non abbiamo impedito la sua creazione.»
Per anni le autorità d'occupazione promossero il movimento islamico nei territori occupati. Ogni altra iniziativa politica era rigorosamente soppressa, ma lo loro attività nelle moschee era permessa. Il calcolo era semplice, e ingenuo: al tempo l'Olp era considerato il nemico principale, Yasser Arafat il satana. Il movimento islamico predicava contro l'Olp e Arafat ed era perciò visto come un alleato.
Abu Mazen, un «pollo spennato»
Con l'esplodere della prima intifada nel 1987, il movimento islamico si rinominò ufficialmente Hamas (l'acronimo arabo di «movimento islamico di resistenza») e si unì alla lotta. Anche allora lo Shin-bet non mosse un dito contro di loro per quasi un anno, mentre i membri del Fatah erano imprigionati o uccisi in gran numero. Solo dopo un anno lo sceicco Ahmed Yassin e i suoi colleghi furono arrestati. Da allora la ruota ha girato. Hamas è il satana odierno, e l'Olp è considerato da molti in Israele quasi una branca del movimento sionista. La conclusione logica per un governo di Israele interessato alla pace sarebbe stata quella di fare ampie concessioni alla leadership di Fatah: la fine dell'occupazione, la firma di un trattato di pace, la fondazione dello stato di Palestina, il ritiro entro i confini del 1967, una soluzione ragionevole al problema dei rifugiati, il rilascio di tutti i prigionieri palestinesi. Questo avrebbe sicuramente arrestato l'ascesa di Hamas.
Ma la logica ha una scarsa influenza sulla politica. Niente del genere è accaduto. Al contrario, dopo l'uccisione di Arafat, Abu Mazen, che ha preso il suo posto, è stato definito da Ariel Sharon un «pollo spennato». Ad Abu Mazen non è stato concesso il minimo margine di operatività politica. I negoziati, sotto gli auspici americani, sono diventati una barzelletta. Il più autentico leader di Fatah, Marwan Barghouti, è stato mandato in carcere a vita. Al posto di un massiccio rilascio di prigionieri, ci sono stati «segnali» meschini e offensivi.
Abu Mazen è stato umiliato sistematicamente, Fatah ha assunto l'aspetto di una conchiglia vuota, e Hamas ha ottenuto una risonante vittoria alle elezioni palestinesi - le elezioni più democratiche mai tenute nel mondo arabo. Israele ha boicottato il governo eletto. Nella successiva battaglia interna, Hamas ha assunto il controllo della Striscia di Gaza. E ora, dopo tutto ciò, il governo di Israele ha deciso di «rovesciare il governo di Hamas a Gaza».
Il nome ufficiale dell'azione bellica è «piombo fuso», due parole tratte da una canzone infantile su un giocattolo di Hanukkah. Sarebbe stato più appropriato chiamarla «guerra delle elezioni». Anche nel passato le azioni militari sono state intraprese durante campagne elettorali. Menachen Begin bombardò il reattore nucleare iracheno durante la campagna del 1981. Quando Shimon Peres affermò che si trattava di una trovata elettorale, Begin alzò la voce al comizio seguente: «Ebrei, davvero credete che io potrei mandare i nostri figli coraggiosi alla morte, o, peggio ancora, ad esser fatti prigionieri da degli animali, solo per vincere le elezioni?». Begin vinse.
Ma Peres non è Begin. Quando, durante la campagna del 1996, ordinò l'invasione del Libano, tutti erano convinti che si trattasse di una trovata elettorale. La guerra fu un fallimento, Peres perse le elezioni e Netanyahu salì al potere. Barak e Tzipi Livni stanno ora ricorrendo allo stesso vecchio trucco. Secondo i sondaggi, la prevista vittoria di Barak gli ha fatto guadagnare 5 seggi della Knesset. Circa 80 morti palestinesi per ogni seggio. Ma è difficile camminare sui cadaveri. Il successo potrebbe evaporare in un istante, se la guerra cominciasse a essere considerata un fallimento dall'opinione pubblica israeliana. Per esempio, se i missili continuano a colpire Beersheba, o se l'attacco di terra porta a un pesante numero di vittime tra gli israeliani.
Un esperimento scientifico
Il momento è stato scelto con cura anche da un altro punto di vista. L'attacco è cominciato due giorni dopo Natale, quando i leader americani e europei sono in vacanza. Il calcolo: anche se qualcuno volesse provare a fermare la guerra, nessuno rinuncerebbe alle vacanze. Il che ha garantito diversi giorni senza alcuna pressione esterna. Un'altra ragione che rende il momento appropriato: sono gli ultimi giorni della permanenza di Bush alla Casa bianca. Ci si aspettava che questo idiota assetato di sangue appoggiasse entusiasticamente l'attacco, come in effetti ha fatto. Barack Obama non ha ancora iniziato il suo incarico, e ha quindi un pretesto per rimanere in silenzio: «C'è un solo presidente».
Questo silenzio non fa presagire nulla di buono per il mandato di Obama. La linea fondamentale è stata: non bisogna ripetere gli errori della seconda guerra del Libano. Questo è stato ripetuto incessantemente in ogni notiziario e talk show. Ma ciò non toglie che la guerra di Gaza sia una replica pressoché identica della seconda guerra del Libano. Il concetto strategico è lo stesso: terrorizzare la popolazione civile attraverso attacchi aerei costanti, seminando morte e distruzione. I piloti non corrono alcun pericolo, in quanto i palestinesi non hanno una contraerea. Il calcolo: se tutte le infrastrutture che consentono la vita nella Striscia sono letteralmente distrutte, e si arriva quindi alla totale anarchia, la popolazione si solleverà e rovescerà il regime di Hamas. Abu Mazen rientrerà poi a Gaza al seguito dei carri armati israeliani. In Libano questo calcolo non ha funzionato. La popolazione bombardata, cristiani inclusi, si è radunata attorno a Hezbollah, e Nashrallah è diventato l'eroe del mondo arabo. Qualcosa di simile accadrà probabilmente anche questa volta. I generali sono esperti nell'usare le armi e nel muovere le truppe, non nella psicologia di massa.
Qualche tempo fa scrissi che il blocco di Gaza può essere inteso come un esperimento scientifico, mirato a scoprire quanto si può affamare una popolazione prima che scoppi. Questo esperimento è stato portato avanti con il generoso aiuto dell'Europa e degli Stati uniti. Finora non è riuscito. Hamas è diventato più forte e la gettata dei Qassam più lunga. La presente guerra è una continuazione dell'esperimento con altri mezzi. Potrebbe essere che l'esercito «non abbia alternativa» se non riconquistare la Striscia, perché non c'è altro modo per fermare i Qassam, se non quello - contrario alla politica del governo - di arrivare a un accordo con Hamas. Quando partirà la missione di terra, tutto dipenderà dalla motivazione e dalla capacità dei combattenti di Hamas rispetto ai soldati israeliani. Nessuno può prevedere quanto accadrà.
Giorno dopo giorno, notte dopo notte, Al Jazeera trasmette immagini atroci: brandelli di corpi mutilati, parenti in lacrime in cerca dei loro cari tra le dozzine di cadaveri, una donna che solleva la sua bambina da sotto le macerie, dottori senza mezzi che cercano di salvare le vite dei feriti.
In milioni stanno vedendo queste immagini terribili, giorno dopo giorno. Queste immagini saranno impresse nella loro mente per sempre. Un'intera generazione coltiva l'odio. Questo è un prezzo terribile, che saremo costretti a pagare ancora a lungo dopo che gli altri effetti della guerra saranno stati dimenticati in Israele.
Ma c'è un'altra cosa che si sta imprimendo nelle menti di questi milioni: l'immagine dei corrotti e passivi regimi arabi. Visto dagli arabi, un fatto s'impone su tutti gli altri: il muro della vergogna. Per il milione e mezzo di arabi a Gaza, che stanno soffrendo così terribilmente, l'unica apertura al mondo che non sia dominata da Israele è il confine con l'Egitto. Solo da lì può arrivare il cibo che consente la vita, da lì arrivano i medicinali che salvano i feriti. Al culmine dell'orrore questo confine resta chiuso. L'esercito egiziano ha bloccato l'unica via d'accesso per cibo e medicinali, mentre i chirurghi operano senza anestetici.
Per il mondo arabo, da un capo all'altro, hanno fatto eco le parole di Hassan Nashrallah: «I leader egiziani sono complici in questo crimine, stanno collaborando con il «nemico sionista» che cerca di rompere il popolo palestinese». Si può assumere che non intendesse solo Mubarak, ma anche tutti gli altri leader, dal re saudita al presidente dell'Anp. Se si guarda alle manifestazioni in tutto il mondo arabo, se si ascoltano gli slogan, se ne deduce l'impressione che i loro leader sono visti da molti come patetici nel migliore dei casi, come meschini collaborazionisti nel peggiore.
Questo avrà conseguenze storiche. Un'intera generazione di leader arabi, una generazione imbevuta dell'ideologia nazionalista secolare araba - i successori di Nasser, di Hafez al-Assad e Yasser Arafat- sarà messa fuori scena. In campo arabo, l'unica alternativa percorribile è l'ideologia del fondamentalismo islamico.
Questa guerra è un presagio infelice: Israele sta perdendo l'occasione storica di fare la pace con il nazionalismo arabo secolare. Domani potrebbe essere davanti a un mondo arabo uniformemente fondamentalista, un Hamas mille volte più grande.

 traduzione di Nicola Vincenzoni

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