Paola Caridi Una scuola, le ruspe, “il prossimo tuo” | invisiblearabs

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Le notizie che arrivano da Khan al Akhmar sono tristi, dure, insopportabili. Le ruspe sono giunte nel piccolo villaggio di beduini proprio di fronte alla Locanda del Buon Samaritano, lungo la strada che da Gerusalemme conduce, in una manciata di chilometri, a Gerico. Hanno l’ordine, stabilito dalla corte suprema israeliana dopo oltre dieci di battaglia legale, di distruggere una scuola. Sì, una scuola. Niente di più e niente di meno. Una scuola costruita per i bambini del villaggio di lamiere e pezzi di legno, in mezzo al deserto. Una scuola costruita con i soldi italiani ed europei grazie al lavoro di Vento di Terra, una ong italiana che di scuole ne ha già costruite altre, sempre in posti dimenticati da Dio e, ahimè, dagli uomini. E’ uno scandalo, senza dubbio. Uno scandalo.
Per chi ne vuole sapere di più, ripropongo qui un brano del mio libro su Gerusalemme (Gerusalemme senza Dio, Feltrinelli 2013), in cui si racconta una bella storia che sta finendo nella sabbia e nelle macerie. E’ una storia a cui sono molto legata, perché quella scuola l’ho vista nascere, con quelle famiglie abbiamo condiviso il pasto su un tappeto fatto con i sacchi degli aiuti umanitari dell’UNRWA. A quei bambini abbiamo portato quaderni e matite. C’è chi, tra noi internazionali, ha portato i propri figli a costruire con le proprie mani quella scuola. Un gesto nonviolento, un’azione di pace.
Il Prossimo Tuo
Anche la Locanda del Buon Samaritano, con gli anni, si è trasformata. In quello che è l’archetipo dell’immobilità, del cuore del mondo e della storia che non viene mai coperto dall’oblio, anche quel pezzo di deserto che riguarda la parabola narrata nel Vangelo di Luca ha subito la trasformazione del tempo. Oggi è un piccolo museo costruito dagli israeliani che ospita i pellegrini che dalla Galilea, lungo la valle del Giordano e il Mar Morto, si avvicinano alla mèta: Gerusalemme.
La città non si vede ancora, mentre la superstrada continua a inerpicarsi sulle colline del deserto. Di fronte alla Locanda del Buon Samaritano, il villaggio di Khan El Akhmar si vede appena, qualche baracca di lamiera nascosta dalle pietre sopra l’avallamento che fa da parcheggio naturale per utilitarie e  pickup di terza mano. Khan El Akhmar è solo uno dei piccoli campi in cui attorno a Gerusalemme vivono, al limite dell’umiliazione, i beduini della grande tribù Jahalin. A loro non è concesso costruire, perché si trovano nella cosiddetta Area C, secondo la definizione utilizzata dagli accordi di Oslo. Zona, cioè, sotto controllo totale da parte delle autorità civili e militari israeliane, e che comprende le colonie, le strade che connettono gli insediamenti a Israele, e tutte le aree considerate sensibili dal punto di vista della sicurezza.han El Akhmar è dunque un campo di baracche, temporaneo, per anni al centro di un contenzioso giudiziario perché una ONG italiana – Vento di terra – ha avuto un’idea rivoluzionaria per aggirare i divieti israeliani. Costruire una scuola senza fondamenta, fatta di copertoni e sabbia, per ospitare i bambini del campo, costretti sino a quel momento ad andare a scuola a piedi per chilometri lungo la superstrada, sino a Gerico. Piccole costruzioni a un solo piano, fatte di pile di copertoni riempite di sabbia, coperte da n tetto di legno, perfettamente isolate d’inverno e nell’estate torrida del deserto: questa è la scuola di gomme, costruita direttamente dai beduini, un esempio di architettura sostenibile, lontana dalla sovrabbondanza di cemento che ha inondato sia la Gerusalemme attorno alla Città Vecchia, sia le aree che pian piano sono state riempite di palazzi, insediamenti, strade e muri
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