La Terza Intifada alle porte? di Sergio Yahni
AIC - Alternative Information Center
30.05.2012
http://www.alternativenews.org/italiano/index.php/topics/11-aic-projects/3617-la-terza-intifada-alle-porte
La Terza Intifada alle porte?
di Sergio Yahni
Nell’ultimo fine settimana l’esercito israeliano ha aggredito e attaccato le manifestazioni palestinesi contro il Muro e le colonie. Le autorità di Tel Aviv continuano a confiscare terre e a impedire alla popolazione palestinese di costruire, mentre le colonie si espandono. La Terza Intifada è alle porte?
Venerdì 25 maggio, decine di residenti del villaggio palestinese di Bil’in e attivisti internazionali hanno subito gli effetti dei gas lacrimogeni lanciati dai soldati israeliani che hanno attaccato la manifestazione settimanale non violenta contro il Muro di Annessione israeliano e le colonie.
Dopo la preghiera di mezzogiorno del venerdì, i manifestanti hanno marciato cantando slogan contro il Muro e le colonie, dal centro del villaggio verso le terre restituite ai residenti dopo una lunga battaglia legale nelle corti israeliane. I soldati israeliani, dall’altra parte del Muro, hanno lanciato contro i manifestanti gas lacrimogeni, proiettili di gomma, acqua putrida e chimica. Decine i manifestanti palestinesi e internazionali che sono dovuti ricorrere alle cure mediche.
Intanto nel villaggio di Al Ma’sara, vicino Betlemme, manifestanti palestinesi, israeliani e internazionali marciavano verso le terre del villaggio confiscate da Israele, cantando slogan contro il Muro, le colonie e l’occupazione. I soldati israeliani hanno lanciato gas lacrimogeni e proiettili di gomma.
Sabato, le forze israeliane hanno aggredito la marcia contro il Muro a Beit Ummar, villaggio a Nord di Hebron, hanno picchiato i partecipanti con i calci dei fucili e hanno impedito loro di raggiungere le terre a Sud del villaggio, vicino alla colonia di Karmi Tzur.
Sempre sabato, un gruppo di coloni ha sparato a Najeh al-Safadi, 22 anni di Orif, villaggio a Sud di Nablus, mentre altri coloni provenienti dall’insediamento di Yitzhat davano fuoco a terre coltivate e distruggevano centinaia di alberi d’ulivo e altre piantagioni.
Le manifestazioni settimanali contro la confisca di terre e il Muro si svolgono nei villaggi in Area C, sotto il diretto e totale controllo israeliano, o nelle immediate vicinanze. I villaggi di quest’area sono i più vulnerabili alla violenza dell’esercito e dei coloni e le loro terre vengono confiscate sia per la costruzione del Muro che per l’espansione degli insediamenti.
Secondo Ha’aretz, l’Amministrazione Civile israeliana ha spiccato 13mila avvisi di demolizioni contro palestinesi accusati di aver costruito illegalmente in Area C in Cisgiordania. Il quotidiano aggiunge che le autorità israeliano stanno restringendo ancora di più le possibilità di costruire per i palestinesi residenti nei villaggi e nelle città della Cisgiordania.
Un rapporto dell’OCHA (Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari), che descrive la situazione in Area C nel 2009, sottolinea come mentre ai palestinesi sono imposte severe restrizioni alla costruzione, l’Amministrazione Civile concede procedure facilitate per la proliferazione delle colonie. Attualmente il governo israeliano è impegnato nel processo di legalizzazione delle colonie costruite su terre private palestinesi e che la Corte Suprema di Giustizia israeliana ha definito illegali.
Analisti e attivisti politici ritengono che l’attuale escalation di politiche israeliane contro la popolazione palestinese potrebbe condurre allo scoppio della Terza Intifada. Il capo dell’Apparato della Sicurezza dell’Autorità Palestinese, il generale Ziad Hab Al-Rih, ha però ricordato che l’AP ha bisogno “di lavorare duro al fine di sopprimere ogni tentativo di avvio di una sollevazione popolare nei prossimi mesi”.
Il generale ha inoltre espresso preoccupazione per il deteriorarsi della situazione nella regione e ha detto che, senza progressi nei negoziati di pace, l’AP non sarà in grado di garantire la stabilità nei Territori Occupati.
Tradotto in italiano da Emma Mancini (Alternative Information Center)
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MARTEDÌ 6 OTTOBRE 2009
Gerusalemme Est: i disordini degli ultimi giorni potrebbero preannunciare una terza Intifada
Nei giorni scorsi sono scoppiati scontri tra manifestanti palestinesi e forze di sicurezza israeliane dopo che un gruppo di coloni israeliani estremisti, scortato da soldati israeliani e dalla polizia, aveva cercato di entrare nel recinto della moschea Al-Aqsa, il terzo luogo più sacro dell’Islam, che si trova nella città vecchia di Gerusalemme.Giovani palestinesi hanno lanciato pietre e sedie contro la polizia israeliana. Gli israeliani hanno risposto con percosse, gas lacrimogeni, e proiettili di gomma. Decine di poliziotti e manifestanti sono rimasti feriti nelle violenze che ne sono seguite.Domenica 27 settembre, Israele ha sigillato la Cisgiordania per lo Yom Kippur, uno dei giorni più sacri per l’ebraismo. Questa festa religiosa spesso coincide con la fine del mese sacro del Ramadan, aumentando le tensioni tra israeliani e palestinesi.Un gruppo religioso estremista di coloni israeliani, i “Fedeli del Monte del Tempio”, celebra lo Yom Kippur ogni anno cercando di entrare nel recinto della moschea di Al-Aqsa, che ritiene sia costruita sui resti del secondo Tempio ebraico, distrutto dai romani nel 70 d.C.L’organizzazione ha ripetutamente dichiarato la propria intenzione di distruggere la moschea di Al-Aqsa e di costruire il Terzo tempio ebraico sui suoi resti.Nel contesto della crescente giudaizzazione di Gerusalemme Est da parte israeliana, nel tentativo di tenere unita la città sotto un controllo israeliano a tempo indeterminato e di usurpare le aspirazioni palestinesi che guardano a Gerusalemme Est come alla capitale di un futuro Stato palestinese, Al-Aqsa è diventata sempre più un punto di attrito.L’emotività musulmana nei confronti di Al-Aqsa, accompagnata da ciò che viene percepito come un attacco scandaloso alla sensibilità islamica, è stata una delle cause che hanno chiamato a raccolta i palestinesi, sia di fede cristiana che musulmana, così come i musulmani di diverse correnti politiche e nazionalità.Il movimento di resistenza libanese Hezbollah ha condannato l’azione israeliana, mentre Hamas ha invitato i palestinesi della Cisgiordania, di Gaza e di Israele, a scendere in piazza dando inizio a una nuova rivolta contro Israele in risposta agli scontri.L’arcivescovo Atallah Hanna, una delle figure cristiane di più alto grado a Gerusalemme, ha dichiarato che le violenze di domenica 27 settembre sono un oscuro presagio riguardo a quelli che ha definito “i piani di Israele per la città”.“Noi, come palestinesi cristiani e abitanti di Gerusalemme, non possiamo restare a guardare con le mani in mano di fronte a quello che è successo. Domenica scorsa si è trattato di Al-Aqsa, domani sarà la volta della Chiesa del Santo Sepolcro”, ha detto Atallah, riferendosi alla chiesa costruita sul luogo in cui si crede che sia stato sepolto Gesù.Saeb Erekat, il capo negoziatore dell’Autorità Palestinese (AP), ha detto che “l’attacco contro i fedeli e i comuni civili è inaccettabile. Israele deve cessare tutte quelle azioni che servono solo a infiammare la situazione”.Muhammad Dahlan, un altro alto funzionario dell’AP, e presunto istigatore della guerra civile a Gaza tra Hamas e Fatah, ha avvertito che una terza rivolta palestinese potrebbe essere all’orizzonte.Bassam Abu Sharif, un ex consigliere del defunto presidente dell’AP Yasser Arafat, e membro dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), ha aggiunto la sua voce al coro di quelli che prefigurano la possibilità di una terza Intifada contro Israele.“I palestinesi si stanno preparando a lanciare un’altra Intifada per l’indipendenza e la libertà in risposta alle violazioni israeliane, ai massacri e alle politiche contro i palestinesi e contro Gerusalemme, alla confisca delle terre, e alla separazione geografica dei territori palestinesi”.Lunedì 28 settembre, le forze di sicurezza israeliane hanno fatto irruzione nelle abitazioni palestinesi in tutta Gerusalemme Est, arrestando più di 60 palestinesi sospettati da Israele di aver preso parte ai disordini.Il martedì successivo abbiamo visitato il luogo degli scontri, e nonostante la calma apparente in superficie, la rabbia e il risentimento sembravano covare sotto la cenere.Gruppi di soldati israeliani pesantemente armati, e unità di polizia motorizzata e a piedi, sono stati dislocati negli angoli strategici della città vecchia e in altre zone di Gerusalemme Est, mentre veniva dichiarato un elevato stato di allerta.Molti palestinesi sembravano troppo spaventati per parlare con noi, mentre la polizia e i soldati israeliani si avvicinavano per controllare da vicino le nostre conversazioni.Un residente di Gerusalemme che ha assistito agli scontri ma ha voluto mantenere l’anonimato, ci ha raccontato: “Ci saranno gravi violenze durante la preghiera del Venerdì, se questi fanatici israeliani tenteranno di nuovo i loro trucchi. Siamo stufi di loro”.Samir Awad dell’Università di Birzeit, a nord di Ramallah, afferma che una grave ondata di violenza è sicuramente in vista.“Ma io non credo che i palestinesi saranno in grado di sostenere un’Intifada a lungo termine. Sono troppo deboli politicamente ed economicamente, oltre ad essere emotivamente esauriti”, ci ha detto Awad.“I palestinesi sono disperati, e non nutrono più alcuna fiducia nell’ormai defunto processo di pace. Hanno perso le loro speranze, ora che il presidente degli Stati Uniti Barack Obama sembra aver rinnegato la sua promessa sugli insediamenti e il suo impegno ad esercitare pressioni su Israele”.“La possibilità che l’amministrazione americana preveda una contromossa che includa i piani per la creazione di uno Stato palestinese come primo passo, per poi affrontare le questioni degli insediamenti, di Gerusalemme Est e del diritto al ritorno dei profughi, come modo per contrastare l’ostinazione israeliana, sembra troppo ottimistica”, ha aggiunto Awad.Tuttavia, il professor Moshe Maoz dell’Università Ebraica di Gerusalemme, afferma che il governo degli Stati Uniti potrebbe ancora tener fede alle sue promesse.“Gli israeliani talvolta fraintendono la cultura americana che è più sobria e prudente rispetto all’approccio tipico degli israeliani, i quali tendono a essere espliciti e impazienti. Il fatto che Obama non abbia insistito sulla questione degli insediamenti ai recenti colloqui di New York, non significa che abbia rinunciato”, ha detto Maoz.“Tuttavia, un’altra Intifada è del tutto possibile se non vi sarà alcuna svolta. La pazienza palestinese dopo 42 anni di occupazione è ormai in via di esaurimento”.Il dottor Yousef Natsche, direttore delle Antichità e del Turismo presso il Waqf islamico che gestisce la moschea di Al-Aqsa, ha detto di sperare che non vi saranno ulteriori disordini.“Ma le visite provocatorie da parte di estremisti ebrei sono in aumento sia di numero che di frequenza, e sono appoggiate dalle autorità israeliane.“Le violenze di domenica 27 settembre sono un indicatore di ciò che potrebbe accadere in futuro su scala ancora più grande, se gli israeliani continueranno a non ascoltare i nostri avvertimenti”, ci ha detto Natsche.Mel Frykberg è un giornalista australiano; è corrispondente dalla Palestina per l’Inter Press Service
allegati
3 Zvi Bar'el : per la terza intifada esiste la potenzialità, ma manca la scintilla
Sintesi personaleZvi Bar'el / Fuel, but no spark, for third intifada
Il rapporto pubblicato questa settimana dal direttore del reparto di salute mentale del ministero della Sanità palestinese, il dottor Hazem Ashur, può essere utile ai ricercatori che si interessano degli attacchi suicidi, simbolo della seconda intifada. Secondo la relazione, i i tentativi di suicidio, compresi quelli riusciti, sono 223, di cui 102 hanno avuto luogo nel distretto di Nablus . Le cause sono diverse: dallo stress mentale alla malattia mentale cronica, alle pressioni sociali ed economiche derivanti dalle restrizioni imposte da Israele che rendono impossibile trovare un lavoro, così come il tasso didisoccupazione elevato, l'assedio imposto sul territorio e l'assenza di speranza per una vita migliore. La maggior parte dei tentativi di suicidio, tra l'altro, sono state compiuti da donne e da persone non sposate. Se una nuova Intifada scoppiasse , molti di questi tentativi, probabilmente avrebbero successo e sarebbero classificati come "suicidi per motivi nazionali". Circa 150 attacchi suicidi sono stati perpetrati all'inizio dell'intifada nel settembre 2000, rispetto ai 21 attacchi prima di tale data - nonostante il fatto che anche prima del 2000 i palestinesi avessero motivi sufficienti per rinunciare alla propria vita . Inoltre, la potenzialità di attacchi suicidi non è ancora diminuita, manca è la scintilla per farla esplodere . Le cause della intifada precedente esistono ancora: i negoziati tra Israele ei palestinesi non stanno andando da nessuna parte, l'aspirazione nazionale di uno Stato palestinese indipendente non viene realizzata , sia perché non esiste un partner in Israele, sia perché la leadership palestinese è incapace di prendere decisioni concrete, e la situazione economica,seppure migliorata, è ancora ben lungi dal fornire quel tenore di vita che i palestinesi si aspettano Nonostante la visione esposta dal Primo Ministro Benjamin Netanyahu, l'economia di impresa non è uno scudo difensivo contro una rivolta nazionale. Per esempio, alla vigilia della seconda intifada, "solo il 21 per cento della popolazione palestinese viveva sotto la soglia di povertà, rispetto al 46 per cento della fine del 2001.,il reddito nazionale lordo era di circa $ 5 miliardi alla fine del 1999, e la disoccupazione si aggirava intorno all'11 per cento. Tuttavia, è scoppiata l'Intifada. Mentre ora, nonostante la situazione cupa e l'assenza di una reale speranza di giorni migliori, una nuova intifada non potrebbe facilmente accadere . Per un momento, un paio di settimane fa, quando il Monte del Tempio è stato "in pericolo" è sembrato che la fenice tornasse , ma in breve tempo è ridiventata cenere.Le condizioni estreme sono evidentemente necessarie per intifada, ma non sufficienti Ne si può contare sulla solidarietà pan-araba:External conditions are apparently necessary for an intifada, but not sufficient. In an article on the Internet site Elaph, the Egyptian thinker Kamal Gabriel explains that at the moment the Palestinians lack both a universally shared ideological authority and a leadership that is convinced of its ability to conduct an intifada. A religious source of authority, he notes, like a battle for the Temple Mount, cannot fire up the Palestinians: The fight for Islam is not about quality of life, national aspirations and the Palestinians' distinctive identity. The second intifada is an example of this: Although it was triggered by fears of a Jewish takeover of the Temple Mount, it quickly became a war for the Palestinian national home. "Gli arabi usano il problema palestinese per evitare di affrontare i propri problemi, afferma Gabrieli.. Il vero problema è l'assenza di una forte e pragmatica autorità disposta a pensare che la vita non è fatta di sogni ad occhi aperti o di vittorie tremende . E in assenza di un' autorità in grado di fornire carburante per l'intifada, il problema palestinese si riduce ai dimensioni non strategiche. Un intifada palestinese non esplode, al fine di placare il mondo arabo. ma per servire lo Stato palestinese e tutta la popolazione palestinese al di sopra di ogni fazione, organizzazione o movimento. La scissione tra Fatah e Hamas, la tensione tra la Striscia di Gaza e la Cisgiordania, la distinzione tra chi vuole un accordo di pace e tra chi non lo vuole,, tra ciò che è percepito come un regime religioso nella striscia di Gaza e uno laico,filo-occidentale in Cisgiordania è il migliore deterrente alla terza intifada
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