Durante
manifestazioni di massa, svolte il 25 maggio e il 1 giugno lungo la
recinzione perimetrale che separa Israele da Gaza, le forze israeliane
hanno ucciso una donna e ferito altri 170 palestinesi.
Durante il periodo di riferimento di questo Rapporto [dal 22.5 al 4.6]
altri sette palestinesi sono morti per le ferite subite durante le
manifestazioni delle settimane precedenti. La donna uccisa il 1 giugno
aveva 21 anni e stava prestando servizio come volontaria con la Società
di Soccorso Medico Palestinese. Funzionari e Agenzie delle Nazioni Unite
hanno espresso indignazione per l’omicidio. Un altro palestinese è
morto il 5 giugno: il giorno prima era stato colpito dalle forze
israeliane a Khan Yunis, vicino al recinto perimetrale. Il suo corpo è
trattenuto dalle autorità israeliane. Le dimostrazioni della “Grande
Marcia di Ritorno”, iniziata il 30 marzo, dovrebbero concludersi l’8
giugno.
A Gaza e nel sud di Israele, durante
il periodo di riferimento, si è avuto un crescendo di violenza: la più
grave dalle ostilità del 2014. In due distinti episodi, verificatisi
il 27 e il 28 maggio, a est di Khan Yunis e a nord di Beit Lahia, le
forze israeliane hanno aperto il fuoco con carri armati contro
postazioni militari palestinesi, uccidendo quattro membri di gruppi
armati e ferendone un altro. Nei giorni successivi, gruppi armati
palestinesi hanno lanciato più di 150 tra razzi e colpi di mortaio
contro Israele. Uno dei razzi è caduto nel nord di Gaza, all’interno di
una casa, provocando lievi danni; secondo quanto riportato da media
israeliani, la maggior parte dei rimanenti è caduta in aree aperte o è
stata intercettata in aria. Tre soldati israeliani sono rimasti feriti
e, all’interno di Israele, i danni sono stati limitati, compresi quelli
ad un asilo nido. Le forze israeliane hanno effettuato decine di
attacchi aerei contro siti militari e aree aperte di Gaza: è stato
registrato un ferito e danni ai siti bersagliati; danneggiate anche
sette barche da pesca, una struttura produttiva, terreni agricoli e una
scuola. L’intensificarsi di violenza è terminata alla fine del periodo
di riferimento [di questo Rapporto].
Durante il periodo di riferimento, in
particolare nel corso delle dimostrazioni vicino alla recinzione, i
palestinesi hanno fatto volare centinaia di aquiloni di carta e palloni
gonfiabili caricati con materiali infiammabili che, nel sud di Israele,
hanno danneggiato terreni agricoli e colture. Secondo il ministro
della Difesa israeliano, le cui dichiarazioni sono state riportate da
media israeliani, dei circa 600 aquiloni lanciati, due terzi sono stati
intercettati in aria, mentre un terzo ha raggiunto Israele, provocando
incendi su una superficie di circa 900 ha.
Il 5 giugno, per carenza di carburante, l’unica Centrale Elettrica di Gaza ha spento la turbina ancora operativa.
La Centrale ha cessato di funzionare a causa di dispute irrisolte tra
le Autorità palestinesi di Gaza e quelle della Cisgiordania, in merito
al finanziamento e alla tassazione del carburante. A Gaza le carenze di
energia elettrica comportano interruzioni di corrente di 20-22 ore al
giorno, rendendo precaria l’erogazione di servizi, tra cui quelli
sanitari, l’acqua potabile, il trattamento dei reflui e l’istruzione.
Per far rispettare le restrizioni di
accesso a zone di terra e di mare, in almeno 28 occasioni, le forze
israeliane hanno aperto il fuoco contro agricoltori e pescatori. Hanno
anche arrestato quattro pescatori e confiscato una barca. Il 29
maggio, le forze navali israeliane hanno intercettato e sequestrato un
natante che, da Gaza, stava tentando di rompere il blocco navale ed
hanno arrestato 17 persone presenti a bordo. In due casi, le forze
israeliane sono entrate a Gaza, vicino a Beit Lahiya e Jabalia (a nord
di Gaza), ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di
scavo nei pressi della recinzione perimetrale.
Il 2 giugno, nell’area H2 della città
di Hebron, controllata da Israele, le forze israeliane hanno sparato e
ucciso un palestinese 35enne che stava lavorando in un cantiere edile. Secondo
fonti militari israeliane, l’uomo è stato colpito con armi da fuoco per
aver tentato di investire i soldati con un bulldozer. Testimoni
palestinesi respingono questa versione ed affermano che l’uomo non si
era fermato all’intimazione dell’alt, a causa del forte rumore presente
nel luogo in cui si è verificato l’episodio.
In Cisgiordania un soldato israeliano
è stato ucciso e 33 palestinesi sono rimasti feriti durante scontri
scoppiati nel corso di operazioni di ricerca-arresto. I maggiori
scontri si sono verificati il 26 maggio, durante un’operazione nel Campo
Profughi di Al Amari (Ramallah), dove un palestinese ha lanciato una
lastra di marmo su un soldato che è morto due giorni dopo per le ferite
riportate. In Cisgiordania le forze israeliane hanno condotto,
complessivamente, 114 operazioni di questo tipo, arrestando 207
palestinesi, tra cui sette minori. Il più alto numero di operazioni
(42), è stato registrato nel governatorato di Hebron, seguito dai
governatorati di Gerusalemme (17) e di Ramallah (15).
Durante manifestazioni e scontri,
altri 12 palestinesi sono rimasti feriti. Un 15enne palestinese, colpito
con arma da fuoco il 15 maggio, durante una manifestazione vicino a
Beit El / DCPO, è morto in seguito al ferimento. In Cisgiordania
questo è il quarto minore palestinese ucciso, dall’inizio del 2018, nel
corso di manifestazioni ed episodi di lancio di pietre. La maggior parte
dei ferimenti si è verificata durante scontri scoppiati nelle
manifestazioni settimanali a Kafr Qaddum (Qalqiliya) e nel villaggio di
An Nabi Saleh (a Ramallah). In due diversi episodi, accaduti vicino a
Tulkarem e vicino a Betlemme, altri due palestinesi sono stati colpiti
con armi da fuoco e feriti mentre stavano cercando di attraversare la
Barriera senza permesso.
Secondo fonti ufficiali israeliane,
il secondo e il terzo venerdì del Ramadan, le forze israeliane hanno
consentito l’ingresso a Gerusalemme Est a circa 87.000 e 122.000 fedeli
palestinesi rispettivamente. I maschi sopra i 40 anni e sotto i 12
anni e tutte le donne hanno potuto attraversare i posti di controllo
senza permesso, mentre agli altri maschi erano stati concessi dei
permessi. I residenti di Gaza non hanno avuto permessi per il Ramadan.
Il 24 maggio, l’Alta Corte di
Giustizia israeliana ha respinto le petizioni presentate dalla comunità
palestinese beduina di Khan Al Ahmar – Abu al Helu (Governatorato di
Gerusalemme), aprendo così la strada per la demolizione del villaggio,
motivata dalla mancanza di permessi di costruzione, ed il trasferimento
forzato dei suoi 180 residenti. La Comunità ha respinto il piano di
trasferimento in un sito vicino, proposto dalle autorità israeliane. Tra
le strutture a rischio c’è una scuola finanziata da donatori che serve
le comunità beduine della zona. La comunità coinvolta è una delle 18
situate all’interno, o vicine, ad un’area parzialmente destinata ad un
piano di insediamento strategico denominata E1. Il 1 giugno, il
Coordinatore Umanitario e il Direttore delle operazioni dell’UNRWA,
hanno invitato Israele a fermare i suoi piani di demolizioni di massa e
di trasferimento della Comunità.
Nel periodo in esame non sono state registrate demolizioni o confische.
Ciò è in accordo con la prassi, già riscontrata negli anni precedenti,
di interrompere le demolizioni durante il mese del Ramadan.
In un caso, per consentire
esercitazioni militari, le forze israeliane hanno sfollato, per sei ore,
cinque famiglie della comunità di pastori di Humsa al Bqai’a, nella
Valle del Giordano settentrionale. Questa comunità affronta
sistematiche demolizioni, restrizioni di accesso e sfollamenti
temporanei che sollevano preoccupazioni sul rischio di trasferimento
forzato.
In Cisgiordania, in episodi che hanno
visto coloni israeliani come protagonisti, tre palestinesi sono rimasti
feriti e oltre 1.200 alberi di proprietà palestinese sono stati
vandalizzati. In due distinti casi, coloni israeliani hanno
aggredito fisicamente e ferito tre uomini palestinesi nel quartiere di
Sur Bahir, a Gerusalemme Est e vicino al villaggio di Urif (Nablus).
Nell’ultima località, un gruppo di 30 coloni israeliani ha aggredito,
con pietre e bastoni, un uomo di 71 anni che stava pascolando le pecore,
innescando scontri con i residenti della zona. A seguito di tali
scontri, sono intervenute le forze israeliane che hanno ferito due
palestinesi. Secondo fonti della Comunità, in sei distinti episodi, sono
stati vandalizzati da coloni israeliani circa 1.265 alberi e colture su
terre appartenenti a palestinesi di Ein Samiya e Kafr Malik (entrambi a
Ramallah), ‘Urif (Nablus), Khallet Sakariya (Betlemme), Bani Na’im ed
Halhul (entrambi in Hebron).
I media israeliani hanno riportato nove episodi di lancio di pietre da parte di palestinesi contro veicoli israeliani; non sono stati segnalati feriti, ma un veicolo è stato danneggiato.
Le autorità egiziane avevano annunciato l’apertura del valico di Rafah tra Gaza e l’Egitto per tutto il mese del Ramadan. Tra l’apertura, avvenuta il 12 maggio, e la fine del periodo di riferimento [4 giugno]
sono state registrate 8.786 uscite da Gaza e 1.587 ingressi. Dal 2014,
questa è la più lunga apertura continuativa del valico di Rafah.
¡
Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)
Il 6 giugno, nel villaggio di An Nabi
Saleh (Ramallah), durante scontri scoppiati nel corso di un’operazione
di ricerca-arresto, le forze israeliane hanno ucciso un palestinese di
21 anni.
nota 1:
I
Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati ogni due settimane in lingua
inglese, araba ed ebraica; contengono informa-zioni, corredate di dati
statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei
civili nei territori palestinesi occupati.
Patrizia Cecconi Sarà capitato anche voi: vai tante volte in un luogo che ami e ti sembra di conoscere nei più irrilevanti dettagli e poi un giorno, all’improvviso, scopri l’esistenza di qualcosa che avevi sempre guardato senza riuscire a vedere. E’ quel che racconta Patrizia Cecconi con i gelsi della Palestina. Sono nei giardini, nelle campagne aperte, in quelle coltivate, ovunque. Eppure, attenta e appassionata osservatrice degli alberi della terra più amata, i gelsi, bianchi o neri che fossero, non li aveva notati. “Avevo fatto un po’ come quei turisti che vanno in Terrasanta e non si accorgono della ferocia e dell’illegalità dell’occupazione”, scrive con amaro e raffinato gusto del paradosso. Eppure, il muro dell’antica leggenda di Tisbe e Piramo, da cui avrebbe avuto origine mediorientale il gelso nero, avrebbe dovuto illuminarle lo sguardo… di Patrizia Cecconi Un’antichissima leggenda racconta che Tisbe e Piramo , due adolescenti babilonesi, belli come lo
Israele governo di estrema destra e opposizione 156 Israele opposizione civile e democratica 618 Sulla scia del colpo di stato giudiziario, le discussioni israeliane sul trasferimento all’estero non si fermano più ai gruppi di social media. In una lussureggiante valle dell’Italia nordoccidentale si stanno concretizzando idee di emigrazione collettiva – e iniziative simili stanno prendendo forma anche altrove Hilo Glazer 2 settembre 2023 1:19 IDT “Mentre il numero di ore di luce nella democrazia del loro paese continua a diminuire, sempre più israeliani arrivano nella valle montuosa alla ricerca di un nuovo inizio. Tra loro ci sono giovani con bambini nel marsupio, altri con bambini in età scolare, e ci sono persone con i capelli grigi come me. Un insegnante, un imprenditore tecnologico, uno psicologo, un toelettatore, un allenatore di basket. Alcuni dicono che stanno solo esplorando, ma si vergognano ancora di ammettere che stanno seriamente considerando l'opzione. Altri sembra
joimag.it Né Ashkenaziti né Sefarditi: gli Ebrei italiani sono un mistero - JoiMag Ashkenaziti, Sefarditi, Mizrahim, ma anche Bukhari, Falashà e Romanioti. Sono numerosissimi i gruppi che compongono la Diaspora ebraica. Tuttavia gli Ebrei italiani, gli Italkim, rappresentano un’eccezione unica e con una grande storia. Spesso si sente parlare di due categorie di Ebrei: Ashkenaziti e Sefarditi . Alcuni alludono anche a un terzo gruppo, i Mizrahim , per indicare gli Ebrei che vivevano in quei territori che oggi sono Iraq, Siria, Yemen, Iran, Georgia e Uzbekistan. Ma questa divisione in gruppi può risultare molto più complicata di quello che può sembrare a un primo sguardo. Ci sono tre modi di intendere la classificazione degli Ebrei; uno di questi si basa sulla geografia. Questo approccio applica l’etichetta “Ashkenazita” agli Ebrei che hanno gli antenati che provengono dal territorio che nella letteratura rabbinica medievale era chiamato
Questa foto è ' stata scattata a Lesbo e la signora che, insieme a due amiche, tiene in braccio un neonato a cui sta dando il biberon, si chiama Emilia Kamvisi e ha 85 anni. Quel bambino non è suo nipote o il figlio di qualche vicina di casa. Lei non sa nemmeno esattamente dove sia la Siria, il paese in cui è nato e nel quale probabilmente non potrà crescere, ma è sbarcato lì, sulla sua isola, qualche giorno prima. E lei sta facendo quello che ogni essere umano degno di questo nome dovrebbe fare: lo sfama, lo accudisce, lo protegge . Qualcuno ha proposto Emilia per il Premio Nobel per la pace. Lei ha risposto: "Cosa ho fatto? Non ho fatto niente". (foto da thetoc.gr)
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