Ugo Tramballi ITALJANSKIJ SOJUZ



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Qualche giorno prima delle elezioni del 4 marzo il New York Times si chiedeva se la Russia stesse cercando di manipolare gli elettori italiani, come già accaduto con gli inglesi per la Brexit e gli americani contro Hillary Clinton. La risposta che lo stesso NYT si dava era no, non ce n’era bisogno: gli italiani erano già filo-russi e sarebbero caduti da soli fra le braccia di Putin.
Forse Mosca avrà distribuito qualche finanziamento occulto qui e là. Ma non c’è niente di nuovo sotto il sole: l’Urss lo faceva con il Pci e gli americani con Dc e altri partiti di centro. C’era la Guerra fredda, è vero. Ma oggi viviamo qualcosa di moderatamente simile a quell’epoca. Forse i trolls russi hanno sparato sul web un po’ di notizie false e qualche giudizio catastrofico sulle condizioni del nostro paese. Ma niente paura: nessuno può battere l’autolesionismo degli italiani. Ascoltandoli, soprattutto sentendo i vincitori delle elezioni, a volte sembra di abitare in Burkina Faso.
Detto questo, è innegabile la tendenza degli italiani ad essere filo-russi. Lo sono gli imprenditori, così contrari alle sanzioni da dare l’idea di non avere altri mercati al mondo se non quello russo. E’ diffuso fra i giornalisti. Con molti di noi la Russia non ha faticato a imporre la sua semplificazione della guerra in Siria: Bashar Assad è il buono e i suoi avversari sono tutti terroristi. Fine della sciarada mediorientale. Grandi condanne morali e politiche per il finto bombardamento ordinato da Trump; silenzio per quelli quotidiani dei russi.
Il sentimento pro russo è ugualmente diffuso anche fra i nostri diplomatici. Famosa un paio d’anni fa l’intervista al Corriere della Sera del nostro ambasciatore di allora a Mosca: la sua esaltazione di Putin andava oltre una normale sindrome di Stoccolma.
E’ vero che nel “contratto” di governo di Lega e Cinque stelle si chiarisce la fedeltà all’Alleanza Atlantica. Ma nello stesso paragrafo si afferma la necessità di eliminare le sanzioni economiche alla Russia per l’annessione manu militari della Crimea e la presenza di truppe russe sotto mentite spoglie in Ucraina orientale. Fino a prova contraria, essere a favore della prima (la Nato) e contro le seconde (le sanzioni) è un’incompatibilità. Ma più di una contraddizione è una tradizione: quella italiana di stare sempre un po’ con tutti. E’ bello vedere che il nuovo governo del “cambiamento” non è così diverso da quelli che lo hanno preceduto.
Qualcuno mi accuserà di essere a mia volta filo-americano. Sorrido pensando a quando “Il Foglio” allora di Giuliano Ferrara, scriveva che ero un anti-americano per le mie critiche all’invasione dell’Iraq, nel 2003. In quei giorni non godevo di buona stampa nemmeno nel mio giornale. Non mi stupirei se alcuni dei pretoriani di Ferrara, oggi fossero putiniani entusiasti.
Qui non si tratta di essere anti-russi e/o filo-americani. Ho fatto il corrispondente a Mosca per quattro inverni negli anni di Gorbaciov. Per la stampa russa fu il solo momento di libertà di espressione della sua storia. Qualcosa che oggi nella Russia di Putin non esiste. Quell’epoca fu uno dei momenti più formativi della mia vita non solo professionale. La mia personale simpatia verso i russi convive senza problemi con la mia civile disapprovazione del regime illiberale imposto da Putin. Sistema sostenuto dalla maggioranza della popolazione attraverso un lavaggio propagandistico del cervello con l’arma dell’ultra-nazionalismo e della presunta minaccia dell’Occidente. (Avete presente quando i nostri nuovi leader accusano la Ue di essere la causa di tutti i problemi italiani?).
Il mio giudizio negativo per quel regime non mi impedisce di riconoscere l’abilità e il pragmatismo della sua diplomazia. Per esempio in Medio Oriente: se si riuscirà a evitare una guerra fra Iran e Israele in Siria, sarà grazie alla mediazione russa; se invece il conflitto scoppierà, sarà per colpa delle decisioni irresponsabili di Donald Trump e di John Bolton, il quale c’era già ai tempi dell’invasione dell’Iraq.
Già l’America. Se pensate che Salvini e Di Maio siano agenti di Putin cosa è allora Donald Trump? I suoi comportamenti in Medio Oriente, la sua freddezza verso l’articolo 5 (quello che impone l’intervento militare di tutti nel caso un membro Nato sia aggredito), la sua ostilità verso l’Europa unita e i dazi alle nostre produzioni. Ogni atto sembra studiato per minare il sistema democratico di alleanze degli Stati Uniti, e per fare grande la Russia di Putin e il suo modello autoritario.
A dispetto di quello che pensava Ferrara, come citoyen, come persona politica, sarei più filo-americano che filo-russo. Con tutti gli errori commessi e l’arroganza imperiale mostrata, gli Stati Uniti sono comunque meglio. Mutatis mutandis sono come il potere di Roma al suo apogeo, fra l’ultimo secolo della repubblica e i primi due dell’impero. Guai a sfidare il suo potere. Ma alleati, clientes e assoggettati erano liberi di commerciare, di auto-amministrarsi, di credere ai loro dei. Cercate l’elenco degli alleati americani nel mondo e poi guardate quanti ne ha la Russia: significherà qualcosa, no?
Ma oggi dov’è l’America? Di quale amministrazione americana potremmo da cittadini essere “filo-“? Chi a Washington si contrappone al modello autoritario russo, dimostrando di avere più intelligenza strategica di Putin? Siamo rimasti soli. Mi verrebbe da dire che non lo siamo perché il resto dell’Europa occidentale è nelle nostre stesse condizioni. E mi verrebbe da pensare che fra un’America senza bussola e una Russia illiberale, per noi del vecchio continente sarebbe l’occasione storica per affermare il modello europeo. Ma so che a buon diritto mi dareste del filo-visionario.

P.s. La foto a corredo del post è un manifesto per il pubblico russo del film “Italiani brava gente” (1964) di Giuseppe De Santis e Dmitri Vasilyev.

http://www.ispionline.it/it/slownews-ispi/

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