Robert Fisk Il ‘patto finale’, Usa , Israele, Palestina
- Il ‘patto finale’
- Grandi momenti nella storia razzista americana dell’immigrazione
- L’imminente assalto all’ Iran
- Il ritiro statunitense dal Comitato dell’ONU per i Diritti Umani
- Israele ha ispirato la politica di Trump della separazione delle famiglie?
29 giugno 2018
Non è rimasta nessuna umiliazione per i Palestinesi? Dopo Oslo, dopo la “soluzione dei due stati”, dopo gli anni dell’occupazione palestinese – dell’Area A” e della “Area C” per definire sotto quale tipo di occupazione devono vivere i Palestinesi – dopo la vasta colonizzazione ebrea della terra rubata ai suoi proprietari arabi, dopo i massacri a Gaza e la decisione di Trump che Gerusalemme, tutta Gerusalemme debba essere la capitale di Israele, ai Palestinesi si chiederà di per denaro contante e un villaggio miserabile? Non c’è più nessuna vergogna?
Ai Palestinesi, infatti, sarà assegnata lo “accordo finale” – “finale” come un ultimo patto, definitivo, terminale, conclusivo, senza più carte da giocare, incassate le vostre fiche, assumetevi il rischio, prendete o lasciate, andate all’inferno, smettetela e desistite, “accordo” finale. Un pietoso villaggio come sua capitale, nessuna fine della colonizzazione, niente sicurezza, niente esercito, niente confini indipendenti, niente unità – in cambio di un’enorme quantità di denaro, miliardi di dollari e di euro, milioni di sterline, un numero incalcolabile di dinari, di shekel (la valuta di Israele) e di denaro, e di vile denaro, il vero denaro.
“Io credo”, ha detto il Principe della Corona Kushner questa settimana, che “i Palestinesi siano meno impegnati negli argomenti cruciali dei politici rispetto a quanto lo sono nel capire in che modo un accordo darà loro e alle loro generazioni future nuove opportunità, altri e più remunerativi impieghi altre prospettive per una vita migliore.” Il genero di Trump – “consigliere” per il Medio Oriente, imprenditore edile, e investitore, è delirante? Dopo tre guerre arabo-israeliane, diecine di migliaia di morti palestinesi e milioni di rifugiati, Jared Kushner crede davvero che i Palestinesi si accontenteranno del denaro?
Non ha mai osservato che i Palestinesi che, hanno protestato e sofferto e che sono morti e che hanno perduto le loro terre da 70 anni, non hanno fatto dimostrazioni pubbliche per avere strade migliori, zone senza dazi doganali, o un altro aeroporto? Pensa che gli abitanti di Gaza sono scesi nelle strade e hanno marciato verso la letale recinzione del confine perché chiedono nuove cliniche prenatali? Come può umiliare un intero popolo arabo, consigliando che la loro libertà, sovranità, indipendenza, dignità, giustizia e status di nazione autonoma siano semplicemente “argomenti cruciali dei politici”? Non c’è fine a questa follia?
No. Infatti i dettagli che stanno emergendo gradualmente sul ‘patto finale’ Trump-Kushner sui giornali israeliani – con in testa il venerabile Haaretz, dicono che i Palestinesi dovranno abbandonare Gerusalemme Est come capitale di una futura “Palestina”, che Israele si ritirerà da una manciata di villaggi a est e a nord di Gerusalemme – tra questi il misero Abu Dis – per creare una “capitale” Potemkin, ma che rimarrà per sempre nella Città Vecchia, che uno stato palestinese sarà completamente demilitarizzato (fine della discussione per la “sicurezza”), ma che ogni colonia ebraica costruita illegalmente su terra araba – per gli Ebrei e per gli Ebrei soltanto – resterà e che Israele controllerà l’intera Valle del Giordano. Diritto di ritorno? Dimenticatevelo.
E tutto questo per miliardi di dollari di progetti per infrastrutture, una zona di libero commercio ad Al Arish nel Sinai, un “torrente” di denaro in Cisgiordania, una nuova dirigenza palestinese; se ne andrebbe via il corrotto, arrogante, senile, dittatoriale Mahomoud Abbas la cui leadership non “ha idee” e che non ha fatto alcuno sforzo con prospettive di successo” (queste ultime sono parole di Kushner, naturalmente), a favore di un uomo nuovo e pragmatico che (qui abbiamo altri pensieri più folli) sarà anche più arrendevole, più amante della pace e più servile di Abbas stesso.
Tutte queste stupidaggini dipendono dalla generosità dell’Arabia Saudita il cui pasticcione principe della Corona sembra che stia litigando con il suo regale padre che non vuole abbandonare l’originaria iniziativa saudita di uno stato palestinese con Gerusalemme come capitale – e la debolezza del Re Abdullah di Giordania, al cui paese le sofferenze finanziare imposte dal Fondo Monetario Internazionale, hanno provocato rivolte senza precedenti e la caduta del suo governo, e l’appoggio del presidente dell’Egitto che presumibilmente sarà contento di imporre la legge e benefici finanziari al confine egiziano con Gaza. Oh certo, e non ci sarà nessun contatto reale tra Gaza e la Cisgiordania. Sembra che Hamas sia stato dimenticato.
Si deve ridere o piangere? Quando Trump ha spostato l’ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme in mezzo al massacro di Gaza, il mondo ha urlato, ma poi ha taciuto. Lo schermo diviso dell’adulazione diplomatica e del massacro ad appena cento miglia di distanza, ha in un certo modo normalizzato l’insieme di morte ed ingiustizia nel conflitto arabo israeliano. Sì, se la sono cavata. Se i diplomatici americani a Gerusalemme possono attirare l’attenzione con lo sfondo del crepitio degli spari dei cecchini lungo la frontiera di Gaza, che cosa succederà prossimamente?
C’è qualcosa di strano, quasi di comico, nelle fotografie dei “pacieri” diplomatici dell’America seduti intorno al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. In Occidente, scegliamo – con delle buone ragioni morali – di non dare risalto al contesto religioso o etnico di questi uomini. Gli Israeliani, lo fanno, il filosofo Uri Avnery lo fa, e Haaretz fa notare che sono tutti Ebrei – almeno due di loro entusiasti sostenitori della colonizzazione israeliana della terra palestinese della Cisgiordania, compreso l’ambasciatore degli Stati Uniti a Israele che ha definito la moderata organizzazione lobbista J Street* “peggiore dei kapo.”
Non era possibile, all’interno di tutto il corpo diplomatico e tra i “consiglieri” dell’America, trovare almeno un Musulmano americani che entrasse nella squadra? I
“pacieri” non avrebbero tratto beneficio anche soltanto da una voce di un uomo o di una donna che condivideva la stessa fede della ”altra” metà della proposta pace Arabo-Israeliana?
No, invece. Né sarebbe stato importante. Abbas ha rotto tutti i rapporti diplomatici con la Casa Bianca da quando Trump ha riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele e ha ritirato il suo ambasciatore a Washington. Il “patto finale” – in origine era l’accordo di Oslo, sebbene anche quello fosse un calice avvelenato, e poi tutta una serie di minuscole ritrattazioni, e di ritiri e di ulteriori occupazioni e poi conferenze ad hoc “contro il terrore” – ora rappresentano soltanto la totale umiliazione dei Palestinesi: niente Gerusalemme Est, nessuna fine della colonizzazione, nessun riconoscimento del diritto al ritorno, nessuno stato, nessun futuro. Soltanto denaro.
http://www.camilloblog.it/archivio/2009/10/28/appuntamento-a-j-street/
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