Rapporto OCHA 5 – 18 giugno 2018 (due settimane)
- I palestinesi feriti ‘puniti’ per aver protestato a Gaza
- Rapporto OCHA 5 – 18 giugno 2018 (due settimane)
- Pennellate di vita comune dalla Striscia di Gaza
- Israele ha tre opzioni riguardo a Gaza
- Le sei cose che mostrano le truppe palestinesi nel reprimere le proteste a Ramallah
Durante la manifestazione di massa
dell’8 giugno, svolta lungo la recinzione israeliana attorno a Gaza, le
forze israeliane hanno ucciso quattro palestinesi, tra cui un ragazzo di
14 anni, e ferito altri 618.
Durante il periodo cui si riferisce
questo rapporto, altri due palestinesi sono morti per le ferite
riportate nelle manifestazioni delle settimane precedenti. Oltre il 40%
dei feriti ha dovuto ricorrere a cure ospedaliere; tra questi, 117
persone colpite con armi da fuoco. Le dimostrazioni della “Grande Marcia
del Ritorno” si sarebbero dovute concludere l’8 giugno, ma è possibile
che continuino nei prossimi venerdì.
I palestinesi di Gaza hanno
intensificato il lancio, verso il sud di Israele, di aquiloni di carta e
palloni gonfiabili caricati con materiali infiammabili, provocando
incendi di coltivazioni e boschi. Fonti israeliane hanno anche
riferito che un certo numero di aquiloni e palloni erano stati caricati
con ordigni esplosivi, ma sono stati neutralizzati prima che
esplodessero. Secondo le autorità israeliane, dall’avvio di questa
pratica (iniziata a fine aprile), i vigili del fuoco hanno dovuto
affrontare più di 400 incendi che hanno bruciato più di 2.400 ha, con
danni stimati in oltre 1,9 milioni di dollari.
A Gaza l’aviazione israeliana ha
effettuato una serie di attacchi aerei contro siti militari, aree aperte
e un veicolo vuoto, provocando due feriti. Secondo quanto riferito,
gli attacchi sono stati effettuati in risposta al lancio di aquiloni e
palloni incendiari. In tre diversi episodi, gruppi armati palestinesi
hanno lanciato razzi contro Israele. Uno di questi è caduto all’interno
di Gaza, i rimanenti sono caduti di Israele, in aree aperte; secondo i
resoconti dei media israeliani, non sono stati registrati danni.
Sempre a Gaza, il 18 giugno, un
missile israeliano ha ucciso un palestinese e ferito un minore: secondo
quanto riferito, i due stavano tentando di danneggiare, presso l’ex
valico merci di Karni [chiuso da Israele nel 2011], un impianto di sicurezza installato a ridosso della recinzione perimetrale.
Nelle Aree ad Accesso Riservato, di
terra e di mare, di Gaza, in almeno dodici occasioni non collegate alle
manifestazioni di massa, le forze israeliane hanno aperto il fuoco,
senza causare feriti. In due casi, le forze israeliane sono entrate a
Gaza ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di
scavo ad est di Gaza e Khan-Yunis, nei pressi della recinzione
perimetrale.
In Cisgiordania, durante numerosi scontri, le forze israeliane hanno ucciso un palestinese di 21 anni e ferito altri 69.
L’uccisione (con arma da fuoco) si è verificata durante un’operazione
di ricerca-arresto, svolta il 6 giugno, nel villaggio di An Nabi Saleh
(Ramallah). Secondo una dichiarazione israeliana, l’uomo aveva lanciato
una pietra contro un soldato israeliano che, successivamente, gli ha
sparato. Salgono così a cinque, dall’inizio del 2018, i palestinesi
uccisi in Cisgiordania, nel corso di manifestazioni e scontri con le
forze israeliane. La maggior parte dei ferimenti (60) sono stati
segnalati in scontri verificatisi nel corso di dodici operazioni di
ricerca-arresto. Il numero più alto di feriti è stato riportato in Al
Lubban ash Sharqiya (Nablus), seguito da quello dei feriti nel corso
un’operazione nella città di Nablus e da un’altra operazione svolta nel
Campo profughi di Al Am’ari (Ramallah). Altri due palestinesi sono stati
feriti vicino a Betlemme, con armi da fuoco, in due diversi episodi,
mentre cercavano di attraversare la Barriera senza permesso.
L’11 giugno, nella città israeliana
di Afula (Israele), secondo quanto riferito, un palestinese ha ferito
con coltello una israeliana di 18 anni; l’uomo è stato
successivamente colpito e ferito dalle forze israeliane. Il presunto
aggressore è stato arrestato; secondo quanto riferito, proverrebbe da
Jenin e sarebbe entrato in Israele senza permesso.
Il 13 giugno, in scontri scoppiati
durante una manifestazione tenutasi nella città di Ramallah, le forze di
sicurezza palestinesi hanno ferito 22 palestinesi, tra cui due minori. I
dimostranti protestavano contro le misure punitive imposte
dall’Autorità palestinese alla Striscia di Gaza e chiedevano di porre
fine alle divisioni interne tra palestinesi. Almeno 40 palestinesi e
due giornalisti stranieri sono stati arrestati per un paio d’ore. Una
dimostrazione simile si è tenuta nella Striscia di Gaza il 18 giugno,
con un ferito. Tutti i ferimenti [di cui sopra] sono stati causati da aggressioni fisiche o inalazione di gas lacrimogeno.
Secondo dati ufficiali israeliani,
circa 100.000 palestinesi in possesso di documenti di identità della
Cisgiordania, sono entrati a Gerusalemme Est il quarto venerdì di
Ramadan (l’8 giugno) attraverso i quattro checkpoints designati lungo la
Barriera. Come nelle settimane precedenti, agli uomini sopra i 40
anni e alle donne di tutte le età è stato consentito entrare in
Gerusalemme senza permesso. Nessuna autorizzazione è stata invece
concessa per il Ramadan dei palestinesi di Gaza.
Il 13 e il 17 giugno, conformemente a
quanto stabilito da sentenze della Corte Suprema israeliana, le
autorità israeliane hanno evacuato, nei governatorati di Hebron e
Salfit, due insediamenti “avamposto” di coloni israeliani [non autorizzati da Israele] e successivamente hanno demolito 28 strutture costruite su terreni privati palestinesi.
Secondo quanto riportato dai media israeliani, gli scontri verificatisi
nel corso delle evacuazioni hanno provocato il ferimento di 24 membri
delle forze israeliane. A seguito delle proteste di gruppi di coloni, le
forze israeliane hanno chiuso le strade vicine, costringendo i
palestinesi locali a lunghe deviazioni ed interrompendo il loro accesso
ai servizi e ai mezzi di sussistenza.
Nel periodo in esame non sono state
registrate demolizioni o confische di strutture palestinesi da parte
delle autorità israeliane. Così è stato fin dal 17 maggio (inizio
del Ramadan), coerentemente con la prassi registrata negli anni
precedenti, quando le demolizioni venivano per lo più interrotte in
concomitanza con il Ramadan.
Nella Valle del Giordano
settentrionale, per la quinta volta in sei settimane, le forze
israeliane hanno sfollato cinque famiglie della comunità di pastori di
Humsa al Bqai’a per sei ore, per consentire esercitazioni militari.
Questa comunità deve affrontare sistematiche demolizioni, restrizioni di
accesso e sfollamenti temporanei che destano preoccupazioni sul rischio
di trasferimento forzato. Le forze israeliane hanno anche condotto
esercitazioni militari notturne nelle vicinanze, e all’interno, del
villaggio di Yanun (Nablus); non sono stati segnalati feriti o danni.
In undici episodi di cui sono stati
protagonisti coloni israeliani, sei palestinesi sono stati feriti e
quasi 1.200 alberi e cinque veicoli sono stati vandalizzati. Nella
zona H2 della città di Hebron, controllata da Israele, coloni
israeliani, accompagnati da forze israeliane, hanno fatto irruzione
nella casa di un attivista per i diritti umani; qui i coloni hanno
aggredito fisicamente l’uomo e ferito la moglie; la sua macchina
fotografica e il cellulare sono stati confiscati dalle forze israeliane.
Altri quattro palestinesi sono stati feriti dalle forze israeliane,
intervenute negli scontri tra palestinesi e coloni israeliani; gli
scontri erano conseguenti all’ingresso di coloni nei villaggi di Burin
(Nablus) e Kafr Laqif (Qalqiliya). Circa 1.200 tra ulivi e viti sono
stati vandalizzati da coloni israeliani in cinque diversi episodi
verificatisi a Turmus’aya (Ramallah), Sa’ir (Hebron) e Khalet Sakariya
(Betlemme), dove, secondo fonti della comunità locale, su rocce e pareti
sono stati trovate scritte tipo “questo è il prezzo che dovete pagare”.
Il numero di alberi danneggiati dai coloni, dall’inizio del 2018,
arriva così quasi a 3.700. Inoltre, in cinque distinti episodi
verificatisi sulle strade della Cisgiordania, cinque veicoli
palestinesi, incluso uno scuolabus, hanno subito danni a causa del
lancio di pietre da parte di coloni israeliani.
Secondo media israeliani, vicino a Hebron, Ramallah e Gerusalemme, ci sono stati almeno quattro casi di lancio di pietre da parte di palestinesi contro veicoli israeliani, con conseguente danneggiamento di due veicoli privati. Non sono stati segnalati feriti.
Il valico tra Gaza e l’Egitto, sotto
controllo egiziano, durante l’intero periodo di riferimento, è rimasto
aperto in entrambe le direzioni, consentendo l’ingresso in Gaza ad un
totale di 2.083 persone e l’uscita ad altre 4.375. Il valico è stato
continuativamente aperto dal 12 maggio: dal 2014, è il periodo di
apertura più lungo. Secondo fonti locali di Gaza, Rafah rimarrà aperto
fino a nuovo avviso.
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Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)
Nella notte tra il 19 ed il 20 giugno
c’è stata una progressione di attacchi aerei israeliani su Gaza e di
lanci di razzi palestinesi verso il sud di Israele; le operazioni si
sono concluse senza provocare vittime. Il 14 giugno, in una relazione
presentata al Consiglio di Sicurezza, il Segretario Generale delle
Nazioni Unite ha avvertito che la situazione a Gaza è “prossima al
limite della guerra”.
nota 1:
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