Domenica mattina il ministro della Difesa
[israeliano] Avigdor Lieberman si è nuovamente pronunciato contro gli
aiuti umanitari a Gaza.
In un’intervista alla radio
dell’esercito prima dell’incontro del comitato sulla sicurezza di
domenica su questo argomento, Lieberman ha definito l’ipotesi che misure
di aiuto umanitario condurrebbero alla cessazione del terrorismo
“allucinante e delirante”. Ma alla domanda di specificare che cosa
avrebbe consigliato precisamente a riguardo, ha eluso una chiara
risposta ed ha continuato ad esprimersi con slogan.
Lieberman, capo del partito Yisrael Beitenu [“Israele
Casa Nostra, partito di estrema destra nazionalista, ndtr], in un certo
senso ha ragione; le misure di aiuto umanitario qui e nella Striscia di
Gaza non sono una soluzione a lungo termine ad un problema che verte
essenzialmente sulle aspirazioni alla liberazione nazionale. Ma ha anche
torto e mente, perché sa molto bene che la posizione del suo governo,
propugnata dall’esercito e dal suo ministero, sostiene gli aiuti
umanitari affiancati a vari interventi di sostegno allo scopo almeno di
interrompere la violenza nella regione.
Ma è vero che la drammatica situazione economica a
Gaza non influisce sul livello delle minacce terroristiche? Dipende da
chi si interpella nel governo e da quanto sono negativi i sondaggi per
l’intervistato. Solo la scorsa settimana, durante la sua visita in
Europa, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha detto ai giornalisti che
l’escalation nella Striscia è dovuta allo strangolamento economico,
“chiaro e semplice”, come ha detto lui. Ovviamente Netanyahu accusa
Hamas e l’Autorità Nazionale Palestinese per la crisi, a causa degli
“enormi investimenti sotterranei” di Hamas, cioè i tunnel. Ma il
risultato, secondo il primo ministro, è che “stanno soffocando sul piano
economico e hanno deciso chiaramente e semplicemente di schiantarsi
contro la barriera (di confine).”
Netanyahu ha anche detto: “Stiamo esaminando varie
possibilità per prevenire una crisi umanitaria là [a Gaza]. Israele è
quello che fa di più e forse l’unico che si attiva su questo problema.”
L’ultima affermazione non è esatta; si stanno sollecitando sforzi
internazionali non meno che quelli israeliani per una soluzione e, a
differenza di Israele, i governi stranieri stanno anche investendo
denaro dei propri cittadini. Ma nei mesi scorsi Israele ha certamente
bussato ad ogni porta per raccogliere fondi per l’assistenza a Gaza. Per
esempio, a gennaio, durante una conferenza di emergenza a Bruxelles dei
Paesi e delle organizzazioni donatori verso i palestinesi, Israele ha
presentato un piano di emergenza per la ricostruzione umanitaria di Gaza
ed ha chiesto alla comunità internazionale di finanziarlo.
Il piano israeliano per salvare Gaza, che è stato
preparato sotto la guida del Coordinatore delle Attività di Governo nei
Territori – cioè dell’esercito, quindi dell’ambito di competenza di
Lieberman – comprende una proposta di costruzione di un impianto di
desalinizzazione, un impianto di depurazione, un impianto di raccolta
dei rifiuti, il potenziamento della zona industriale di Erez e altre
voci, per un costo totale previsto di 1 miliardo di dollari. Israele ha
proposto di fornire competenze tecniche e tecnologia per i progetti e di
avere maggiore flessibilità riguardo all’importazione di materiali “a
doppio utilizzo”, che potrebbero essere usati anche per atti di
terrorismo, a Gaza. Questo significa che ci può essere più flessibilità
nel blocco quando Israele lo decide. L’ex Coordinatore delle Attività di
Governo nei Territori, general maggiore Yoav Mordechai, ha detto più
volte in passato che “il problema è soprattutto di Hamas e dell’ANP, ma
ha un forte impatto su Israele. È una componente ulteriore della
concezione di sicurezza dell’esercito
La buona notizia, se così si può dire, è che anche il
pubblico israeliano sembra ormai capire la falsità di politici come
Lieberman e i suoi epigoni. In un’inchiesta condotta di recente
dall’israeliana “Meet the Press” [‘Incontra la stampa’, programma
televisivo di Canale 2 israeliano, ndtr.], come risposta alla domanda su
che cosa dovrebbe fare Israele riguardo alla Striscia di Gaza, il 41%
degli israeliani era d’accordo che Israele dovrebbe fornire “aiuto agli
abitanti della Striscia di Gaza”. Questo dato va raffrontato con il 28%
che ha detto che Israele dovrebbe “sconfiggere e rovesciare il governo
di Hamas”, il 18% che ha auspicato di “lasciare la situazione com’è”, e
l’11% senza un’opinione su una questione che influisce così pesantemente
sulle loro vite e su quelle dei loro vicini. E questa è la risposta
migliore ai politici populisti e incendiari: la gente non è sempre
stupida.
(Traduzione di Cristiana Cavagna)
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