Una
fotografia scattata il 1^ aprile mostra la paramedica palestinese Razan
al-Njjar mentre sta curando dei feriti in una tenda del pronto soccorso
durante le proteste a Gaza vicino al confine con Israele. Il 1^ giugno
Al-Najjar è stata colpita a morte da un cecchino israeliano mentre
prestava soccorso a dimostranti feriti vicino a Khan Younis.
Nel
corso dei loro continui attacchi indiscriminati contro i palestinesi
che partecipavano alle proteste della ‘Grande Marcia del Ritorno’ a
Gaza, svoltesi per 10 venerdì consecutivi, le forze di occupazione
israeliane hanno colpito a morte un medico volontario e ferito decine di
persone.
Venerdì
sera, quando è stata colpita a morte, Razan Ashraf Abdul Qadir
al-Najjar, di 21 anni, stava aiutando a curare ed evacuare dimostranti
feriti ad est di Khan Younis.
L’associazione
per i diritti umani “Al Mezan” ha affermato, citando testimoni oculari e
proprie indagini, che, nel momento in cui è stata colpita, lei si
trovava a circa 100 metri di distanza dalla barriera di confine con
Israele ed indossava un giubbotto che la identificava chiaramente come
paramedico. “Al Mezan” ha affermato che Al-Najjar è stata colpita alla
schiena.
Al-Najjar
era diventata famosa per il suo coraggio e perseveranza nel condurre la
sua opera di soccorso nonostante l’evidente pericolo.
In
precedenza era stata colpita dagli effetti dell’inalazione di gas
lacrimogeni e il 13 aprile si è rotta un polso mentre correva per
soccorrere un ferito. Ma Al-Najjar quel giorno si è rifiutata di andare
in ospedale ed ha continuato a lavorare sul campo.
“È mio dovere e mia responsabilità essere là ed aiutare i feriti”, ha detto ad Al Jazeera.
Ha anche reso testimonianza sugli ultimi momenti di vita di coloro che erano stati feriti a morte prima di lei.
“Mi
spezza il cuore il fatto che alcuni dei giovani feriti o uccisi abbiano
espresso le loro ultime volontà di fronte a me”, ha detto ad Al
Jazeera. “Alcuni mi hanno addirittura consegnato i loro effetti
personali (come dono) prima di morire.”
Al-Najjar
ha parlato del suo lavoro in una recente intervista televisiva che è
stata ampiamente diffusa sui social media dopo la notizia della sua
morte.
Molti utenti di Twitter, soprattutto di Gaza, hanno reso omaggio a al-Najjar.
I media palestinesi hanno diffuso immagini dei suoi familiari e colleghi che piangevano la sua morte.
Il
dottor Ashraf al-Qedra, portavoce del ministero della sanità di Gaza,
ha reso omaggio ad al-Najjar definendola una volontaria umanitaria
impegnata, che non ha abbandonato il suo posto fino al punto di
“offrirsi come martire”.
Mani alzate
[La foto qui sotto riprende Razan pochi
istanti prima di essere uccisa
da:http://www.globalist.it/world/articolo/2018/06/03/l-infermiera-palestinese-uccisa-dagli-israeliani-aveva-le-braccia-alzate-2025472.html
ndt]
Il camice bianco che al-Najjar indossava, mostrato da sua madre in questo video, presenta un foro nella parte posteriore.
In
una dichiarazione rilasciata sabato, il ministero della Sanità di Gaza
ha affermato che al-Najjar faceva parte di un’equipe medica che “andava
ad evacuare i feriti con entrambe le mani alzate, a dimostrazione del
fatto di non costituire alcun pericolo per le forze di occupazione
pesantemente armate.”
“Le
forze di occupazione israeliane hanno sparato proiettili veri
direttamente al petto di Razan ed hanno ferito parecchi altri
paramedici”, ha aggiunto il ministero della Sanità.
Dalla
dichiarazione del ministero della Sanità non risulta chiaro quante
volte al-Najjar sia stata colpita o in quale esatto punto della parte
superiore del corpo. Il ministero ha anche pubblicato un video che
mostra al-Najjar e i suoi colleghi che camminavano verso la barriera di
confine con le mani alzate poco prima che al-Najjar venisse colpita.
Sabato
il rappresentante speciale ONU per il processo di pace in Medio
Oriente, Nickolay Mladenov, ha twittato che “gli operatori sanitari non
sono un bersaglio. I miei pensieri e le mie preghiere vanno alla
famiglia di Razan al-Najjar.”
Tuttavia Mladenov ha omesso di condannare le azioni di Israele, invitandolo invece a “calibrare il suo uso della forza.”
Sabato
in migliaia hanno seguito il funerale di al-Najjar, mentre i colleghi
portavano il suo corpo coperto dalla bandiera palestinese e dal camice
macchiato di sangue che indossava quando è stata uccisa.
Attacchi ai medici
Al-Najjar
è il secondo soccorritore ucciso dalle forze israeliane dall’inizio
delle proteste della ‘Grande Marcia per il Ritorno’, il 30 marzo.
Secondo il ministero della Sanità di Gaza, più di altri 200 sono stati
feriti e 37 ambulanze sono state danneggiate.
Due settimane fa i cecchini israeliani hanno ucciso il paramedico Mousa Jaber Abu Hassanein.
Circa
un’ora prima che venisse ucciso, Abu Hassanein aveva aiutato a
soccorrere uno dei suoi colleghi, il medico canadese Tarek Loubani, che
era stato ferito da un proiettile israeliano.
In seguito Loubani ha raccontato al podcast di The Electronic Intifada
di essere stato colpito a una gamba mentre intorno a lui tutto era
tranquillo: “Nessun pneumatico in fiamme, niente fumo, niente gas
lacrimogeni, nessuno che si aggirasse davanti alla zona cuscinetto.
C’era solo una squadra medica chiaramente identificabile, ben lontana da
chiunque altro.”
Chirurghi di guerra
Secondo
“Al Mezan” questo venerdì, come tutti i venerdì, le forze israeliane
hanno sparato proiettili veri, proiettili ricoperti di gomma e
candelotti lacrimogeni contro i palestinesi lungo il confine est di
Gaza, ferendo circa 100 persone, 30 delle quali con proiettili veri.
“I
dimostranti non costituivano pericolo o minaccia alla sicurezza dei
soldati, il che conferma che le violazioni commesse da queste forze sono
gravi e sistematiche e si configurano come crimini di guerra”, ha
affermato l’associazione per i diritti umani.
Secondo
“Al Mezan”, dalla fine di marzo le forze israeliane hanno ucciso 129
persone a Gaza, compresi 15 minori, 98 delle quali durante le proteste.
Mentre
Israele venerdì continuava ad aumentare il tragico bilancio, il sistema
sanitario di Gaza si trovava già senza la possibilità di far fronte
all’affluenza di persone ferite dall’uso evidente di proiettili a
frammentazione, che provocano ferite terribili che richiedono
trattamenti intensivi e complessi e lasciano spesso le vittime con
disabilità permanenti.
Più
di 13.000 persone sono state ferite da quando sono cominciate le
proteste, comprese quelle che hanno inalato gas lacrimogeni. Delle oltre
7.000 persone che hanno subito danni diversi dai gas lacrimogeni, più
della metà sono state colpite da proiettili veri.
Giovedì
il Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) ha comunicato che
avrebbe fornito a Gaza due squadre di chirurghi di guerra e attrezzature
mediche, per sostenere un sistema sanitario che ha affermato essere
“sull’orlo del collasso”.
L’ICRC
ha detto che la priorità per la sua missione di sei mesi sarebbe stata
la cura delle vittime di ferite da arma da fuoco, tra cui circa 1.350
pazienti che avrebbero avuto bisogno da tre a cinque operazioni
ciascuno.
“Un
simile carico di lavoro potrebbe travolgere qualunque sistema
sanitario”, ha affermato l’ICRC. “A Gaza la situazione viene peggiorata
dalla cronica carenza di medicinali, attrezzature ed elettricità.”
“Baraccopoli infetta”
Le
continue proteste a Gaza hanno lo scopo di rivendicare il diritto dei
rifugiati palestinesi a ritornare nelle loro case e terre che sono ora
in Israele e di chiedere la fine dell’assedio israeliano del territorio,
che dura da oltre un decennio.
I
due milioni di abitanti di Gaza sono “imprigionati dalla culla alla
tomba in una baraccopoli infetta”, ha detto venerdì il responsabile dei
diritti umani dell’ONU Zeid Ra’ad al-Hussein in una sessione speciale
del Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani.
Zeid
ha anche detto al Consiglio che ci sono “ poche tracce” del fatto che
Israele stia facendo qualcosa per ridurre il numero delle vittime.
Ha
confermato che “le azioni dei dimostranti di per sé stesse non sembrano
costituire una minaccia immediata di morte o di ferite mortali tale che
possa giustificare l’uso di forza letale.”
Zeid
ha parlato al Consiglio quando esso stava prendendo in considerazione
una bozza di risoluzione per avviare un’inchiesta internazionale per
crimini di guerra a Gaza.
La
settimana scorsa il Consiglio per i Diritti Umani ha deciso con 29 voti
contro 2 di avviare un’inchiesta indipendente sulle violenze a Gaza.
Solo
gli Stati Uniti e l’Australia hanno votato contro l’inchiesta, ma
diversi governi dell’Unione Europea, inclusi Regno Unito e Germania,
erano tra i 14 astenuti.
‘Medical
Aid for Palestinians’, un’organizzazione benefica che ha fornito
assistenza di emergenza in mezzo al crescente disastro, e una dozzina di
altre organizzazioni, hanno criticato il rifiuto del governo britannico
di appoggiare un’inchiesta “per accertare violazioni del diritto
internazionale nel contesto delle proteste civili di massa a Gaza.”
Ma i tentativi di rendere Israele responsabile continuano, tra l’opposizione intransigente dei suoi sostenitori.
Venerdì
sera il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha votato su una
bozza di risoluzione proposta dal Kuwait, che deplora “l’uso eccessivo,
sproporzionato e indiscriminato della forza da parte delle forze
israeliane” e chiede “misure per garantire la sicurezza e la protezione”
dei civili palestinesi.
Ha
anche chiesto la fine del blocco di Gaza e deplorato “il lancio di
razzi dalla Striscia di Gaza contro zone civili israeliane.”
Dieci Paesi, inclusi i membri permanenti Russia e Francia, hanno votato a favore. Quattro, compresa la Gran Bretagna, contro.
Nonostante
avesse i voti sufficienti per essere approvata, la risoluzione è stata
resa vana dall’ambasciatrice USA Nikki Haley, che – come aveva promesso
di fare – ha posto il veto del suo Paese.
Poi
Haley ha proposto la sua bozza di risoluzione, che assolve Israele da
ogni responsabilità per la violenza a Gaza e attribuisce tutta la
responsabilità della situazione ad Hamas.
L’unico Paese che ha votato a favore sono stati gli Stati Uniti.
(Traduzione di Cristiana Cavagna)
Commenti
Posta un commento