Alberto Negri : [L’analisi] Anche Conte ha paura della Nato: troppi silenzi sulle colpe di chi ci ha messo nei guai
I senatori italiani come i cani di Pavlov: è scattato immediato
l’applauso dell’aula appena il presidente del Consiglio Giuseppe Conte
ha pronunciato la formula rituale della consunta repubblica del
Belpaese: “La convinta appartenenza all’Alleanza Atlantica, con gli
Stati Uniti d’America quale alleato privilegiato”. Da buon
cerchiobottista, per tranquillizzare lo scalpitante Salvini, ha
strappato un altro applauso quando ha annunciato che l’Italia promuoverà
“una revisione del sistema delle sanzioni alla Russia”. Tanto sappiamo
perfettamente che mentre il pilastro Nato non si scalfisce, per
rimuovere le sanzioni europee a Mosca ci vuole ben altro che
l’iniziativa italiana.
A sette anni dalla caduta di Gheddafi
non si trova in questo Paese un uomo politico al governo che dica
chiaramente chi ci ha messo nei guai: la Francia, gli Usa, la Gran
Bretagna e la Nato, che avevano persino minacciato di bombardare i
terminali dell’Eni. In poche parole nessuno è in grado di riconoscere
che la guerra in Libia del 2011 è stata la peggiore sconfitta italiana
dalla seconda guerra mondiale. Con Gheddafi sei mesi prima avevamo
firmato contratti miliardari e l’accordo sui migranti, diverso ma non
troppo da quello che la Germania ha voluto fare con Erdogan per i
profughi siriani.
Mancando un minimo di analisi non si
è quindi neppure in grado di trarre delle conclusioni di politica
estera che abbiano una qualche rilevanza effettiva.
Si continua a girare intorno al problema:
sono i nostri alleati che ci hanno destabilizzati. A questo si aggiunge
la grave insipienza di accodarsi nel 2011 ai raid della Nato contro il
regime libico: ne fossimo stati fuori oggi avremmo qualche argomento in
più da giocarci.
Ma il premier Conte che pure ha
parlato un’ora e mezza questa sintesi di poche righe non può farla: i
nostri governi cambiano soltanto per restare ancorati sempre alla Nato,
anche quando che ci bastona. Questo non significa uscire dall’Alleanza
Atlantica, il passaporto che ci consente di vendere le armi della nostra
industria bellica, ma almeno segnalare che non si è troppo contenti di
come sono andate le cose.
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Quanto agli Stati Uniti saranno pure
un alleato privilegiato ma non hanno detto una parola quando Erdogan ha
bloccato la nave Saipem che andava a fare legittime prospezioni
offshore a Cipro. E la Turchia, non dimentichiamolo, è un altro alleato
della Nato, alla quale però non si possono muovere rimproveri perché
ricatta l’Europa con i profughi e gli Usa sulla questione siriana,
usando la sponda di Putin e dell’Iran.
C’è un doppio standard nell’Alleanza Atlantica e abbiamo paura a dirlo:
la cancelliera Merkel può raddoppiare il Nordstream 2, la pipeline del
gas con la Russia, mentre il Southstream con Mosca dell’Eni-Saipem fu
fatto saltare dalle sanzioni per la crisi Ucraina e l’annessione della
Crimea nel 2014.
Vedremo cosa si diranno Conte e l’ineffabile Macron
che la scorsa settimana ha convocato un vertice all’Eliseo sulla Libia
con quasi tutti i principali protagonisti segnalando la volontà francese
di scalzare l’Italia dalla ex colonia: da difendere c’è per lo meno la
presenza delle aziende italiane, dall’Eni alle piccole e medie che
tradizionalmente lavorano sulla Sponda Sud.
E’ con questo spirito, con la coda
tra le gambe della Nato, che il nuovo governo italiano, non diversamente
da quelli che lo hanno preceduto, si prepara ad andare al G-7 del
Canada che inizia venerdì e si svolgerà a Charlevoix, in Quebec,
presieduto dal premier canadese Justin Trudeau.
Sul tavolo c’è la questione dei dazi
introdotti in maniera unilaterale dagli Usa su acciaio e alluminio
anche contro l’Unione europea ma pure quella delle sanzioni all’Iran che
bloccano 27 miliardi di commesse italiane. Siamo sicuri che come nelle
volte precedenti faremo un figurone per manifestazione di indipendenza e
sovranità.
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