Come Israele testa la sua tecnologia avanzata sui manifestanti palestinesi
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Daniel Hilton
18 maggio 2018, Middle East Eye
I candelotti lacrimogeni lanciati dai
droni israeliani hanno provocato il panico, causato molti feriti e
seminato morte durante le manifestazioni di questa settimana a Gaza e in
Cisgiordania.
Il divario tra i
manifestanti palestinesi e le forze israeliane è stato spesso paragonato
alla lotta di Davide contro Golia. Ormai Golia non ha nemmeno più
bisogno di scendere sul campo di battaglia.
Grazie ad una nuova invenzione,
l’esercito israeliano ha utilizzato piccoli droni per lanciare gas
lacrimogeni sulle manifestazioni dei palestinesi lungo il confine della
Striscia di Gaza con Israele e nella Cisgiordania occupata.
Visti per la prima volta all’inizio di
marzo, quando la catena libanese Al-Mayadeen ha filmato un gruppo di
manifestanti di Gaza presi di mira da uno di essi, i droni che
trasportano gas sono stati ampiamente utilizzati nelle manifestazioni di
lunedì e martedì nell’enclave costiera e nella Cisgiordania occupata.
Sembra che per lanciare gas vengano utilizzati tre tipi di droni.
Il primo, sviluppato dall’impresa
israeliana ISPRA e conosciuto col nome “Cyclone Riot Control Drone
System”, è un piccolo drone che trasporta una scatola contenente nove
cartucce in alluminio leggero che esplodono dopo il lancio.
Tuttavia sembra che siano stati
utilizzati da Israele altri due modelli, che secondo esperti
interpellati da MEE non sono mai stati visti prima.
Uno è un drone che libera gas
direttamente dall’apparecchio, come uno spray, spandendo una nube su
coloro che vi si trovano sotto.
L’altro, un dispositivo potenzialmente
molto più pericoloso, è un drone tipo elicottero che trasporta granate
esplosive in gomma con delle spirali metalliche che cadendo disperdono
il gas.
Secondo gli esperti interpellati da MEE,
quando le manifestazioni della ‘Grande Marcia del Ritorno’ hanno
raggiunto il loro culmine all’inizio di questa settimana, il terzo tipo
di drone è diventato quello di gran lunga più utilizzato.
Esso non sembra essere uno strumento sofisticato.
«E’ più sofisticato (di un drone
commerciale), non è qualcosa che si possa acquistare a buon prezzo su
Amazon, ma penso che sia abbastanza simile», ha dichiarato a MEE Itay
Mack, un avvocato per i diritti umani ed attivista israeliano che si
occupa delle esportazioni militari di Israele.
Il drone sembra essere dotato di un supporto a molla, che si apre per lasciar cadere un certo numero di candelotti lacrimogeni.
«Penso che la sicura dei candelotti
venga sganciata manualmente quando vengono fissati al supporto prima del
decollo», ha dichiarato a MEE James Bevan, direttore esecutivo di
‘Conflict Armament Research’.
Il supporto viene quindi rilasciato una volta che il drone si trova sulla zona su cui chi lo manovra intende sganciare il gas.
«Può trattarsi di una cosa semplice come
un perno retraibile attaccato a un servomotore, che è collegato ai
circuiti del drone», spiega Bevan. «È ciò che lo “Stato islamico” ha
utilizzato in Iraq e in Siria. »
Secondo Bevan, lo “Stato islamico” è
l’unico gruppo per il quale esistono prove concrete di utilizzo di
questi piccoli droni elicotteri in situazioni di combattimento,
soprattutto a Mosul (Iraq) e a Tall Afar (Siria).
«Constatiamo l’utilizzo di droni in
altri scenari, anche da parte di organizzazioni non statali, ma si
tratta di droni militari ad ala fissa », ha spiegato.
Nuova gittata, nuovo pericolo
Le manifestazioni di lunedì a Gaza
coincidevano con la cerimonia di inaugurazione ufficiale della nuova
ambasciata statunitense a Gerusalemme, mentre quelle di martedì
segnavano il 70^ anniversario della Nakba – o “Catastrofe” – durante la
quale 700.000 palestinesi furono espulsi dalle loro case nel 1948.
Durante questi due giorni 62 palestinesi
sono stati uccisi da proiettili veri o da gas lacrimogeni sparati dalle
forze israeliane che cercavano di reprimere le manifestazioni.
Il ministero della Sanità di Gaza ha
affermato che almeno 980 palestinesi, tra cui molti minori, sono stati
feriti dai gas lacrimogeni lanciati durante le manifestazioni di lunedì.
«Il problema dei candelotti lacrimogeni è che sono particolarmente pericolosi per i bambini e gli anziani.»
I droni hanno accresciuto il raggio
d’azione delle forze israeliane. Prima i candelotti lacrimogeni venivano
lanciati nella Striscia di Gaza da veicoli situati dal lato israeliano
della linea di confine.
La grande barriera che separa l’enclave
assediata da Israele limita la capacità dell’esercito israeliano di
lanciare il gas dall’altro lato del confine, diversamente dalla
Cisgiordania, dove i soldati sparano i candelotti con fucili
appositamente attrezzati.
Le forze israeliane raramente fanno
incursioni nella Striscia di Gaza, da cui si sono ritirate nel 2005,
mentre mantengono una presenza significativa nella Cisgiordania
occupata.
Questa nuova gittata consente agli
israeliani di prendere di mira delle zone lontane dall’area di
frontiera, quelle in cui è più probabile che vivano famiglie, minori e
anziani.
Il gas, una minaccia per le persone vulnerabili
Il gas può essere mortale in due modi: asfissia e dose eccessiva, a seconda dei prodotti chimici utilizzati.
Negli ultimi anni la morte di parecchi
palestinesi in Cisgiordania è stata legata all’inalazione di gas
lacrimogeno. Nel 2015 un bimbo di otto mesi è morto nel villaggio di
Beit Fajjar dopo che dei soldati hanno lanciato gas lacrimogeno sulla
sua casa.
Nel 2014 anche il ministro palestinese
Ziad Abu Ein è morto in seguito a complicanze legate all’inalazione di
gas lacrimogeno, dopo aver partecipato ad una manifestazione vicino al
villaggio di Turmusaya.
L’anno scorso un rapporto descriveva il
campo profughi di Aida, nel sud della Cisgiordania, come «la comunità
più esposta ai gas lacrimogeni al mondo.»
Durante le manifestazioni di questa
settimana nella Striscia di Gaza, è stata uccisa dai gas lacrimogeni
anche una neonata di otto mesi, Leila al-Ghandour. Sarebbe stata esposta
al gas mentre si trovava in un luogo di proteste lontano dalla barriera
di separazione israeliana, anche se, al momento in cui viene pubblicato
questo articolo, MEE non ha potuto verificare in modo indipendente le
circostanze della sua morte.
Proiettili sparati a caso
Anche se sono fatti di gomma, i
candelotti lacrimogeni sganciati dai droni sono pesanti e il loro
congegno a spirale è di metallo.
L’esercito israeliano è sottoposto a
regolamenti che vietano di prendere di mira direttamente le persone con
questi proiettili. I candelotti di gas sparati da fucili appositamente
adattati sono particolarmente pericolosi a breve distanza.
Anche i lancia-granate a lunga gittata e
di calibro 40 mm utilizzati da Israele sono considerati pericolosi in
quanto la precisione dei loro tiri è ridotta.
Un portavoce dell’‘Omega Research
Foundation’, un organismo che studia la fabbricazione, il commercio e
l’utilizzo delle tecnologie militari, di polizia e di sicurezza, ha
dichiarato a MEE che i droni potrebbero essere utilizzati per aumentare
la precisione del rilascio dei gas lacrimogeni.
«Da un punto di vista meramente tecnico,
i droni possono volare ad un’altezza che consente di lanciare in
completa sicurezza i candelotti e di mirare alle persone che
costituiscono una minaccia”, ha dichiarato il portavoce, che ha chiesto
di restare anonimo.
Tuttavia, sequenze video delle proteste
di questa settimana sembrano mostrare dei candelotti lanciati da grande
altezza, il che riduce la precisione ed aumenta il rischio di ferite
alla testa.
Una minaccia inesistente
Israele ha accusato a più riprese i
manifestanti di Gaza di cercare di oltrepassare la barriera di confine e
di piazzare degli esplosivi in territorio israeliano. Secondo Israele
l’impiego di proiettili veri e di gas lacrimogeni è giustificato dalla
minaccia che i manifestanti rappresenterebbero nel caso superassero la
barriera.
I droni possono «sorvolare certe zone e
sganciare lacrimogeni in settori dove non si vuole vi siano
manifestanti», ha dichiarato all’AFP [Agenzia France Presse] Micky
Rosenfeld, portavoce della polizia israeliana.
Tuttavia inviati di MEE presenti a Gaza e
in Cisgiordania ed anche video diffusi online portano a pensare che le
forze israeliane abbiano preso di mira aree lontane dalla zona di
confine e persone che non sembravano costituire una minaccia.
Lunedì un giornalista di MEE e parecchi
altri operatori dell’informazione sono stati colpiti dal gas lanciato da
un drone. La zona presa di mira era chiaramente occupata da molti
giornalisti e da veicoli che portavano una scritta “STAMPA” messa ben in
evidenza.
In un’altra sequenza video un drone
sgancia del gas su una tenda collettiva piena di donne e bambini, a
quanto pare situata a più di 450 metri dal confine.
Sembra che in certe situazioni il lancio
dei lacrimogeni dal cielo abbia seminato confusione e panico tra la
gente invece di disperderla verso altri luoghi.
Martedì, durante una manifestazione
vicino alla colonia israeliana illegale di Beit El, in Cisgiordania,
almeno quattro droni hanno sganciato gas direttamente sui manifestanti.
Secondo un manifestante di 20 anni, che
ha chiesto di parlare con MEE in forma anonima, « ne è derivato uno
stato di panico» quando in cielo sono apparsi i droni.
«La gente correva in tutte le direzioni
senza sapere dove andare, mentre i droni volavano sopra le nostre teste
in attesa di sganciare i gas lacrimogeni», ha detto a MEE.
«Gli israeliani hanno cominciato ad
utilizzare questi droni solo da qualche settimana. Agiscono in modo
indiscriminato e sono spietati.”
Secondo Gabriel Avner, un consulente
israeliano per la sicurezza, la politica condotta da Israele a Gaza si
discosta dai metodi abituali di controllo delle masse.
«La situazione a Gaza in questo momento è
completamente diversa da ciò che succede altrove (….). Loro [gli
israeliani] vi vedono una zona di conflitto di grandi dimensioni», ha
spiegato a MEE.
«C’è motivo di preoccuparsi in quanto le
regole di ingaggio siano rigide » ha detto, prima di aggiungere che
l’esercito israeliano avrebbe dovuto assicurarsi che i soldati fossero
ben addestrati a comprendere le potenziali conseguenze dell’introduzione
di questo tipo di nuove tecnologie.
Un «terrorismo degli aquiloni»
Tuttavia i droni non servono solo a lanciare gas lacrimogeni.
Alcuni palestinesi fanno volare degli
aquiloni dall’altro lato del confine, spesso con lo scopo di appiccare
incendi: questi aquiloni trasportano brace ardente per innescare incendi
boschivi in territorio israeliano.
Secondo il quotidiano israeliano
Haaretz, l’esercito israeliano si è rivolto a piloti di droni da
competizione per intercettare gli aquiloni servendosi delle eliche e dei
ganci attaccati agli apparecchi per tagliarne il filo e farli deviare.
Haaretz ha riferito che i droni che
intercettano gli aquiloni non sono pilotati da professionisti e possono
raggiungere una velocità di 110 metri al secondo.
Secondo il quotidiano, si sospettava che
uno degli aquiloni che ha raggiunto il lato israeliano della linea di
separazione trasportasse una bomba telecomandata.
Benché il congegno non sia esploso – i
pompieri dei servizi di polizia hanno affermato che forse si trattava di
una bomba difettosa o finta – il quotidiano ha ipotizzato che questo
episodio possa essere l’annuncio di una nuova fase di ciò che ha
descritto come un “terrorismo degli aquiloni” lungo il confine.
Molti di questi aquiloni sono comunque
inoffensivi, frequentemente utilizzati dai manifestanti per far
sventolare la bandiera palestinese.
Se non vengono intercettati dai droni, sono spesso abbattuti da spari di proiettili veri.
Tecnologie in vendita
Israele è uno dei leader mondiali della tecnologia dei droni.
Il suo uso di aerei senza pilota risale
alla fine degli anni ’70; all’epoca, erano utilizzati dall’esercito per
operazioni di controllo nel sud del Libano, prima di essere impiegati
ampiamente nel 1982 durante l’invasione di Israele del suo vicino
settentrionale.
Secondo Itay Mack, l’avvocato dei
diritti umani, Israele si è servito dei precedenti conflitti per mettere
in mostra le sue armi al fine di venderle.
Israele vende i suoi armamenti e
tecnologie a molti Paesi. Il mese scorso il ministero della Difesa
tedesco ha annunciato l’intenzione di firmare un contratto di un
miliardo di dollari con ‘Israel Aerospace Industries’ [“Industrie
aerospaziali Israeliane”, impresa pubblica e principale produttrice di
armi del Paese, ndtr.] per affittare degli aerei senza pilota.
Israele è stato oggetto di critiche per
aver venduto armi a governi che hanno pessimi precedenti in tema di
diritti umani, tra cui ultimamente la Birmania, che avrebbe acquistato
apparecchiature militari israeliane nell’ambito della sua operazione
contro la minoranza rohingya. L’attacco del governo birmano contro le
comunità rohingya è stato ampiamente descritto come una pulizia etnica.
A dicembre anche la società israeliana
“Global Group” ha venduto per parecchi milioni di dollari droni di
sorveglianza al governo del Sud Sudan, sotto assedio e a corto di
denaro.
Dopo lo scoppio della guerra civile nel
Paese nel 2013 le forze governative del Sud Sudan sono state accusate
dall’ONU di gravi violazioni dei diritti umani.
L’utilizzo di droni da parte
dell’esercito israeliano per sganciare gas a Gaza e in Cisgiordania
lascia intendere che i modelli venduti al Sud Sudan potrebbero anche
essere adattati per lanciare gas lacrimogeni o altri ordigni.
«I droni commerciali di maggiore
dimensione (…) sono ideati per trasportare un’intera gamma di carichi
(grandi telecamere per gli eventi sportivi, dispositivi per irrorare le
coltivazioni). Sono quindi concepiti per essere guidati a distanza a
seconda delle funzioni dei diversi carichi. Sarebbe molto facile da
impostare», ha detto James Bevan, di ‘Conflict Armament Research’.
Hanno contribuito a questo reportage Kaamil Ahmed, Tessa Fox e Hind Khoudary.
(Traduzione dal francese di Cristiana Cavagna)
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