Chiara Cruciati Da Gaza domani una flottilla di feriti e studenti
Domani sarà un altro “confine” ad essere sfidato, quello occidentale: il comitato della Grande Marcia del Ritorno ha annunciato per le 11 di domattina una “flottilla” da Gaza, la partenza di imbarcazioni con a bordo alcuni dei feriti, oltre 13mila, dell’esercito israeliano in queste settimane di proteste, ma anche studenti e laureati disoccupati. Rompere l’assedio via mare, è l’obiettivo, l’altro muro invisibile che chiude la Striscia attraverso l’attività della Marina israeliana che apre il fuoco su chiunque si avvicini al limite deciso da Israele, il mare oltre tre miglia nautiche dalla costa sebbene gli Accordi di Oslo pongano il limite a 20 miglia.
La barca, dice uno degli organizzatori Salah Abdul-Ali, porterà “i sogni del nostro popolo e la sua aspirazione alla libertà”. Ha poi chiesto le Nazioni Unite e le organizzazioni internazionali di proteggere i naviganti dal fuoco israeliano, i primi a tentare una simile iniziativa. “Gaza è diventata la più grande isolata prigione del mondo – ha continuato al-Ali dal porto a-Sayadin di Gaza – Non gode dei diritti minimi a causa del blocco israeliano. Le imbarcazioni porteranno un gruppo di pazienti, studenti e laureati senza lavoro via dalla Striscia di Gaza”.
Gruppi simbolici delle condizioni di vita nell’enclave palestinese dove il tasso di disoccupazione è alle stelle, al 44%, che sale tra le donne fino al 71,5% e tra i giovani fino a 29 anni, 61,9%. E dove il sistema sanitario è al collasso, quasi privo di medicinali ed equipaggiamento medico, una crisi che è stata aggravata dai 13mila feriti dei cecchini israeliani in due mesi, molti dei quali bisognosi di operazioni per impedire l’amputazione degli arti. I rapporti medici parlano di proiettili che si espandono nel corpo distruggendo i vasi sanguigni e i tessuti e costringendo spesso all’amputazione delle gambe, tra le più colpite – insieme alle braccia e al petto – dai soldati di Tel Aviv.
La flottilla da Gaza giunge in un periodo particolare, non solo a due settimane dalla strage di Gaza del 14 maggio, ma alla vigilia dell’ottavo anniversario del massacro della Mavi Marmara, l’uccisione di nove attivisti turchi che via mare tentarono di rompere l’assedio israeliano entrando a Gaza. Le unità speciali israeliane assaltarono la nave, uccidendo nove persone e arrestando le altre in acque internazionali. Un episodio che mai nessuno ha investigato e che la Turchia, dopo qualche anno di proteste, ha abbandonato accettando di normalizzare di nuovo i rapporti con Israele dopo scuse ufficiali e risarcimenti alle famiglie delle vittime.
In concomitanza il ministero della Difesa israeliano ha annunciato l’ennesimo muro, stavolta marino: Israele inizierà a costruire una barriera sul mare, nella zona nord di Gaza, un frangiflutti fortificato sormontato da filo spinato. L’obiettivo, dice il ministro Lieberman, è impedire infiltrazioni in territorio israeliano: “Questa è la sola barriera al mondo di questo tipo – ha detto – che bloccherà efficacemente la possibilità di infiltrazione in Israele via mare. Hamas perderà un’altra possibilità strategica dopo l’investimento di ingenti somme nel progetto”.
La barriera marina sarà lunga alcuni chilometri e dovrebbe essere completata entro la fine dell’anno. Non un progetto nuovo, secondo i media israeliani: era già stato pensato dopo Margine Protettivo, l’offensiva militare israeliana contro Gaza del luglio-agosto 2014 che uccise oltre 2.250 palestinesi. L’annuncio arriva mentre a Gaza tre palestinesi venivano uccisi da raid israeliani. Due di questi erano membri della Jihad islamica. Sono stati identificati: Hussein al-Amour, 25 anni, Abdul Haleem al-Naqa, 28, e Naseem Marwan al-Amour, 25. Nena News
Chiara Cruciati è su Twitter: @ChiaraCruciati
Commenti
Posta un commento