Macron fa il duro, Merkel si sfila,
Gentiloni la segue, May si mobilita. Le grandi manovre siriane, in
attesa dell'attacco, confermano che l'Europa si muove in ordine sparso,
senza una linea comune che non sia la condanna dell'uso di armi chimiche
e l'esigenza di un disarmo di Damasco. Italia e Germania da una parte,
Francia e Gran Bretagna dall'altra. Roma con Berlino si sfila da
iniziative militari, Parigi con Londra prepara l'azione.
"Abbiamo la prova che la settimana scorsa, dieci giorni fa, armi
chimiche sono state utilizzate, almeno del cloro, e che esse sono state
usate dal regime di Bashar al-Assad" ha detto il presidente francese,
Emmanuel Macron, intervistato in diretta da
TF1, riferendosi al
presunto attacco chimico di Douma che ha causato la morte di oltre 100
persone. "Quello che dobbiamo fare in Siria è una priorità, ma in nessun
caso la Francia provocherà un'escalation che possa minacciare la
stabilità della regione", ha proseguito il capo dell'Eliseo, chiarendo
che di voler "togliere la possibilità di utilizzare armi chimiche" al
regime siriano, affinché "mai più si debbano vedere le immagini atroci
viste in questi giorni, di bambini e donne che stanno morendo". Quanto
ai tempi di un eventuale intervento, il capo dell'Eliseo si è limitato
ad affermare che "ci sono decisioni che prenderemo quando lo riterremo
più utile ed efficace".
La cancelliera tedesca Angela Merkel ha escluso una partecipazione
tedesca ad un intervento militare. Berlino tuttavia, ha aggiunto, "vuole
assicurarsi che ogni sforzo venga fatto per dimostrare che questo
attacco con armi chimiche non è accettabile". E' "ovvio" che Damasco non
ha distrutto tutto il suo arsenale chimico, ha proseguito la
cancelliera, facendo riferimento agli impegni presi nel 2013.
Il 21 agosto di quell'anno piovvero "350 litri di gas sarin" sparati
con missili terra-aria. "Le armi chimiche sono state utilizzate contro i
civili, inclusi bambini, su relativamente larga scala", si legge nel
dossier. Un attacco particolarmente odioso, perché lanciato tra le 2 e
le 5 del mattino, con un clima 'favorevole', allo scopo di
"massimizzarne le conseguenze". I morti erano stati almeno 1.300.
Nell'autunno di quell'anno, dopo la strage di Goutha e le minacce di
ritorsione da parte della comunità internazionale, la Siria dichiarò di
possedere 1.328 tonnellate di armi chimiche e in base ad un accordo
mediato dalla Russia il governo si era impegnato a disfarsi di tutto il
suo arsenale. Il cloro, tuttavia, avendo anche un uso industriale, non
rientra nel novero delle armi a cui il regime siriano aveva accettato di
rinunciare. Il 4 gennaio 2016 l'Organizzazione per la proibizione delle
armi chimiche aveva annunciato che, con lo smaltimento degli ultimi 75
cilindri di floruro di idrogeno (Hf) presso l'impianto di Veolia in
Texas, era stata completata la distruzione dell'arsenale di Damasco.
A Bruxelles prevale la cautela, anche se confermano l'esistenza di
prove contro Damasco. "In base ai nostri rapporti la maggior parte delle
prove indicano che siano state usate armi chimiche in Siria
nell'attacco del fine settimana" afferma Maja Kocijancic, portavoce
della Commissione europea, che ha parlato di "un alto numero di civili
uccisi, comprese le famiglie che sono morte nei rifugi in cui si
nascondevano". Bruxelles è anche la sede della Nato. Il segretario
generale dell'Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg ha accusato
apertamente la Russia e l'Iran di fornire "un forte sostegno al regime
di Assad, che ha già usato le armi chimiche in passato" e li ha
"sfidati" a concedere "l'accesso pieno e senza ostacoli agli osservatori
internazionali
". La presenza di questi ultimi sul suolo
siriano potrebbe allontanare (anche se di poco) un eventuale attacco
americano in Siria. Durante la conferenza stampa nel quartier generale
dell'Alleanza a Bruxelles, Stoltenberg ha comunque fatto sapere che "i
responsabili
" dell'attacco a Douma devono essere "chiamati a
rispondere di ciò che hanno fatto". Sul sito web dell'alleanza si legge
che venerdì Stoltenberg incontrerà l'Alta rappresentante per la politica
estera dell'Unione europea, Federica Mogherini.
La partecipazione all'azione militare divide invece la Gran Bretagna.
Il leader dell'opposizione laburista britannica Jeremy Corbyn condanna
come "vergognoso" e "immorale" qualunque uso di armi chimiche in Siria,
ma dice 'no' ai piani di un'azione militare immediata a guida Usa,
invocando piuttosto un'indagine dell'Onu e una risposta multilaterale
per fermare gli orrori del conflitto siriano. "Più bombe e più uccisioni
non salveranno vite umane, ma spargeranno la guerra altrove", ammonisce
Corbyn a un evento del Labour oggi a Derby. Il leader laburista critica
poi i proclami via Twitter del presidente Donald Trump e insiste nel
chiedere un dibattito parlamentare prima dell'ok a una partecipazione
britannica agli attacchi Usa: ok che la premier Theresa May vuole invece
limitarsi a quanto pare a ottenere dal consiglio dei ministri. Nella
notte di ieri si sono mossi dalla Gran Bretagna due sottomarini in grado
di lanciare missili da crociera. I britannici dispongono anche i
cacciabombardieri Tornato e Typhoon nella base di Akrotiri a Cipro, ma
sono vulnerabili alle difese anti-aeree russe. I sottomarini sono invece
molto difficili da colpire.
In Siria nel frattempo Bashar al Assad continua ad avanzare,
conquistando Douma. Il presidente ha parlato per la prima volta questa
mattina all'agenzia di Stato
Sana. "Quando siamo vicini alla
vittoria sul campo - ha detto - alcuni Stati occidentali alzano la voce e
agiscono nel tentativo di cambiare il corso degli eventi. Queste voci e
queste possibili azioni non fanno altro che aumentare l'instabilità
nella regione e minacciare la pace". Assad ha visitato una scuola e
smentendo così le voci che lo davano in fuga da Damasco. Il presidente
siriano sarebbe stato trasferito in luogo sicuro e lo scudo di difesa è
mobilitato.
Nel frattempo, il ministero della Difesa di Mosca ha chiesto al
Pentagono le coordinate dell'attacco. La marina russa ha limitato l'area
vicino alla costa della Siria: sarà chiusa alla navigazione nei giorni
11-12, 17-19 e 25-26 aprile dalle 10 alle 18 ora di Mosca. In Siria,
intanto, le navi russe hanno lasciato la base di Tartus per "ragioni di
sicurezza". Il capo della Commissione Difesa della Duma, Vladimir
Shamanov – riporta l'I
nterfax – la definisce "una pratica di
routine. Se c'è una minaccia di attacco le navi all'ancoraggio devono
muoversi in modo che un missile non possa distruggere più di una nave".
Secondo media internazionali dalla base si sarebbero mosse 11 unità.
Oggi nel Mar Mediterraneo vi sono circa 15 navi da guerra e navi che
forniscono la flotta del Mar Nero. Nessun mezzo russo "dovrebbe finire
sotto il fuoco" americano, hanno riferito fonti di Mosca, indicando che
altrimenti "le conseguenze saranno catastrofiche".
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