Possiamo dire che la “Marcia del Grande Ritorno” a Gaza, sia una cinica
forma di propaganda di Hamas: un tentativo di dare un senso alla sua
esistenza. Possiamo anche affermare che il solo metodo di governo del
movimento islamico, l’ala palestinese della Fratellanza, sia la guerra
permanente a Israele: cioè il suicidio del popolo palestinese. E
dobbiamo ricordare che il poco che passa dalle maglie della gabbia
israeliana su Gaza sia usato da Hamas per costruire tunnel sotto Israele
e non case. In qualche modo la morte di tanti ragazzi uccisi dal tiro a
segno israeliano, è il carburante del gioco perverso di Hamas.
E’ noto che anche che nello scontro inter-palestinese l’Autorità
palestinese di Ramallah – cioè Fatah, cioè l’Olp – ha tagliato gli aiuti
internazionali che spettano a Gaza, aggravando la situazione umanitaria
nella striscia. E’ ugualmente accertato che anche a Ramallah l’Autorità
palestinese sia incapace di esprimere una nuova leadership, limitandosi
a sopravvivere al progressivo esaurirsi delle forze e della salute del
vecchio Abu Mazen.
E’ tutto vero. Ma anche i comportamenti peggiori dei palestinesi,
anche la loro infinita predisposizione all’autolesionismo, non cambiano
il cuore del conflitto: in questa vicenda senza fine esiste un occupante
ed esiste un occupato. E’ vero, Gaza era stata liberata nel 2005 col
risultato di vedere la striscia trasformata in una rampa di lancio di
razzi verso Israele. Ma due milioni di persone, la gran parte dei quali
figli, nipoti e pronipoti di profughi, chiusi in una gabbia di 365
chilometri quadrati, non possono che produrre odio, irrazionalità ed
estremismo.
Ma Israele – sostiene chi pensa sia giusto che i cecchini
dell’esercito sparino quanto vogliono sui giovani palestinesi – è una
democrazia. Anche questo è evidente: gli israeliani hanno saputo
sbattere in galera un presidente per molestie sessuali e un primo
ministro per corruzione. Tuttavia è una democrazia etnica (o religiosa),
non civile: serve solo i suoi cittadini ebrei, non anche gli altri. A
che genere di democrazia appartiene la ministra della Giustizia
d’Israele, quando sostiene che la Corte suprema deve trovare i modi
legali per favorire i diritti degli ebrei sui diritti umani degli altri?
Il 20% della popolazione d’Israele è araba.
Ad eccezione degli anti-israeliani a prescindere, quelli con le fette
di salame sugli occhi, atterrando all’aeroporto di Ben Gurion nessuno
può dubitare di arrivare nello stato degli ebrei: la bandiera, lo stemma
nazionale, i soldati, la gente, la lingua, le pubblicità e le insegne
stradali. Salendo verso Gerusalemme su questi ultimi il nome della città
è scritto in tre lingue: ma quella in arabo non dice al-Quds, il nome
arabo della città. Vi è scritto Yerushalayim in caratteri arabi. Cosa
altro vuole questo governo israeliano nella sua pretesa di ottenere ciò
che già possiede, cioè uno stato ebraico?
Tra settembre e ottobre ad ogni Rosh Ha-Shanah, il capodanno ebraico,
gli israeliani si contano: quanti vivono in Israele, quanti askenaziti e
sefarditi, quanti sono e dove vivono gli ebrei della diaspora. Neanche
una ventina d’anni fa Tel Aviv ha superato New York come la città col
maggior numero di ebrei al mondo. E tutti constatano che Israele
settant’anni dopo la sua nascita continua ad essere l’ultima spiaggia
per gli ebrei. Vi emigrano soprattutto quelli in pericolo, dove per una
ragione o per l’altra l’assimilazione è fallita: gli ebrei russi dopo la
caduta dell’Urss, gli argentini per il crollo del peso, i francesi per
la recrudescenza di antisemitismo.
A maggio Israele compirà Settant’anni e sarà un’altra occasione per
contarsi. Un numero tuttavia, decisivo per il futuro di Eretz Israel, è
già stato presentato a fine marzo alla Commissione Esteri e Difesa della
Knesset. Lo ha illustrato l’Amministrazione civile, cioè i militari che
regolano il governo nei territori occupati. Fra il Mediterraneo e il
fiume Giordano (Israele più territori occupati) ebrei e arabi sono già
demograficamente alla pari: 6,5 milioni i primi e 6,5 i secondi. E non
si tiene conto dei due milioni di palestinesi a Gaza. Presto gli arabi
saranno più numerosi degli ebrei.
Per poter continuare il furto di terre arabe, allargare gli
insediamenti ebraici e – eventualmente – sparare per uccidere in
manifestazioni che non sono un pericolo per la sicurezza dello stato,
l’attuale governo di estrema destra ha le sue idee: ai palestinesi che
stanno per diventare maggioranza, saranno concesse le libertà
individuali ma non quelle civili.
Questa democrazia etnica e non civile assomiglia sempre più a quella
polacca, secondo la quale ad Aushwitz si parla troppo delle vittime
ebree ma non abbastanza di quelle polacche (un altro bel modo per
affermare l’unicità etnica dello stato polacco: gli ebrei polacchi erano
altro). Assomiglia all’Ungheria di Orban che organizza un piccolo
pogrom nazionale contro l’ebreo Soros. Europei che dimenticano la loro
storia. E Bibi? Volendo deportare i profughi del Sud Sudan e
dell’Eritrea, lui e il suo governo tribale non stanno forse dimenticando
qualche tragico dettaglio della storia del popolo ebraico?
http://www.ispionline.it/it/slownews-ispi.it
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