Il ministro delle finanze Moshe Kahlon ha sviluppato legami diplomatici più profondi con Ramallah di quanto non voglia rivelare.
La
tensione dei giorni di rabbia che seguirono il riconoscimento da parte
dell’America di Gerusalemme come capitale di Israele rimane palpabile. I
palestinesi hanno tagliato del tutto i rapporti con l’amministrazione
Trump. Un accordo di pace sembra più lontano che mai. E un anziano
ministro israeliano è entrato a passo di marcia nella Muqata [il
quartier generale dell’ANP ndt] a Ramallah e, con un grande sorriso sul
volto, ha dichiarato in arabo “Rahat a-Quds!” (“Avete perso
Gerusalemme!”)
In un altro luogo e in un altro tempo, questo sicuramente sarebbe stato un casus belli,
ma in questa storia, che è accaduta alla fine del mese scorso, i
presenti hanno risposto divertiti e tolleranti e hanno stretto la mano
al loro ospite – il ministro delle finanze e membro del gabinetto di
sicurezza Moshe Kahlon.
Non
era la prima visita di Kahlon a Ramallah, né il suo primo incontro con
alti funzionari dell’Autorità Nazionale Palestinese. Il suo gesto è
stato accettato con leggerezza perché hanno familiarità con lo stile
diretto ma accattivante di Kahlon. Da quando è diventato ministro delle
finanze, questo ex membro del Likud – che ora guida un partito, Kulanu,
che non ha una chiara agenda diplomatica – è riuscito a sviluppare un
canale riservato con la leadership palestinese. In primo luogo è stato
per la cooperazione economica e il coordinamento sotto l’egida del
sistema della sicurezza, mentre in seguito sono state affrontate altre
questioni, mosse dall’abbraccio dell’orso americano. In sostanza, poiché
i palestinesi hanno dichiarato che non siederanno al tavolo dei
negoziati se Washington resta il mediatore, Kahlon è attualmente l’unico
canale diplomatico attivo.
Alcuni
funzionari palestinesi si riferiscono a lui con ironia come ministro
del campo profughi, perché durante uno dei suoi incontri ha raccontato
della difficile infanzia nei quartieri popolari di Givat Olga. Le sue
conversazioni sono inframmezzate dall’arabo che ha imparato dai genitori
tripolitani. Questo dettaglio ha attirato l’attenzione delle agenzie di
stampa straniere, che lo hanno etichettato come “l’oratore arabo che
potrebbe guidare Israele”. Solo Kahlon comprende veramente l’arabo: così
hanno raccontato ad Haaretz persone al corrente di questi incontri, con
una frecciata chiaramente rivolta al ministro della Difesa Avigdor
Lieberman, ma si affrettano ad aggiungere che l’arabo di Kahlon è molto
semplice e le sue conversazioni con i funzionari dell’Autorità Nazionale
Palestinese sono condotte con l’aiuto di interpreti o in inglese.
Sebbene
questi incontri non siano mai stati veramente segreti, anche se tutti i
dettagli non sono noti, il presidente di Kulanu si sforza molto di
nascondere questo aspetto del suo lavoro. Su tutti i suoi vivaci social
network, tra le centinaia di annunci sui nuovi benefici finanziari e le
immagini della anziana madre (che vive ancora a Givat Olga), troverete
solo una manciata di riferimenti agli affari diplomatici o di sicurezza
in generale e ai suoi legami con Ramallah in particolare. Non è una
coincidenza, ovviamente. Kahlon è orgoglioso del suo lavoro in
quest’area, ma ha anche paura di erodere la propria immagine di destra.
‘Misure restrittive’
I
contatti sono iniziati quando ha assunto il Ministero delle Finanze nel
2015, con una telefonata dal suo omologo palestinese Shukri Bishara,
che ha portato a un incontro a cui ha preso parte anche il Ministro per
gli affari civili dell’ANP Hussein al-Sheikh. Questo non era un gesto
insolito né una dimostrazione di buona volontà. Con il Protocollo di
Parigi che regola le relazioni economiche tra Israele e ANP – che è
stato perfino aggiornato nel 2012 dal primo ministro Benjamin Netanyahu,
il quale ha dichiarato che era finalizzato a “sostenere la società
palestinese e a rafforzare la sua economia” – Israele è obbligato a
coordinare varie attività economiche con l’ANP, compreso il
trasferimento delle imposte raccolte da Israele per conto dell’Autorità
Nazionale Palestinese.
Nel
corso degli anni, i governi israeliani hanno tenuto in ostaggio questi
fondi palestinesi, ritardando o congelando il loro trasferimento come
forma di pressione o di punizione. Stando così le cose, anche una
decisione che regoli il trasferimento di fondi diventa una decisione
diplomatica significativa, com’è la decisione del livello dei funzionari
che partecipano alle riunioni. I colleghi di Kahlon dicono che anche il
precedente ministro delle finanze, Yair Lapid, aveva incontrato Bishara
nelle stesse circostanze, ma la relazione non fu mai così e non si
riuscì ad affrontare [il problema] dei debiti.
Nel
2017 Kahlon ha iniziato a incontrare anche il primo ministro
palestinese Rami Hamdallah, con il beneplacito e la benedizione di
Netanyahu. I due si sono incontrati tre volte a Ramallah e si prevede
che terranno un altro incontro a Gerusalemme. I due, insieme ai propri
collaboratori, si connettono anche telefonicamente. A questi incontri
parteciperà il Coordinatore delle attività del governo nei Territori, il
generale Yoav Mordechai, che è responsabile anche dei meccanismi del
coordinamento finanziario e della sicurezza. A volte ha partecipato
anche il capo dell’intelligence palestinese Majid Faraj.
In
assenza di un autentico processo diplomatico, le Forze di Difesa
israeliane si sono da tempo concepite come l’adulto responsabile,
mantenendo aperti i canali di dialogo con la Cisgiordania e Gaza nella
maggior parte dei settori vitali. Ciò è sempre rappresentato come uno
sforzo per mantenere il controllo sulla sicurezza. L’esercito ritiene
che le misure di costruzione della fiducia siano un modo significativo
per prevenire proteste violente. “Misure restrittive”, le chiamano gli
alti funzionari della sicurezza.
Di
tanto in tanto l’esercito coinvolge anche i politici, e Kahlon era un
candidato perfetto. Il suo nuovo partito era sufficientemente libero dai
tradizionali lacci politici, ha manifestato il desiderio di essere
coinvolto e possiede un certo fascino personale. E poi, non aveva
esperienza diplomatica. Gli incontri iniziati nel quadro degli Accordi
di Oslo sono proseguiti, sotto la direzione di Mordechai, su altre
questioni, principalmente l’accordo per risolvere il debito
dell’Autorità Nazionale Palestinese verso l’Israel Electric Corp. e per
regolare il settore energetico dell’Autorità Nazionale Palestinese,
accordo che Kahlon ha firmato nel settembre 2016 e che includeva
complesse garanzie e disposizioni.
Il
primo incontro fra Kahlon e Hamdallah è avvenuto nel mese di giugno
2017 a Ramallah, quando hanno condiviso il pasto iftar che rompe il
digiuno del Ramadan. Erano passati più di 10 anni da quando un
funzionario israeliano di così alto livello aveva visitato il territorio
dell’Autorità Nazionale Palestinese. Da allora le discussioni tra i
loro staff hanno toccato questioni come facilitare le condizioni per le
costruzioni palestinesi nell’area C della Cisgiordania, che è sotto il
completo controllo israeliano, o gli insediamenti, la situazione a Gaza,
la riconciliazione tra le fazioni palestinesi e il terrorismo.
Ma
i temi principali sono stati quelli economici, questioni come aumentare
il numero di palestinesi che possono lavorare in Israele; affrontare la
crisi idrica e fognaria; il potenziamento della copertura per i
cellulari; l’installazione di un sistema informatico comune che
bloccherebbe l’evasione fiscale ai terminali commerciali; la
regolamentazione delle pensioni per i lavoratori palestinesi in Israele;
l’ipotesi di una zona industriale congiunta nell’insediamento di Betar
Illit che impiegherebbe 2.000 lavoratori ultraortodossi e palestinesi;
un terminale di carburante; i risarcimenti da Israele alle banche che
forniscono servizi all’ANP, in base alle leggi internazionali contro il
riciclaggio di denaro sporco, e un fondo comune che sarà finanziato con
le tasse di gestione che Israele raccoglie sulle imposte della ANP, che
saranno utilizzate per incoraggiare iniziative congiunte ad alta
tecnologia. (“Diciamo che un’azienda di Ra’anana che voglia lavorare con
una compagnia di Ramallah otterrà dei finanziamenti”, dicono le fonti).
Fonti
a conoscenza del contenuto degli incontri hanno detto ad Haaretz che,
durante una delle discussioni sull’eliminazione dei debiti di
riscossione, è scoppiato un litigio sull’ammontare totale. I palestinesi
non avevano fatture da presentare, quindi le due parti si sono
accordate sullo stesso importo dell’anno prima. Durante la discussione
Kahlon gli ha detto: “Mi hanno riferito che non ci sono soldi per
medicine o insegnanti. Vengo da una casa dove non si toglie il cibo di
bocca ai bambini, e non importa se sono ebrei o palestinesi “. Questo
commento ha facilitato il resto della conversazione.
Ma
alcuni funzionari palestinesi sono meno entusiasti. Dicono che il
rapporto con Kahlon è totalmente professionale e deriva dalla necessità
di gestire gli accordi economici con Israele. Gli alti funzionari
dell’ANP sottolineano che non hanno inclinazioni fra chi gestisce i
contatti con loro, purché non sia un colono. Dicono che i palestinesi
“comuni” preferirebbero tagliare tutti i contatti con Israele, ma non
capiscono che l’ANP non può farlo perché ha degli obblighi.
Poco
dopo che Donald Trump ha prestato giuramento come presidente degli
Stati Uniti, il suo inviato speciale in Medio Oriente, Jason Greenblatt,
si è inserito in questa relazione complessa e in via di sviluppo.
Cominciò a incontrare Mordechai e in seguito capì il ruolo che stava
giocando Kahlon. Il perseguimento della “pace economica” era qualcosa
che Greenblatt aveva sempre sostenuto, ma la sua importanza crebbe
quando divenne l’unica opzione sul tavolo a causa della brusca
interruzione voluta dal presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese
Mahmoud Abbas.
Greenblatt
e il segretario al tesoro degli Stati Uniti Steven Mnuchin hanno
incontrato Kahlon alcune volte e hanno iniziato a insistere per
aumentare la cooperazione e ottenere risultati. Le poche immagini
disponibili di questi incontri si trovano sull’account Twitter di
Greenblatt, che in qualche misura ha spesso portato entrambe le parti
fuori dall’armadio dove avrebbero preferito rimanere nascosti.
Il
secondo incontro Kahlon-Hamdallah, svoltosi in ottobre, è stato tenuto
segreto fino a quando non è stato rivelato dalla Radio dell’esercito. I
due, con l’incoraggiamento americano, hanno discusso di aumentare le ore
di apertura dell’Allenby Bridge e degli altri valichi della
Cisgiordania da e verso la Giordania..
Più o meno nello stesso periodo, una delegazione guidata dal direttore
generale del ministero delle Finanze, Shai Babad, ha visitato la nuova
città palestinese di Rawabi per far avanzare la pavimentazione di una
strada di accesso alla città. Il ministro dell’Economia e dell’Industria
Eli Cohen, anch’egli [membro] di Kulanu, ha visitato la Cisgiordania
per mandare avanti la creazione di una zona industriale congiunta.
Successivamente, Cohen si è anche incontrato a Parigi con il suo omologo
palestinese, Abeer Odeh.
A
gennaio Kahlon è apparso con rappresentanti americani e palestinesi in
un servizio fotografico per l’inaugurazione di una nuova postazione di
controllo con scansione presso il ponte Allenby, acquistata con gli
aiuti europei. Alla cerimonia, Kahlon ha detto: “Sono arrivato al
ministero delle finanze dopo che c’era stato un lungo blocco nelle
relazioni tra Israele e l’Autorità Nazionale Palestinese. Abbiamo deciso
di assumerci le nostre responsabilità e portare avanti una serie di
progetti comuni. Il progetto che stiamo inaugurando qui è un esempio di
come una piccola cosa può operare un grande cambiamento. Abbiamo molti
progetti per continuare la cooperazione economica con l’Autorità
Nazionale Palestinese”.
Le
fonti israeliane, tuttavia, minimizzavano il significato del progetto
Allenby. “Non ci sarà più passaggio lì, ma gli americani volevano un
risultato subito”, ha detto uno.
Durante
il suo terzo incontro con Hamdallah, dopo il riconoscimento degli Stati
Uniti di Gerusalemme come capitale di Israele, Kahlon era già diventato
un canale significativo nelle comunicazioni tra l’amministrazione e i
palestinesi. “Tornate a negoziare con gli americani, sono l’unico
mediatore onesto nella regione”, avrebbe all’epoca detto Kahlon.
Sia
Netanyahu che Abbas sono consapevoli di ciò che accade in questi
incontri; a volte viene riferito anche agli altri membri del gabinetto
di sicurezza. Avere là Kahlon, davanti e di fronte, fa bene a tutti.
Quando c’è qualcosa di cui vantarsi, Netanyahu, che per anni ha promosso
l’idea di “pace economica”, può farsi bello con l’amministrazione
americana. Quando c’è una critica da destra, può dare la colpa a Kahlon.
Ma
come sta progettando Kahlon di mantenere questo suo nuovo ruolo? Non è
emerso alcun progetto diplomatico, nemmeno parziale. L’uomo che in
passato ha detto a un intervistatore che la pace con i palestinesi
potrebbe anche iniziare con “concorsi di cucina”, come per la diplomazia
del ping-pong del presidente statunitense Richard Nixon, sta
acquistando una significativa esperienza diplomatica, ma sta mantenendo
le sue conclusioni per se stesso.
Né gli uffici di Kahlon né quelli di Hamdallah hanno reagito a questo articolo.
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Ci sono più di 500.000 coloni israeliani che vivono in 237 insediamenti nella Cisgiordania occupata, inclusa Gerusalemme est. Israele impedisce ai palestinesi lo sviluppo delle aree designate per i Consigli regionali dei coloni che costituiscono il 70% della cosiddetta Area C, cioè della parte di Cisgiordania soto il controllo militare ed amministrativo israeliano (fonte: HRW).
joimag.it Né Ashkenaziti né Sefarditi: gli Ebrei italiani sono un mistero - JoiMag Ashkenaziti, Sefarditi, Mizrahim, ma anche Bukhari, Falashà e Romanioti. Sono numerosissimi i gruppi che compongono la Diaspora ebraica. Tuttavia gli Ebrei italiani, gli Italkim, rappresentano un’eccezione unica e con una grande storia. Spesso si sente parlare di due categorie di Ebrei: Ashkenaziti e Sefarditi . Alcuni alludono anche a un terzo gruppo, i Mizrahim , per indicare gli Ebrei che vivevano in quei territori che oggi sono Iraq, Siria, Yemen, Iran, Georgia e Uzbekistan. Ma questa divisione in gruppi può risultare molto più complicata di quello che può sembrare a un primo sguardo. Ci sono tre modi di intendere la classificazione degli Ebrei; uno di questi si basa sulla geografia. Questo approccio applica l’etichetta “Ashkenazita” agli Ebrei che hanno gli antenati che provengono dal territorio che nella letteratura rabbinica medievale era chiamato
Muri di campagna. Bilal Jado è un ragazzo palestinese di 21 anni, alto e forte. Vive in una fattoria alle porte di Betlemme, in mezzo alla campagna e agli animali, dove la sua famiglia risiede da generazioni. Il viso di Bilal s’illumina quando mostra orgoglioso le terre coperte di ulivi dove è nato, ma s’incupisce quando indica il muro. Alto, freddo, grigio. Il muro di separazione che il governo israeliano ha cominciato a costruire nell’estate del 2002 è apparso all’improvviso nella vita di Bilal e della sua famiglia. “Ovviamente, sapevamo quello che stava succedendo, ma non pensavamo che sarebbe arrivato così presto”, racconta Bilal. “Una mattina sono venuti qui alcuni uomini in abiti civili. Hanno annunciato alla mia famiglia che i lavori per la costruzione della barriera stavano per cominciare nella campagna attorno a casa nostra. Hanno offerto un indennizzo per abbandonare la terra dove tutti i miei familiari ed io stesso siamo nati. La sera mio padre ci ha riuniti tut
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