Stesso discorso per l’hacker russo (sempre Cremlino, sempre Putin, ovvio) che avrebbe rubato le mail di Hillary Clinton. Siete andati oltre i titoli, avete letto gli articoli? Sarebbe successo questo:
l’hacker del Gru (servizi segreti militari russi) riesce a violare i
server della Clinton. Poi, compiuta l’intrusione, con lo stesso computer
e dalla stessa sede centrale del Gru a Mosca, ma dimenticando di usare
il programma che cela la sua identità elettronica, si mette a surfare su
Internet e addirittura entra in Twitter (Twitter, mica nel dark web) dove si fa pescare dall’Fbi.
Secondo voi è “highly likely” che un militare-informatico esperto dei
servizi segreti russi e impegnato in una simile missione faccia una
coglionata di questo genere?
Certo che no. E infatti gli stessi giornali raccontano queste favole con aria stanca, sapendo che sono balle. Avendo
perfetta coscienza che tutti, i russi come gli americani, gli inglesi e
anche noi italiani, spiano, intrigano, trafugano, origliano ovunque
possono. Però sui russi le raccontano. Perché tutto ciò serve a tenere
in piedi quello che Harari chiama “ordine” e che, a sua volta, è
l’architrave di questo nostro mondo.
Per andare avanti con la globalizzazione, il dominio dei
mercati finanziari e il controllo delle risorse naturali del pianeta,
abbiamo bisogno di raccontarci che siamo il centro del mondo. E
che lo siamo non perché siamo i più forti ma perché siamo i migliori, i
“buoni”. E che se rischiamo di non essere più il centro del mondo (con
la sgradevole conseguenza di dominare e controllare un po’ meno, e di
rimetterci qualche soldino) è perché i “cattivi” complottano contro di noi. Traduzione: poiché la Russia ci manda un po’ di carte a quarantotto, dal Medio Oriente all’Ucraina, è chiaro che complotta. Russiagate, Skripal, Brexit, Catalogna, vittoria di Lega Nord e M5S in Italia, no? Dunque va combattuta, in nome ovviamente del bene.
È la funzionalità per il sistema a tenere in piedi una narrazione che, di per sé, in piedi non starebbe.
E che vive di inesausta ripetizione, poiché prove convincenti dei vari
complotti, dopo anni di martellamento, non se ne sono viste. Basta
osservare quanto avviene in queste ore in Italia, dove un
Governo in carica solo per l’ordinaria amministrazione (come il premier
Gentiloni ha voluto chiarire anche su Twitter) prende un provvedimento
straordinario espellendo due diplomatici e giudicandoli spie.
Cosa che lo pone in rotta di collisione con un partner economico e
commerciale storico come la Russia, che infatti lo definisce un “atto
ostile”. Cosa che, almeno in teoria, ci mette nel mirino dei missili
russi, visto che noi abbiamo in casa decine di testate atomiche Usa e
Nato. E il Governo defunto che prende una simile decisione ai
propri cittadini come unica spiegazione dice che bisognava stare con gli
altri, gli americani, gli europei, l’Alleanza Atlantica. Di fatto ammettendo che non ci crede nemmeno lui ma che non poteva (o non aveva le palle per) tirarsi indietro.
Come detto prima, è sicuro che la Russia spia, come spiano tutti gli
Stati che spendono soldi per un servizio segreto. Oggi, però, il
problema è un altro. A sentir parlare di armi di distruzione di
massa (gas nervino) tornano alla mente ricordi nemmen tanto vecchi. Di
quando gli stessi giornali, e spesso gli stessi “esperti”, tali armi le
avevano localizzate per certo in Iraq. Di quando un ex
generale, in quel momento segretario di Stato Usa, andava sventolando
all’Onu provette di borotalco spacciandole per antrace. E di quando la
Casa Bianca faceva circolare la lista dei “Paesi canaglia”: Afghanistan,
Siria, Iraq, Libia e Iran. Paesi che, guarda combinazione, nel
frattempo sono stati distrutti. Ecco, non si vorrebbe che il can can
attuale servisse da distrazione di massa per spuntare l’unica voce di
quella lista che ancora non è stata piallata.
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