Per
il nuovo consigliere per la sicurezza nazionale di Trump non c’è una
guerra che non gli piaccia, un nemico che non voglia distruggere o un
accordo diplomatico che valga la carta su cui è scritto.
Il
licenziamento di H.R. McMaster e la nomina di John Bolton come
consigliere per la sicurezza nazionale del presidente degli Stati Uniti
Donald Trump sono stati accolti con gioia a Gerusalemme, con terrore
nelle altre capitali. Israele spera che Bolton metta a posto i suoi
nemici, mentre il mondo oggi ha maggiori timori di imminenti tensioni e
guerre. Israele vede Bolton come Gary Cooper in “Mezzogiorno di fuoco”,
arrivato per sparare ai cattivi, ma per la maggior parte del mondo è il
dottor Stranamore [personaggio dello scienziato pazzo e criminale
nell’omonimo film di Kubrik, ndt.], con un pizzico di “Apocalypse Now”
[omonimo film di Coppola, ambientato durante la guerra del Vietnam,
ndt.]. Se non altro l’esplosione di festeggiamenti in onore della nomina
di Bolton nella coalizione di Netanyahu evidenzia la collocazione di
Israele all’estrema destra dello spettro politico mondiale.
Bolton
ha legami di lungo tempo e profondi con molti politici e funzionari
israeliani. È un “vero amico”, come ha detto la ministra della Giustizia
Ayelet Shaked [del partito di estrema destra dei coloni “Casa ebraica”,
ndt.], uno che appoggerà incondizionatamente i sogni e le illusioni del
suo campo, a differenza di scocciatori come Barack Obama e gli europei,
che di tanto in tanto osano suggerire che è tempo di ricredersi.
Netanyahu può essere soddisfatto, ma dovrebbe essere più cauto: la
nomina di Bolton gli renderà più difficile limitare le richieste degli
alleati della sua coalizione con la scusa che gli USA vi si oppongono.
La nomina di Bolton rafforza il blocco di destra – messianico –
evangelico in entrambi i Paesi, a cui Netanyahu racconta ancora a se
stesso di non appartenere.
Per
Bolton non c’è una guerra che non gli piaccia, un rivale che non voglia
distruggere, un nemico che non voglia ridurre in mille pezzi e un
conflitto internazionale che non creda si possa risolvere con le armi.
Disprezza la diplomazia, denigra le organizzazioni multilaterali, vuole
tornare ai giorni, se mai sono esistiti, in cui l’America diceva al
mondo che cosa fare e tutti le davano retta. Bolton voleva attaccare la
Corea del Nord, bombardare, bombardare e ancora bombardare l’Iran,
seppellire le aspirazioni nazionali dei palestinesi. Non ha mai
ritrattato il suo appoggio alla fallimentare guerra all’Iraq, e
probabilmente sogna di trovare il nascondiglio in cui Saddam Hussein ha
occultato le sue inesistenti armi di distruzione di massa.
Il
passaggio da McMaster a Bolton sostituisce i freni della Casa Bianca
con un acceleratore premuto a fondo; acuisce l’immagine bellicosa e
aggressiva dell’amministrazione Trump in tutto il mondo. La nomina
consolida la trasformazione, che Trump ha iniziato con la sostituzione
del segretario di Stato Rex Tillerson con il più aggressivo [ex]
direttore della CIA Mike Pompeo, da una politica estera americana rude
ma tradizionale a un approccio radicale basato su politiche umorali,
l’uso della forza e il totale disprezzo nei confronti dell’opinione
pubblica internazionale. Il Pentagono rimane nelle mani del più cauto
James Mattis, che probabilmente si unirà al generale e capo di stato
maggiore John Kelly per formare un fronte comune, ma sarà Bolton che
d’ora in poi indicherà la linea della Casa Bianca. Non è assurdo
supporre che le ore siano contate anche per la partenza di Mattis e
Kelly.
Trump,
che trae profitto dai conflitti, probabilmente si rallegra delle
reazioni contrarie alla nomina di Bolton. Deve aver superato la sua
avversione per i famosi baffi del suo nuovo consigliere. Ma Bolton deve
anche il suo nuovo incarico a due miliardari di estrema destra a cui il
presidente dà retta. Il primo è il riservato commerciante di algoritmi
Robert Mercer, che ha finanziato il Bolton’s PAC [comitato di Bolton,
istituto per la sicurezza nazionale USAda lui fondato, ndt.] e i
rapporti di questo con l’ora discussa [impresa di analisi informatica,
ndt.] Cambridge Analytica. Bolton è il secondo consigliere per la
sicurezza nazionale che Mercer ha sponsorizzato: il primo è stato
Michael Flynn, che poi è stato coinvolto nell’inchiesta sul Russiagate
[scandalo sulle interferenze russe nelle elezioni vinte da Trump, ndt.]
di Robert Mueller [procuratore speciale che si occupa del caso, ndt.] ed
ha ammesso di aver mentito all’FBI.
L’altro
magnate che si congratula con se stesso è Sheldon Adelson, che ha preso
Bolton sotto la sua ala e che da molto tempo finanzia lautamente le sue
attività. L’ex-ambasciatore USA all’ONU, che ha abbandonato il suo
incarico un decennio fa dopo che le sue opinioni sono state giudicate
troppo estremiste per essere confermato dal Senato, deve essere stato
una delle poche persone al mondo ad aver approvato la proposta di
Adelson di far scoppiare una bomba nucleare nel deserto iraniano, solo a
scopo dimostrativo. Si dice che Adelson sia rimasto scontento di
Tillerson e di McMaster e che abbia fatto presente a Trump le sue
opinioni. Il suo braccio destro alla “Coalizione Repubblicana Ebraica”
[gruppo lobbystico che mette in contatto la comunità ebraica con i
parlamentari repubblicani, ndt.], Elliott Broidy – il finanziere
californiano noto in Israele per il fallimento del suo fondo
“Markstone”, che ha privato molti israeliani dei loro fondi pensione – è
stato ora denunciato per aver preso 2.7 milioni di dollari dagli
Emirati Arabi Uniti per promuovere i loro interessi a Washington. Broidy
ha invitato Trump a mollare Tillerson; McMaster era il suo ostacolo
alla Casa Bianca. Ora entrambi se ne sono andati.
La
“Sheldonizzazione” dell’amministrazione Trump in generale e la nomina
di Bolton in particolare riducono le già scarse possibilità che Trump
non voglia abbandonare l’accordo sul nucleare iraniano, intensificando
inevitabilmente le tensioni regionali e creando forse le condizioni per
una guerra. La presenza di Bolton alla Casa Bianca cancella anche ogni
possibilità di riportare i palestinesi al tavolo dei negoziati, non solo
per le opinioni del nuovo consigliere per la sicurezza nazionale, ma
anche a causa della legge Taylor ora approvata, che è apparentemente
intesa a bloccare i sussidi dell’Autorità Nazionale Palestinese ai
terroristi in carcere, ma che in realtà avrà come conseguenza una
notevole riduzione dell’aiuto USA ai palestinesi.
Ma
l’esultanza scoppiata nella destra israeliana va ben oltre lo scontro
armato con l’Iran o il fatto di mettere la parola fine sulla bara del
processo di pace. Riflette la rinnovata speranza, che ha conosciuto alti
e bassi durante i primi 15 mesi di Trump al potere, che i tempi siano
ora più maturi che mai prima d’ora per passi audaci ed irreversibili,
compresa l’annessione [dei territori palestinesi occupati, ndt.]. Ma,
mentre gli entusiasti di Bolton in Israele e negli USA stanno ascoltando
estasiati le trombe che annunciano l’arrivo del Messia, il resto del
mondo sta udendo sirene che danno l’allarme che non si tratta di
un’esercitazione.
(traduzione di Amedeo Rossi)
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