9 marzo 2018, B’Tselem –
Il Centro di informazione israeliano sui diritti umani nei Territori Occupati:
Prima
delle manifestazioni palestinesi programmate per l’inizio di domani
(venerdì) a Gaza, gli ufficiali israeliani hanno ripetutamente
minacciato di rispondere con l’eliminazione fisica.
Ignorando
completamente il disastro umanitario a Gaza di cui Israele è
responsabile, stanno interpretando la protesta in termini di rischio per
la sicurezza, rappresentando i manifestanti come terroristi e
riferendosi a Gaza come a una “zona di guerra”.
Informazioni
frammentarie riferite dai media indicano che: i soldati avranno
l’ordine di sparare a chiunque si muova entro i 300 metri dalla
recinzione; cecchini spareranno a chiunque la tocchi; si sparerà anche
in circostanze che non siano una minaccia mortale [per i soldati]. In
altre parole sparare per uccidere i palestinesi che partecipano alle
dimostrazioni.
Le
forze israeliane da tempo hanno già sparato per uccidere contro
manifestanti palestinesi a Gaza. Solo nel dicembre 2017- il mese con il
più alto numero di morti dello scorso anno- a Gaza le forze israeliane
hanno sparato e ucciso otto manifestanti palestinesi disarmati.
Indubbiamente
l’ incremento dell’uso illegale delle armi da fuoco innalzerà il numero
dei morti. Ma questo prevedibile esito appare non avere scosso gli
israeliani responsabili delle decisioni riguardo alla risposta da dare
alle manifestazioni a Gaza, sia in generale che in particolare nell’
impartire gli ordini che consentono di aprire il fuoco.
Inoltre,
la presunzione israeliana di poter decidere le azioni dei palestinesi
all’interno della Striscia di Gaza è assurda. La decisione di dove, se e
come manifestare a Gaza non è Israele che la deve prendere, nè rispetto
alla manifestazione di domani né in generale rispetto alla vita
quotidiana.
I
comunicati ufficiali israeliani non fanno alcun riferimento alle
concrete motivazioni della protesta, alla situazione disastrosa di Gaza o
al diritto di manifestare liberamente. Israele ha il potere di cambiare
in meglio [le condizioni] di vita a Gaza, ma ha scelto di non farlo. Ha
fatto di Gaza un enorme prigione, ma impedisce ai prigionieri persino
di protestare contro di ciò, pena la morte.
(Traduzione di Carlo Tagliacozzo)
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