Trump crea, poi esaspera, la crisi dei rifugiati palestinesi Di Marjorie Cohn

18 febbraio, 2018
Una delle azioni più importanti che Donald Trump ha intrapreso durante il suo primo anno di presidenza, è stato di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele, nel dicembre 2017. Quando, come era prevedibile, i Palestinesi hanno reagito ritirandosi dal “processo di pace” guidato dagli Stati Uniti, Trump si è vendicato tagliando di più del 50% l’appoggio finanziario degli Stati Uniti all’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione per i Rifugiati Palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA).
“Una sentenza di morte” per i rifugiati di Gaza
I tagli degli aiuti all’UNRWA  minaccia seriamente l’accesso dei  rifugiati palestinesi al cibo, all’assistenza sanitaria e all’istruzione.
A Gaza, 13 milioni di rifugiati palestinesi che costituiscono il 70% della popolazione di Gaza, dipendono dall’UNRWA per l’assistenza alimentare. La crisi dei rifugiati è stata aggravata dal massacro di Gaza del 2014 a opera di Israele.
Creata da un’Assemblea Generale dell’ONU nel 1949, l’UNRWA è stata delegata a fornire assistenza e protezione a circa 5 milioni di rifugiati palestinesi registrati, costretti ad abbandonare la loro terra  a causa  della creazione di Israele nel 1948. I Palestinesi chiamano questo evento “Nabka” che è la parola araba che significa catastrofe. Questo anno  ne ricorre il 70° anniversario.
Gli Stati Uniti, il maggior donatore dell’UNRWA, contribuisce con 125 milioni di dollari all’anno, ma Trump tratterrà 65 milioni di dollari dal prossimo pagamento previsto, a ameno che i Palestinesi partecipino ai colloqui di pace con Israele. Il 2 gennaio Trump ha twittato: “dato che i Palestinesi non sono più disposti a parlare di pace, perché dovremmo fare questi futuri massicci pagamenti a loro favore?”
Le conseguenze di rifiutare questi pagamenti, sono, però, letali.
“Qualsiasi riduzione di aiuto sarebbe una sentenza di morte per i rifugiati a Gaza,” ha detto al Washington Post Ahmed al-Assar, che vive nel campo per i rifugiati di Nuseirat, nella Striscia di Gaza.
Husam Zunlot, a capo della delegazione palestinese negli Stati Uniti, ha detto che “togliere il cibo e l’istruzione ai rifugiati vulnerabili non porta a una pace duratura e completa… L’accesso dei rifugiati palestinesi e dei loro figli ai servizi umanitari fondamentali, come cibo, assistenza sanitaria ed istruzione, non dovrebbero essere una merce di scambio,  ma un obbligo americano e internazionale.”
La settimana scorsa, il Parlamento Europeo ha risposto alla imminente crisi umanitaria causata dai tagli di Trump, esortando l’Unione Europea e i suoi paesi membri ad aumentare il loro finanziamento all’UNRWA. Nella risoluzione dell’8 febbraio, il Parlamento Europeo ha avvertito circa “gli impatti dannosi sull’accesso all’assistenza alimentare di emergenza per 1,7 milioni di rifugiati palestinesi e alla assistenza sanitaria primaria per 3 milioni di bambini, sull’accesso all’istruzione per più di 500.000 bambini palestinesi in 702 scuole dell’UNRWA, compresi quasi 50.000 bambini in Siria, e sulla  stabilità nella regione.”
Il “ricatto” di Trump ai Palestinesi
Trump sembra indifferente al disastro che le sue azioni hanno creato. Al Forum economico mondiale a Davos, in Svizzera, in gennaio, Trump ha detto che avrebbe sospeso l’aiuto ai Palestinesi “a meno che si siedano a un tavolo per negoziare la pace.” Hanan Ashrawi, membro del comitato esecutivo dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, he definito “ricatto” la decisione di Trump.
Il 4 febbraio, “fonti diplomatiche occidentali” hanno svelato il “piano di pace” degli Stati Uniti, detto “l’accordo del secolo” tra Israele e i Palestinesi. Questo nomignolo si riferisce alla promessa di Trump che suo genero Jared Kushner e l’inviato in Medio Oriente, Jason Greenblatt avrebbero sistemato “l’accordo del secolo” tra Israele e i Palestinesi.
Il piano che riflette i desideri di Israele, senza nessuna approvazione o neanche un suggerimento da parte dei Palestinesi – permetterebbe a Israele di annettersi il 10% dell’area della Cisgiordania. Inoltre  assegnerebbe porzioni di Haifa e di Ashod per uso dei Palestinesi, ma Israele continuerebbe a sovraintendere alla sicurezza lì. Garantirebbe ai Palestinesi il passaggio sicuro tra la Cisgiordania e Gaza sotto la sovranità di Israele, e darebbe a Israele il vantaggio nello stato palestinese smilitarizzato che avrà una sua propria forza di polizia,” secondo Al-Monitor.
Mazen Abu Zeid, capo del Dipartimento per gli affari dei rifugiati della Organizzazione per la liberazione della Palestina,  ha detto al quotidiano online,  Al-Monitor: “L’accordo del secolo è la liquidazione della causa palestinese. Da quando  Trump è entrato in carica, le sue decisioni riguardo alla causa palestinese – riconoscere che Gerusalemme è la capitale di Israele e ridurre gli aiuti  che erano la maggior  dotazione  all’UNRWA – sono destinate a liquidare la causa palestinese.
Il portavoce di Hamas, Hazem Kassem concorda: “Evitare di riconoscere i diritti legittimi del popolo palestinese alla loro terra e ai siti sacri, negando loro il  diritto di ritorno ed espropriando la loro sovranità sulla terra in cambio di una pace regionale e della normalizzazione con il mondo arabo, è il modo giusto di liquidare la causa palestinese,” ha dichiarato Kassem.
Trump non ha alcun diritto legale di cambiare lo  Status of Gerusalemme
Inoltre, il tentativo di Trump di fare di Gerusalemme la capitale di Israele, non è legalmente permesso.
Abu Zeid ha definito gli Stati Uniti “un mediatore  fazioso   nel processo di pace” che ha infranto tutte le leggi internazionali e le risoluzioni dell’Assemblea Generale dell’ONU e che ha preso decisioni unilaterali, come “l’accordo del secolo” che cerca di imporre a noi.”
Zeid probabilmente si riferiva alla Risoluzione 2334 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che afferma che “non riconoscerà nessun cambiamento per le  linee  del 4 giugno 1967, incluse quelle che riguardano Gerusalemme diverse da quelle su cui i partiti si sono accordati per mezzo di negoziati.”
Quali sono le  linee  del 4 giugno 1967? Dal 5 al 10 giugno 1967, Israele (con l’assistenza degli Stati Uniti) ha invaso l’Egitto, la Giordania e la Siria e si è appropriato dei territori palestinesi in Cisgiordania, a Gerusalemme, sulle Alture del Golan e nella Penisola del Sinai.
In seguito, il Consiglio di Sicurezza ha approvato la Risoluzione 242 che racchiudeva “la inammissibilità dell’acquisizione di territorio mediante la guerra “ e chiedeva “il ritiro delle forze armate israeliane dai territori occupati nel recente conflitto.” Oggi, tuttavia, Israele continua a occupare i territori palestinesi acquisiti nel 1967.
L’Amministrazione Obama si è astenuta per la Risoluzione 2334, permettendo che venisse approvata. Dato che gli Stati Uniti sono uno dei paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, avrebbe potuto porre il veto alla risoluzione. Trump, che non si era ancora insediato, ha tentato senza successo di impedire che venisse approvata.
Dopo che Trump ha dichiarato Gerusalemme la capitale di Israele, gli Stati Uniti hanno posto il veto a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza che avrebbe condannato la sua decisione. L’Assemblea generale ha poi espresso a grande maggioranza “profondo rammarico” per la decisione di Trump e ha dichiarato che lo status di Gerusalemme “è un argomento finale per lo status che va risolto per mezzo di negoziati in linea con rilevanti risoluzioni dell’ONU.” Nikki Haley, ambasciatrice degli Stati Uniti all’ONU, ha avvisato che gli Stati Uniti avrebbero “preso i nomi” di quei paesi che hanno appoggiato la risoluzione dell’Assemblea Generale, implicando che gli Stati Uniti avrebbero tagliato il loro aiuto ai paesi stranieri. Un altro ricatto.
Il diritto di ritorno per i rifugiati palestinesi
Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, durante una riunione di gabinetto del 7 gennaio, ha detto che “l’UNRWA è un’organizzazione che perpetua il problema dei rifugiati palestinesi,” dichiarando che “deve sparire” perché la causa del diritto dei Palestinesi di tornare a Israele mira all’eliminazione dello stato di Israele.
I rifugiati palestinesi hanno il diritto legale di ritornare nelle loro terre. Nel 1948, l’Assemblea Generale dell’ONU ha approvato la Risoluzione 194 che stabiliva il diritto di ritorno per i  rifugiati palestinesi. Dichiarava che “i rifugiati che desiderano ritornare nelle loro case e vivere in pace con i loro vicini dovrebbe essere autorizzati a farlo il prima possibile e che dovrebbe essere pagati degli indennizzi per la proprietà di coloro che scelgono di non tornare e per la perdita della proprietà o i danni da questa subiti che, in base ai principi della legge internazionale o in via equitativa, dovrebbero essere coperti dai governi o dalle autorità responsabili.”
Il diritto dei rifugiati di tornare nella loro patria è protetto anche dalla Convenzione del 1951 Relativa allo Status di Rifugiati, ed dal Patto Internazionale sui diritti civili e politici.
Togliendo l’argomento dello status di Gerusalemme dai colloqui di pace, cercando poi di eliminare anche l’argomento dei rifugiati palestinesi, “Trump stava dando retta a Netanyahu,” ha detto Zomlot. Ancora una volta, Trump sta procedendo di pari passo con Netanyahu.
La “evidente predilezione” di Trump per Israele
La decisione di Trump per Gerusalemme è la prova della “evidente predilezione” della sua amministrazione verso Israele, secondo Riyad Mansour, ambasciatore palestinese negli Stati Uniti. Gli Stati Uniti hanno “minato il loro ruolo per qualsiasi futuro processo di pace,” ha detto Mansour al New York Times.
Il 12 febbraio, il Presidente palestinese Mahmoud Abbas si è incontrato con il Presidente Russo Vladimir Putin, per assicurarsi l’appoggio della Russia durante i colloqui di pace tra Israele e i Palestinesi perché, ha detto Abbas, gli Stati Uniti non possono più svolgere un ruolo da protagonisti.
Come, però, ha affermato il Professor Richard Falk ex Relatore Speciale dell’ONU per i diritti umani nei territori palestinesi occupati, fino a quando gli Stati Uniti eliminano il mandato incondizionato che danno a Israele di reprimere i Palestinesi, “non ci sarà pace. E’ la nostra lotta lì porre fine a questa politica distruttiva.”
Nella foto: proteste palestinesi contro le minacce di Trump di tagliare loro gli aiuti.
Marjorie Cohn è professoressa emerita presso la Scuola di Giurisprudenza Thomas Jefferson, ex presidente della Corporazione Nazionale degli Avvocati. Il suo libro più recente è: ‘Drones and Targeted Killing: Legal, Moral, and Geopolitical Issues.
Visitate il suo sito web su http://marjoriecohn.com e seguitela su Twitter @MarjorieCohn.
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: Truthout
Traduzione di Maria Chiara Starace




Traduzione © 2018 ZNET Italy – Licenza Creative Commons  CC BY NC-SA 3.0

Commenti

Post popolari in questo blog

Hilo Glazer : Nelle Prealpi italiane, gli israeliani stanno creando una comunità di espatriati. Iniziative simili non sono così rare

Venti di guerra tra Israele e Iran. Ecco la nuova politica militare di Ahmadinejad

ATTACKS, TERRORIST ATTACKS AND EVEN CASTRATION – THE HIDDEN ACTIONS OF THE ISRAELI MILITIA – ISRAEL NEWS

Joel Swanson : Opinion | Wake up, Jewish establishment: Seth Rogen speaks for a lot of us young Jews