Neve Gordon : il nuovo antisemitismo
4 gennaio 2018, London Review of Books
Poco
dopo lo scoppio della Seconda Intifada nel settembre 2000 sono
diventato attivista del movimento politico ebreo-palestinese chiamato
“Ta’ayush”, che conduce un’attività non violenta diretta contro
l’assedio militare israeliano della Cisgiordania e di Gaza. Il suo
obiettivo non è solo protestare contro le violazioni dei diritti umani
da parte di Israele, ma di unirsi al popolo palestinese nella sua lotta
per l’autodeterminazione. Per alcuni anni ho passato la maggior parte
dei fine settimana con “Ta’ayush” in Cisgiordania; durante la settimana
avrei scritto delle loro attività per la stampa locale ed
internazionale. I miei articoli attirarono l’attenzione di un professore
dell’università di Haifa, che scrisse una serie di interventi
accusandomi prima di essere un traditore e un sostenitore del
terrorismo, poi più tardi di essere un “Judenrat wannabe” [lett.
“Sostenitore del Consiglio ebraico”, cioè gli ebrei che collaborarono
con il nazismo, ndt.] e un antisemita. Le accuse iniziarono a circolare
sui siti web della destra; ricevetti minacce di morte e parecchi
messaggi di odio via mail; all’amministrazione della mia università
arrivarono lettere, alcune da parte di importanti finanziatori, che
chiedevano che venissi licenziato.
Ho
citato questa esperienza personale perché, benché persone all’interno
di Israele e all’estero abbiano espresso preoccupazione per il mio
benessere e mi abbiano offerto il loro appoggio, la mia sensazione è che
nel loro sincero allarme per la mia sicurezza, abbiano perso di vista
qualcosa di molto importante riguardo all’accusa di “nuovo
antisemitismo” e a chi sia, in ultima analisi, il loro bersaglio.
Ci
viene detto che il “nuovo antisemitismo” prende la forma della critica
del sionismo e delle azioni e delle politiche di Israele, e si manifesta
spesso nelle campagne per rendere responsabile il governo israeliano
della violazione delle leggi internazionali, con il recente esempio del
movimento per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni (BDS).
In questo sarebbe diverso dal “tradizionale” antisemitismo, inteso come
l’odio per gli ebrei in quanto tali, l’idea che gli ebrei siano
naturalmente inferiori, la convinzione che ci sia una cospirazione
mondiale degli ebrei o il controllo ebraico del capitalismo, ecc. Il
“nuovo antisemitismo” differisce anche dalla forma tradizionale nelle
affiliazioni politiche dei suoi presunti responsabili: mentre siamo
abituati a pensare che gli antisemiti siano politicamente di destra, i
nuovi antisemiti sarebbero, agli occhi dei loro accusatori, soprattutto
politicamente di sinistra.
La
logica del “nuovo antisemitismo” può essere formulata come un
sillogismo: 1) l’antisemitismo è odio verso gli ebrei; 2) essere ebrei
vuol dire essere sionisti; 3) di conseguenza l’antisionismo è
antisemitismo. L’errore riguarda la seconda proposizione. Le
affermazioni secondo cui il sionismo si identifica con l’ebraismo, o che
una simile equazione possa essere fatta tra lo Stato di Israele e il
popolo ebraico, sono false. Molti ebrei non sono sionisti. E il sionismo
ha molte caratteristiche che non sono in nessun modo insite o
caratteristiche dell’ebraicità, ma piuttosto sono emerse dalle ideologie
nazionaliste e del colonialismo di insediamento durante gli ultimi
trecento anni. La critica del sionismo o di Israele non è
necessariamente il prodotto di un’animosità verso gli ebrei; al
contrario, l’odio verso gli ebrei non implica necessariamente
l’antisionismo.
Non
solo, ma è possibile essere sia sionista che antisemita. La prova di
ciò è fornita dalle affermazioni di suprematisti bianchi negli USA e da
politici dell’estrema destra in tutta Europa. Richard Spencer, un
esponente di spicco dell’alt-right [“destra alternativa”, l’estrema
destra statunitense che ha contribuito all’elezione di Trump, ndt.], non
ha nessun problema nel definirsi come un “sionista bianco” (“come
cittadino israeliano” ha spiegato a un intervistatore della televisione
israeliana Channel 2, “che ha un senso di appartenenza ad una Nazione e
ad un popolo, alla storia e l’esperienza del popolo ebraico, lei
dovrebbe avere rispetto per uno come me, che prova gli stessi sentimenti
nei confronti dei bianchi…Voglio che noi abbiamo una patria sicura per
noi stessi. Proprio come voi volete una patria sicura in Israele”),
mentre pensa anche che “gli ebrei sono ampiamente sovra rappresentati in
quello che si potrebbe chiamare l’“establishment”.’ Anche Gianfranco
Fini dell’Alleanza Nazionale italiana e Geert Wilders, leader del
Partito Olandese della Libertà, hanno professato la propria ammirazione
per il sionismo e per l’etnocrazia “bianca” dello Stato di Israele, pur
esprimendo chiaramente le proprie opinioni antisemite in altre
occasioni. Tre cose che attraggono questi antisemiti verso Israele sono:
primo, il carattere etnocratico dello Stato; secondo, un’islamofobia
che ritengono Israele condivida con loro; terzo, le politiche
assolutamente dure di Israele verso i migranti di colore dall’Africa
(nelle ultime di una serie di misure destinate a obbligare immigrati
eritrei e sudanesi a lasciare Israele, sono state introdotte norme,
all’inizio di quest’anno, che impongono ai richiedenti asilo di
depositare il 20% dei loro averi in un fondo che gli verrà restituito
solo se, e quando, lasceranno il Paese).
Se
sionismo ed antisemitismo possono coincidere, allora – in base alla
legge di contraddizione – l’antisionismo e l’antisemitismo non sono
riducibili uno all’altro. Ovviamente è vero che in certi casi
l’antisionismo può effettivamente sovrapporsi in parte
all’antisemitismo, ma questo di per sé non ci dice molto, dato che una
grande varietà di opinioni e di ideologie possono coincidere con
l’antisemitismo. Si può essere capitalisti, socialisti o libertari ed
essere anche antisemiti, ma il fatto che l’antisemitismo si possa unire
con ideologie così diverse così come con l’antisionismo non ci dice
praticamente niente su questo o su di esse. Eppure, nonostante la chiara
distinzione tra l’antisemitismo e l’antisionismo, parecchi governi,
così come gruppi di studio e organizzazioni non governative, insistono
ora sulla nozione secondo cui l’antisionismo è necessariamente una forma
di antisemitismo. La definizione adottata dall’attuale governo del
Regno Unito offre 11 esempi di antisemitismo, sette dei quali includono
critiche a Israele – una manifestazione concreta del modo in cui la
nuova concezione dell’antisemitismo è diventata un’opinione accettata.
Qualunque critica rivolta contro lo Stato di Israele assume ora le tinte
dell’antisemitismo.
Un
esempio singolare ma molto efficace del “nuovo antisemitismo” ha avuto
luogo nel 2005 durante il ritiro di Israele da Gaza. Quando sono
arrivati i soldati per evacuare gli ottomila coloni che vivevano nella
zona, alcuni di questi hanno protestato mettendo sui vestiti stelle
gialle e insistendo che “non sarebbero andati come pecore al macello”.
Shaul Magid, il titolare della cattedra di “Studi ebraici”
all’università dell’Indiana, sottolinea che così facendo i coloni hanno
dato dell’antisemita al governo e all’esercito israeliani. Ai loro occhi
il governo ed i soldati meritavano di essere chiamati antisemiti non
perché odiano gli ebrei, ma perché stavano mettendo in atto una politica
antisionista, danneggiando il progetto di fondazione del cosiddetto
“Grande Israele”. Questa rappresentazione della decolonizzazione come
antisemita è la chiave per una corretta comprensione di quello che è in
gioco quando la gente viene accusata del “nuovo antisemitismo”. Quando
il professore dell’università di Haifa mi ha bollato come antisemita,
non ero io il vero bersaglio. Gente come me viene regolarmente
attaccata, ma siamo considerati dalla macchina del “nuovo antisemitismo”
scudi umani. Il vero obbiettivo sono i palestinesi.
C’è
una certa ironia in questo. Storicamente la lotta contro
l’antisemitismo ha inteso promuovere pari diritti e l’emancipazione
degli ebrei. Quelli che denunciano il “nuovo antisemitismo” desiderano
legittimare la discriminazione e la sottomissione dei palestinesi. Nel
primo caso qualcuno che desidera opprimere, dominare e sterminare gli
ebrei è bollato come antisemita; nel secondo, chi vuole partecipare alla
lotta per la liberazione dal dominio coloniale è bollato come
antisemita. In questo modo, ha osservato Judith Butler [nota filosofa
statunitense di origine ebraica, ndt.], “un desiderio di giustizia” è
“ridefinito come antisemitismo”.
Il
governo israeliano ha bisogno del “nuovo antisemitismo” per
giustificare le sue azioni e per proteggerle dalla condanna interna ed
internazionale. L’antisemitismo è effettivamente utilizzato come
un’arma, non solo per soffocare il discorso – “non importa se l’accusa è
vera”, scrive Butler, il suo intento è “causare sofferenza, provocare
vergogna, e ridurre l’accusato al silenzio” – ma anche per sopprimere
una politica per la liberazione. La campagna non violenta del BDS contro
il progetto coloniale e la violazione dei diritti da parte di Israele è
etichettata come antisemita non perché i fautori del BDS odino gli
ebrei, ma perché esso denuncia l’oppressione del popolo palestinese. Ciò
evidenzia un ulteriore aspetto inquietante del “nuovo antisemitismo”.
Convenzionalmente, chiamare qualcuno “antisemita” vuol dire mettere in
evidenza e condannare il suo razzismo; nel nuovo caso, l’accusa di
“antisemita” è utilizzata per difendere il razzismo e per appoggiare un
regime che mette in atto politiche razziste.
Oggi
la questione è come conservare una nozione di anti-antisemitismo che
rifiuti l’odio contro gli ebrei, ma non promuova l’ingiustizia e
l’espropriazione nei territori palestinesi o in qualunque altro luogo.
C’è una via d’uscita dal dilemma. Possiamo opporci a due ingiustizie in
una volta. Possiamo condannare i discorsi di odio ed i crimini contro
gli ebrei, come quelli di cui siamo stati testimoni recentemente negli
USA, o l’antisemitismo dei partiti politici di estrema destra europei, e
allo stesso tempo denunciare il progetto coloniale di Israele ed
appoggiare i palestinesi nella loro lotta per l’autodeterminazione. Ma
per portare avanti questi compiti congiuntamente, bisogna prima
rifiutare l’equazione tra antisemitismo e antisionismo.
(traduzione di Amedeo Rossi)
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