Ministro palestinese in Vaticano: “La Santa Sede convochi una Conferenza su Gerusalemme”
Roma (Agenzia Fides) – La decisione unilaterale dell'Amministrazione USA
di riconoscere Gerusalemme come capitale esclusiva di Israele “sta
minando la possibilità di avere risultati positivi dai negoziati di
pace”, perché introduce nel conflitto una “dimensione religiosa che
complica ulteriormente la situazione”. Israele “sta approfittando della
decisione del Presidente USA Donald Trump per aumentare la pressione
sulla presenza cristiana nella Città Santa”. Per questo conviene che la
Santa Sede convochi una Conferenza su Gerusalemme, chiamando i capi e i
rappresentanti di tutte le Chiese e comunità di battezzati per ribadire
che i cristiani non rinunceranno agli interessi che li legano per sempre
alla Città dove Cristo è stato crocifisso ed è risorto. E' questa la
proposta che Riyad al Maliki, Ministro degli Esteri palestinesi, ha
sottoposto all'attenzione dei suoi interlocutori vaticani, negli
incontri avuti giovedì 15 febbraio nel Palazzo Apostolico con il
Segretario di Stato di sua santità, Cardinale Pietro Parolin, e con
l'Arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario per i rapporti con gli
Stati. “Negli incontri con il Cardinale Parolin e con l'Arcivescovo
Gallagher” riferisce all'Agenzia Fides il Ministro palestinese “Abbiamo
focalizzato l'attenzione sulle conseguenze della decisione del
Presidente Trump di assegnare Gerusalemme a Israele come Capitale e
riconoscere una connessione esclusiva tra Gerusalemme e l'ebraismo,
mettendo da parte il legame della Città Santa con cristiani e musulmani e
ignorando il fatto che Gerusalemme dovrebbe essere anche la capitale
di Palestina”. Secondo al Maliki, la mossa unilaterale degli USA sta
minando la possibilità stessa di un esito positivo dei negoziati per por
fine al conflitto israelo-palestinese. “Noi” ha spiegato il Ministro
palestinese “abbiamo provato per tanto tempo a mantenere il conflitto
sul terreno politico. Adesso, la decisione di Trump introduce nel
conflitto una dimensione religiosa, e questo complica ulteriormente le
cose”. Con la scelta dell'Amministrazione USA, il conflitto non rimane
limitato ai rapporti tra israeliani e palestinesi, ma assume fatalmente
dimensioni globali, perché d'ora in poi “ogni musulmano, in Indonesia, o
Malesia, o Senegal sentirà la responsabilità e l'obbligo di fare
qualcosa per proteggere i suoi interessi religiosi” nella Città Santa.
A giudizio del rappresentante del governo palestinese, “Israele sta
approfittando della decisione di Trump ogni giorno di più. E a
Gerusalemme ha cominciato a mettere in atto misure contro la presenza
delle Chiese locali, per rendere difficile la loro esistenza, imponendo
tasse sulle proprietà ecclesiastiche, congelando i loro conti bancari e
puntando a prendere il controllo sulle loro proprietà. Per noi” ha
proseguito al Maliki “queste pressioni mirano a spingere le Chiese
locali fuori da Gerusalemme, e a cambiare il profilo storico della
Città, per farne una Città non più condivisa tra ebrei, cristiani e
musulmani”. Il ministro palestinese ha citato i molti interventi recenti
fatti anche da Papa Francesco a difesa dello Status Quo – il complesso
di regole e consuetudini su cui si fonda fin dai tempi dell'Impero
ottomano la coesistenza delle diverse comunità religiose nella Città
Santa – e la dichiarazione diffusa mercoledì 14 febbraio dai Patriarchi e
dai Capi delle Chiese per dire no alle nuove tasse che la municipalità
locale ha deciso di imporre sulle proprietà ecclesiastiche (vedi Fides
15/2/2018). Ma finora – ha aggiunto Riyad al Maliki – le iniziative
locali e quelle vaticane “non sono state sufficienti per convincere il
Presidente Trump a ritornare sulla sua decisione”, e i cristiani
palestinesi, messi sotto pressione, “si sentono abbandonati”. Per questo
– ha sottolineato il rappresentante del governo palestinese - “
Pensiamo che una Conferenza organizzata dalla Santa Sede invitando
diverse Chiese a esprimere la loro preoccupazione per Gerusalemme,
sarebbe molto importante, per far sentire forte la voce dei cristiani, e
far capire all'Amministrazine USA che i cristiani non rinunciano ai
loro diritti e al loro legame con la Città Santa”. (GV) (Agenzia Fides
16/2/2018).
Commenti
Posta un commento