Amira Hass :Il carceriere della prigione di Gaza e la crescente soglia del collasso della Striscia
Amira Hass
16 gennaio 2018, Haaretz
L’isolamento della Striscia di Gaza e dei suoi abitanti, come progetto politico piuttosto che di sicurezza, è iniziato molto prima dei razzi Qassam
Il carceriere avverte che il campo di
internamento è sull’orlo del collasso. È un bene che lo faccia, ed è un
bene che il suo avvertimento sia diventato il titolo di testa su
Haaretz. Ma è difficile ignorare a chi è indirizzato tale avvertimento:
al governo e soprattutto al ministro della Difesa Avigdor Lieberman.
La preoccupazione del carceriere – cioè i
dirigenti di alto livello dell’apparato di sicurezza – sembra sincera.
Non vi è motivo di sospettare che stiano semplicemente preparando la
propria difesa presso il Tribunale Penale Internazionale, per il giorno
in cui vengano ricercati i sospettati per il continuo disastro noto come
prigione della Striscia di Gaza.
Il livello del collasso di Gaza sale
ogni anno, a causa dell’intollerabile capacità di resistenza dei
palestinesi. Il sogno politico di Israele della Striscia di Gaza come
entità separata geograficamente e politicamente può essere realizzato
solo distruggendo la sua economia e le sue infrastrutture e la salute
mentale e fisica dei suoi abitanti. Niente lo illustra meglio della
questione dell’acqua.
Quando i dirigenti israeliani avvertono
ipocritamente che il 95% dell’acqua di Gaza non è potabile, evitano [di
citare] l’assurdità originaria: Israele costringe Gaza a procurarsi
l’acqua dalla falda acquifera situata all’interno dei suoi confini.
Questa falda acquifera, che nel 1950 forniva acqua a circa 300.000
persone, dovrebbe oggi fornirne la stessa quantità a due milioni di
persone. Non c’è da meravigliarsi che vi siano eccesso di estrazione e
contaminazione con acque di scarico e acqua di mare.
Il sogno israeliano della Striscia di
Gaza come territorio separato geograficamente e politicamente ha
provocato e continua a provocare una serie di danni la cui entità è
difficile da calcolare. Le autorità, i Paesi donatori e le singole
famiglie hanno speso e continuano a spendere enormi quantità di denaro
per purificare l’acqua potabile. Come per i tunnel, questo avviene a
spese dei finanziamenti per la sanità, l’educazione, le infrastrutture e
le strutture per i bambini.
Lo dirò per l’ennesima volta: l’unica
soluzione a breve termine è convogliare l’acqua a Gaza da Israele e
dalla Cisgiordania, senza mercanteggiare sul prezzo o attendere la
riconciliazione palestinese tra Fatah e Hamas. Da sette a dieci milioni
di metri cubi all’anno [la quantità variabile di acqua fornita a Gaza da
Israele, ndt.] è come versare un bicchier d’acqua in una piscina.
La desalinizzazione è impossibile quando
le acque di scarico fluiscono in mare. E gli scarichi continueranno a
fluire in mare finché Israele non ridurrà le rigide restrizioni
all’entrata di materiali grezzi e pompe a Gaza ed alla libertà di
movimento di ingegneri, imprenditori e consulenti. Ogni restrizione
comporta perdite di tempo e di energia, pagamenti agli avvocati, inutili
spese per stabilire il danno che è già stato causato, spese mediche per
malattie che avrebbero potuto essere prevenute se si fosse permesso per
tempo l’ingresso di una pompa, sottoutilizzo di manodopera e di
competenze e fuga di cervelli.
Lo stesso vale per ogni altro aspetto
della vita. I professionisti israeliani della sicurezza eseguono
fedelmente i loro ordini di vietare la pesca, sparare ai contadini e
costringere la gente ad aspettare ore per un interrogatorio di due
minuti da parte del servizio di sicurezza dello Shin Bet, e poi si
lamentano della diminuzione del numero di camion da carico che entrano a
Gaza a causa della caduta del potere d’acquisto.
L’isolamento di Gaza e dei suoi
abitanti, come progetto politico piuttosto che di sicurezza, è iniziato
molto prima dei razzi Qassam. L’isolamento dei giovani di Gaza dal resto
del mondo ha favorito il messaggio illusorio di Hamas. E la propaganda
israeliana è riuscita ad attribuire la colpa all’accumulo di armi di
Hamas, sempre un efficace strumento nella lotta interna per la
leadership palestinese.
Israele esagera deliberatamente il
rischio strategico costituito dalle armi di Hamas, rafforzando così
l’immagine dell’organizzazione come salvatrice agli occhi dei disperati.
La propaganda di Hamas è riuscita a dare la colpa ai tagli di fondi da
parte dell’Autorità palestinese e a mettere a tacere le critiche alle
sue pretese militari. L’ANP ha accettato l’isolamento della popolazione
di Gaza, anche prima che Hamas prendesse il potere.
Gaza non è un’isola. Trattate i suoi
residenti come esseri umani. Lasciateli partire per andare a studiare o a
divertirsi a Nablus e a Betlemme ed anche a Haifa [in territorio
israeliano, ndt.]; lasciateli andare a lavorare e a visitare amici e
famigliari. Lasciateli produrre e coltivare ed esportare. Lasciate che
israeliani, cisgiordani e turisti visitino Gaza. Gaza eviterà il
collasso ed Israele eviterà un processo al Tribunale dell’Aia.
(Traduzione di Cristiana Cavagna)
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