Zvi Schuldiner :La Palestina presa in Giro
Che meraviglia: in Italia si discute sul Giro d’Italia e sulle
sue prime tappe in Israele. Ed è grande l’attesa di una nuova
opportunità per il presidente statunitense Donald Trump, che in questi
giorni deve decidere se rinviare lo spostamento dell’ambasciata Usa da
Tel Aviv a Gerusalemme.
Gli italiani, come gli europei e gran parte degli israeliani,
sembrano aver dimenticato il conflitto israelo-palestinese. Grazie a
Daesh (il sedicente Stato islamico) e al duro lavoro delle destre
europee.
Razzismo e islamofobia stanno dilagando e permettono di dimenticare
l’esistenza di una grande prigione chiamata Gaza e del regime di
apartheid vigente in Cisgiordania.
Ma finalmente succede qualcosa, grazie al Giro d’Italia.
C’è da dire che oggi alcuni bambini delle colonie israeliane nei
territori occupati sarebbero stati presi a sassate da palestinesi; così
un padre, un orgoglioso colono sentitosi in pericolo, ha sparato «per
autodifesa». Un palestinese è morto.
Grazie al Giro d’Italia, in Italia non sanno che alcune ore fa un
gruppo della jihad islamica ha sparato missili contro una base
israeliana nel sud; la risposta è stata rapida ed energica e una
escalation è sempre possibile.
Il dibattito fra gli italiani è molto acceso: si tratta di sport,
biciclette, muscoli, mens sana in corpore sano…e noi qua a discutere di
gravi casi di corruzione, e di iniziative legislative che intaccano ogni
giorno di più le caratteristiche fondamentali di quella che era
«l’unica democrazia del Medioriente» e che si sta trasformando in una
triste etnocrazia. Fortunatamente i nostri grandi ministri della cultura
e del turismo difendono il patrimonio nazionale.
La ministra dello sport e della cultura non si fa assorbire solo dai
problemi relativi al Giro d’Italia e oggi ha chiesto di avviare
un’indagine sulla Cineteca di Tel Aviv, perché il prossimo sabato è in
programma la proiezione dell’interessante film di un regista
palestinese, sui periodi più difficili del passato.
«Biciclette a Gerusalemme», «La città unificata per sempre». Ma sarebbe utile vedere che cosa significa quest’unificazione.
Per fortuna i nostri governanti sono molto saggi e sanno che non ci
sono Gerusalemme orientale e Gerusalemme occidentale. La città è tutta
israeliana! Perciò stanno cercando di vedere come lasciar fuori dal suo
perimetro – senza mollare il terreno – gli abitanti dell’accampamento di
rifugiati di Shoafat, con oltre 80mila abitanti.
«Unificata per sempre»…Sì: con un 60% di abitanti israeliani con
pieni diritti umani e politici e un 40% di palestinesi di seconda
categoria e senza identità nazionale. Effettivamente, non si tratta di
parlare di est od ovest, non c’è differenza dice la ministra della
cultura…
Per fortuna io (chi scrive ndr) vivo a Gerusalemme
occidentale, piena di servizi municipali, il sindaco ascolta le
eventuali lagnanze dei cittadini, possiamo muoverci, costruire,vivere,
andare a scuola…Invece a Gerusalemme Est mancano oltre 1.000 classi.
Quel che raccontavo sul manifesto del 1987, a 20 anni
dall’occupazione del ’67 di Gerusalemme, l’arretratezza, l’oppressione,
la discriminazione non si sono mai ridotte.
Al tempo, quantomeno, avevamo il conforto delle idee liberali e la
speranza in un futuro migliore; oggi il sindaco, che cerca di farsi
avanti nel partito di governo, è uno dei portavoce entusiasti di una
politica discriminante e ultra-nazionalista.
Arrivino pure gli atleti del Giro d’Italia e le loro biciclette. Ma
sarebbe utile che transitassero un po’ per le due Gerusalemme della
Gerusalemme unificata. Così da vedere l’orwelliana realtà di un
apartheid sfrenato in continuo peggioramento.
Gli italiani dovrebbero parlare seriamente con la nostra ministra
dello sport e il nostro ministro del turismo, così da vedere con
spaventosa chiarezza gli abissi di nazionalismo discriminante e sfrenato
ai quali si sta arrivando qui. Posso consolarmi solo immaginando il
grande presidente Trump in bicicletta in testa ai ciclisti del Giro.
Ma chissà se arriverà: uno dei portavoce della Casa bianca, alla
domanda sulla possibile decisione presidenziale in questi giorni
sull’ambasciata Usa, ha detto che gli sono arrivati molti messaggi, da
Abu Mazen, dal re di Giordania: per avvertire che il trasferimento della
sede diplomatica a Gerusalemme potrebbe danneggiare il processo di
pace.Tuttavia, ha aggiunto, il passo non sarebbe tanto grave perché
l’ambasciata avrebbe sede nella parte occidentale di Gerusalemme.
Attenzione, il caro ministro israeliano della cultura Miri Regev deve tirare le orecchie anche agli Stati uniti.
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