Siria, Israele apre il fronte iraniano. Salto di qualità nei giochi di guerra che infiammano il Medio Oriente

Umberto De Giovannangeli 

AFP/Getty Images
Le parole non sono rimaste tali. Si sono trasformate in bombe. E hanno segnato l'inizio di uno scontro diretto tra Israele e Iran. Terreno di battaglia: la Siria. Aerei da guerra israeliani hanno bombardato una "base militare iraniana in costruzione nei pressi della capitale siriana Damasco", secondo quanto hanno riferito fonti di stampa filo-Assad citate dal quotidiano israeliano Haaretz online. Questa sarebbe la prima volta che viene colpita una installazione iraniana.
In Siria ci sarebbero oltre mille "consiglieri militari" dei Pasdaran, che guidano le milizie sciite alleate. Secondo le fonti, il raid è stato compiuto dallo spazio aereo libanese e ha preso di mira installazioni vicino alla cittadina di al Kiswa, a circa 13 chilometri da Damasco. I media governativi siriani hanno detto che la contraerea siriana è riuscita a distruggere almeno due dei missili lanciati dagli aerei israeliani. La televisione di Stato ha tuttavia aggiunto che l'attacco ha provocato danni materiali, facendo intendere che altri missili dovrebbero essere arrivati a segno.
Secondo fonti locali citate dalla televisione panaraba Al Jazeera, l'attacco era diretto contro siti militari governativi e postazioni delle milizie sciite libanesi Hezbollah, alleate di Damasco e di Teheran. Le stesse fonti hanno aggiunto che forti esplosioni sono state udite nella capitale. Secondo l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), interruzioni nell'erogazione dell'elettricità sono state registrate in alcuni sobborghi intorno a Damasco dopo l'attacco, avvenuto circa mezz'ora dopo la mezzanotte ora locale.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha più volte ribadito di considerare l'Iran una minaccia mortale non solo per lo Stato ebraico ma per la stabilità del Medio Oriente e la sicurezza mondiale, ancor più grave dello Stato islamico. Una convinzione che allinea Israele all'Arabia Saudita. D'altro canto, concordano analisti e fonti diplomatiche a Tel Aviv, Israele non può assistere passivamente al continuo riarmo, via Teheran, di Hezbollah.
Secondo un recente rapporto dell'intelligence militare di Gerusalemme, attualmente Hezbollah disporrebbe di oltre 100mila missili, rispetto ai circa 12mila che aveva prima della guerra dell'estate 2006. Secondo il sito French Intelligence, gli Hezbollah starebbero costruendo almeno due installazioni in Libano, dove produrre missili ed armamenti. Sebbene questa notizia circolasse da tempo sui siti arabi, il magazine francese ha fornito maggiori dettagli su queste due strutture, indicandone la posizione e la tipologia di armamenti prodotti. Una prima struttura si troverebbe nei pressi di Hermel, nella Beqaa, mentre la seconda sarebbe posizionata tra Sidone e Tiro. Nella prima installazione verrebbero prodotti razzi Fateh 110 capaci di colpire quasi tutto il territorio israeliano, con una gittata di 300 km e un discreto livello di precisione. Nel complesso situato sulla costa mediterranea invece verrebbero fabbricate munizioni di piccolo calibro.
Gerusalemme ha ribadito, non solo a parole ma con ripetuti raid aerei, che non accetterà mai che Hezbollah e Iran s'insedino nel sud della Siria. "Israele sa bene che cercare di sbattere fuori l'Iran dalla Siria può portare ad un conflitto diretto con Teheran – rimarca Amos Harel, tra i più autorevoli analisti militari israeliani - I comandi di Tsahal sanno che sul terreno la minaccia principale resta al momento quella di Hezbollah ma in prospettiva, la presenza di basi iraniane in Siria rappresenterebbe un rafforzamento inaccettabile, non solo per Israele ma anche per paesi arabi come Arabia Saudita, Giordania ed Egitto, della dorsale sciita Baghdad-Damasco-Beirut".
"Abbiamo ribadito più volte – gli fa eco il ministro dell'Energia Yuval Steinitz, tra i più vicini al premier Netanyahu – che oggi l'espansionismo iraniano rappresenta il pericolo maggiore per la stabilità e la sicurezza della regione. Gli Stati Uniti l'hanno compreso, l'Europa ancora no".
Più che militare, dunque, l'attacco di al Kiswa rappresenta un salto di qualità geopolitico nei giochi di potenza che investono il Medio Oriente, dalla Siria allo Yemen, dall'Iraq al Libano. Giochi di guerra. Che incrociano anche vicende interne e guai giudiziari che legano The Donald al suo amico "Bibi". "La storia ci ha insegnato – dice ad HP Gideon Levy, firma storica di Haaretz – che quando sono in crisi interna, presidenti e capi di governo cercano di riguadagnare consensi da comandanti militari. Una tentazione che potrebbe far presa su Netanyahu come su Trump".

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