Siria, Israele apre il fronte iraniano. Salto di qualità nei giochi di guerra che infiammano il Medio Oriente
AFP/Getty Images
Le parole non sono rimaste tali. Si sono
trasformate in bombe. E hanno segnato l'inizio di uno scontro diretto
tra Israele e Iran. Terreno di battaglia: la Siria. Aerei da guerra
israeliani hanno bombardato una "base militare iraniana in costruzione
nei pressi della capitale siriana Damasco", secondo quanto hanno
riferito fonti di stampa filo-Assad citate dal quotidiano israeliano Haaretz online. Questa sarebbe la prima volta che viene colpita una installazione iraniana.
In Siria ci sarebbero oltre mille "consiglieri militari" dei
Pasdaran, che guidano le milizie sciite alleate. Secondo le fonti, il
raid è stato compiuto dallo spazio aereo libanese e ha preso di mira
installazioni vicino alla cittadina di al Kiswa, a circa 13 chilometri
da Damasco. I media governativi siriani hanno detto che la contraerea
siriana è riuscita a distruggere almeno due dei missili lanciati dagli
aerei israeliani. La televisione di Stato ha tuttavia aggiunto che
l'attacco ha provocato danni materiali, facendo intendere che altri
missili dovrebbero essere arrivati a segno.
Secondo fonti locali citate dalla televisione panaraba Al Jazeera,
l'attacco era diretto contro siti militari governativi e postazioni
delle milizie sciite libanesi Hezbollah, alleate di Damasco e di
Teheran. Le stesse fonti hanno aggiunto che forti esplosioni sono state
udite nella capitale. Secondo l'Osservatorio nazionale per i diritti
umani in Siria (Ondus), interruzioni nell'erogazione dell'elettricità
sono state registrate in alcuni sobborghi intorno a Damasco dopo
l'attacco, avvenuto circa mezz'ora dopo la mezzanotte ora locale.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha più volte ribadito
di considerare l'Iran una minaccia mortale non solo per lo Stato
ebraico ma per la stabilità del Medio Oriente e la sicurezza mondiale,
ancor più grave dello Stato islamico. Una convinzione che allinea
Israele all'Arabia Saudita. D'altro canto, concordano analisti e fonti
diplomatiche a Tel Aviv, Israele non può assistere passivamente al
continuo riarmo, via Teheran, di Hezbollah.
Secondo un recente rapporto dell'intelligence militare di
Gerusalemme, attualmente Hezbollah disporrebbe di oltre 100mila missili,
rispetto ai circa 12mila che aveva prima della guerra dell'estate 2006.
Secondo il sito French Intelligence, gli Hezbollah starebbero
costruendo almeno due installazioni in Libano, dove produrre missili ed
armamenti. Sebbene questa notizia circolasse da tempo sui siti arabi, il
magazine francese ha fornito maggiori dettagli su queste due strutture,
indicandone la posizione e la tipologia di armamenti prodotti. Una
prima struttura si troverebbe nei pressi di Hermel, nella Beqaa, mentre
la seconda sarebbe posizionata tra Sidone e Tiro. Nella prima
installazione verrebbero prodotti razzi Fateh 110 capaci di colpire
quasi tutto il territorio israeliano, con una gittata di 300 km e un
discreto livello di precisione. Nel complesso situato sulla costa
mediterranea invece verrebbero fabbricate munizioni di piccolo calibro.
Gerusalemme ha ribadito, non solo a parole ma con ripetuti raid
aerei, che non accetterà mai che Hezbollah e Iran s'insedino nel sud
della Siria. "Israele sa bene che cercare di sbattere fuori l'Iran dalla
Siria può portare ad un conflitto diretto con Teheran – rimarca Amos
Harel, tra i più autorevoli analisti militari israeliani - I comandi di
Tsahal sanno che sul terreno la minaccia principale resta al momento
quella di Hezbollah ma in prospettiva, la presenza di basi iraniane in
Siria rappresenterebbe un rafforzamento inaccettabile, non solo per
Israele ma anche per paesi arabi come Arabia Saudita, Giordania ed
Egitto, della dorsale sciita Baghdad-Damasco-Beirut".
"Abbiamo ribadito più volte – gli fa eco il ministro dell'Energia
Yuval Steinitz, tra i più vicini al premier Netanyahu – che oggi
l'espansionismo iraniano rappresenta il pericolo maggiore per la
stabilità e la sicurezza della regione. Gli Stati Uniti l'hanno
compreso, l'Europa ancora no".
Più che militare, dunque, l'attacco di al Kiswa rappresenta un salto
di qualità geopolitico nei giochi di potenza che investono il Medio
Oriente, dalla Siria allo Yemen, dall'Iraq al Libano. Giochi di guerra.
Che incrociano anche vicende interne e guai giudiziari che legano The
Donald al suo amico "Bibi". "La storia ci ha insegnato – dice ad HP
Gideon Levy, firma storica di Haaretz – che quando sono in crisi
interna, presidenti e capi di governo cercano di riguadagnare consensi
da comandanti militari. Una tentazione che potrebbe far presa su
Netanyahu come su Trump".
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