Il lancio di razzi ieri da Gaza verso il sud di Israele potrebbe
aver avuto come obiettivo le cerimonie in corso per il compleanno del
sergente Oren Shaul, un militare scomparso durante l’offensiva
israeliana “Margine Protettivo” del 2014. Sui media locali questa
ipotesi, presa in considerazione dalle autorità militari, è stata data
con ampio spazio. Dei tre razzi lanciati solo uno è riuscito a superare
il sistema difensivo Iron Dome, ed è caduto, senza causare danni alle
persone, in un kibbutz di Shar HaNegev. A breve distanza erano in corso
le cerimonie in onore del soldato, interrotte dalla sirena di allarme e
seguite dalla corsa precipitosa dei familiari di Shaul e degli altri
partecipanti verso i rifugi. Il clamore è stato enorme e ad esso hanno
contribuito i filmati messi in rete del momento in cui è scattato
l’allarme. La reazione di Israele è stata immediata. Aerei e artiglieria
hanno preso di mira presunte postazioni di Hamas a Gaza e la scorsa
notte si attendevano nuovi raid. Si teme una escalation. Tre giorni fa
Netanyahu ha lanciato un avvertimento: «Non permetteremo e non
tollereremo un’escalation da parte di Hamas o di altri gruppi
terroristici, useremo tutti i mezzi per difendere la sovranità e la
sicurezza di Israele». Nove anni fa, in questi giorni di fine anno, ebbe
inizio la prima grande offensiva israeliana, “Piombo fuso”, contro
Gaza. Ad essa seguiranno nel 2012 “Colonna di nuvole” e due anni dopo
“Margine Protettivo”.
La vicenda di Oren Shaul è perciò tornata in primo piano. Per
Israele il sergente è caduto in combattimento durante l’offensiva di
terra lanciata contro Shujayea (Gaza city) nel luglio del 2014. Il suo
corpo, aggiunge, è nelle mani di Hamas. Invece il movimento islamico
sostiene che il militare è ancora vivo e che lo libererà solo in cambio
della scarcerazione di prigionieri politici palestinesi in carcere in
Israele. Una trattativa tra le due parti è in corso dietro le quinte ma
Israele ripete che Hamas ha solo i corpi di Shaul e del tenente Hadar
Goldin, anch’egli ucciso uno scontro a fuoco nel 2014. Sono invece
prigionieri a Gaza due civili: un ebreo etiope e un beduino israeliano.
Hamas però insiste con la sua versione dei fatti e nei giorni scorsi le
Brigate Ezzedin al-Qassam, il suo braccio armato, hanno mostrato a Gaza
uno striscione con l’immagine di Oren Shaul, accompagnata da una
didascalia scritta in arabo e in ebraico: «Finché i nostri eroi non
vedranno la libertà, neanche questo prigioniero vedrà la libertà».
Il rischio di un nuovo ampio attaccocontro Gaza si abbina alle
proteste palestinesi per la dichiarazione con cui lo scorso 6 dicembre
Donald Trump ha riconosciuto Gerusalemme come capitale d’Israele. Ieri è
stato il quarto venerdì di protesta e migliaia di palestinesi hanno
preso parte alle proteste lungo le linee di demarcazione tra Gaza e
Israele e in diverse zone della Cisgiordania. Il ministero della sanità
palestinese ha riferito di 20 feriti (due sono gravi) a Gaza da
proiettili sparati dai soldati israeliani (due versano in condizioni
gravi). Decine di feriti anche in Cisgiordania, in gran parte
intossicati dai gas lacrimogeni. La tensione è stata forte
assordanti contro i gruppi di giovani che si
avvicinavano al confine, per una manifestazione organizzata dal
movimento sciita Hezbollah. Continua la mobilitazione per Ahed Tamimi,
la 16enne palestinese arrestata e in attesa di giudizio per aver
schiaffeggiato due soldati a Nabi Saleh. Twitter ha cancellato il suo
account e i familiari ne hanno prontamente aperto un altro:
#FreeAhedTamimi. Intanto l’esercito israeliano ha esteso per altri sei
mesi la detenzione amministrativa, senza processo, per la parlamentare
Khalida Jarrar, uno dei leader del Fronte popolare per la liberazione
della Palestina.
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