Fulvio Scaglione E alla fine il Giro d'Italia ha ceduto a Israele
Le
altimetrie e i depliant con “Gerusalemme Ovest” come punto di partenza
della corsa sono stati corretti. «Gerusalemme è la capitale di Israele»,
dice il Governo, «non vi sono...
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Sarebbe
un grosso errore sottostimare la polemica scoppiata tra il Governo di
Israele e l’ organizzazione del Giro d’ Italia a proposito della
definizione “Gerusalemme Ovest”. Perché la materia è politicamente
sensibile, anzi infiammabile, e infatti per quella definizione
da anni continuano a morire israeliani e palestinesi, come nell’ ultima
intifada, quella detta “dei coltelli”. Perché (anche) intorno a quella
definizione si muove molta della politica del Medio Oriente, che
tranquilla non è. E infine perché la questione, in sé secondaria, evoca
il solito dilemma: se cioè valga ancora il diritto o solo la legge del
più forte e del vincitore.
Riassumiamo. Due ministeri
dello Stato di Israele, quello dello Sport e Cultura (retto dalla
signora Miri Regev, ex brigadiere generale, ex portavoce dell’ esercito,
membro del partito Likud e nota per le posizioni intransigenti
che l’ hanno portata a sospendere i finanziamenti a enti e compagnie
sospettate di simpatie pacifiste o considerate filo-palestinesi) e
quello del Turismo (il ministro è Yariv Levin, avvocato, anche lui del
Likud, noto per essere assolutamente contrario alla creazione di uno
Stato palestinese), minacciano di annullare la partecipazione
di Israele al Giro d’ Italia (tre tappe nello Stato ebraico, con un
finanziamento da parte di Israele) se dai materiali informativi del Giro
stesso non sparirà la dizione “Gerusalemme Ovest” come punto di partenza della corsa.
“Gerusalemme è la capitale di Israele”, dice il Governo, “non vi sono
Est e Ovest”. Aggiungendo che “tali pubblicazioni sono un’ infrazione
alle intese col Governo israeliano”.
Se i ministri israeliani
affermano il vero, e cioè gli organizzatori del Giro d’ Italia avevano
stretto con loro patti che poi hanno violato, c’ è poco da dire. Ci sarà
da qualche parte un contratto che fa fede. E chi ha sbagliato dovrà
risponderne.
Resta però il fatto che la dizione
“Gerusalemme Ovest” è assolutamente corretta, di più: è quella che
dovrebbero usare tutti coloro che non sono cittadini di Israele. A
questo punto occorre ovviamente un po’ di storia.
Nel
1967, con la vittoria nella guerra dei Sei Giorni, Israele prese il
controllo di Gerusalemme Est (la città era divisa in due dal 1948, cioè
dalla proclamazione dello Stato di Israele e dalla guerra che ne era
seguita), proclamando alle Nazioni Unite che non si trattava di un’
annessione ma piuttosto di una “integrazione giuridica e
amministrativa”. Situazione che cambiò abbastanza presto grazie a una
sentenza della Corte Suprema di Israele che, al contrario, stabilì che
Gerusalemme Est era diventata parte integrante dello Stato ebraico. Nel
1980, poi, il Parlamento di Israele (Knesset) approvò la Legge per
Gerusalemme come parte della Legge Fondamentale (Israele non ha una
Costituzione in senso proprio) del Paese, dichiarando Gerusalemme
capitale unificata dello Stato ebraico. Posizione peraltro condivisa e
sostenuta dalla larga maggioranza della popolazione israeliana, come
diversi sondaggi hanno negli anni dimostrato.
Questo sul
lato di Israele. Per il resto del mondo, invece, le cose stanno in modo
ben diverso. Le Nazioni Unite considerano Gerusalemme Est “territorio
occupato” e lo fanno dal 1947 (cioè da prima della nascita
dello Stato ebraico), quando approvarono la Risoluzione 181 che dice:
“La città di Gerusalemme resterà un corpus separatum retto da un regime
speciale internazionale e amministrato dall’ Onu”. Posizione poi sempre
ribadita: nella Risoluzione dell’ Assemblea Generale del 1949, nel
Rapporto speciale sui diritti dei palestinesi del 1979, nella
Risoluzione 63/30 del 2009 (“Tutte le azioni intraprese da Israele,
potenza occupante, per imporre le proprie leggi, la propria
giurisdizione e la propria amministrazione sulla Città Santa di
Gerusalemme sono illegali e quindi prive di qualunque legittimità”) e in
ben sei Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, compresa la 478 del
1980 che definiva la Legge per Gerusalemme approvata dalla Knesset una
“violazione del diritto internazionale”.
Così la pensano
anche gli Stati Uniti, l’ Unione Europea, la Russia, il Vaticano e la
stragrande maggioranza delle nazioni ufficialmente rappresentate all’
Onu, per non parlare ovviamente dei palestinesi. Il che spiega,
anche, perché tutte le ambasciate sono tuttora a Tel Aviv e non a
Gerusalemme. C’ è qualche eccezione: la Repubblica Ceca riconosce
Gerusalemme come capitale dello Stato ebraico, anche Vanuatu, e forse
qualche altro. Difficile quindi equivocare. Israele ha la forza per fare
ciò che vuole in casa sua e nei territori occupati. Ma questo non
obbliga nessuno ad approvare ciò che fa e nemmeno a riconoscerne la
legittimità.
Ci si passi il paragone: Gerusalemme Est, al
momento, ha come parte di Israele la stessa legittimità internazionale
che ha la Crimea come parte della Russia. Qualunque ragione, giusta o
sbagliata, possano addurre gli israeliani.
Resta da
capire perché i benemeriti organizzatori del Giro d’ Italia abbiamo
deciso di andarsi a infilare in una bega così complicata e tragica, che
da decenni impegna i politici di tutto il mondo, divide gli animi e
provoca tragedie. E soprattutto perché alla fine abbiano ceduto,
cancellando la definizione “Gerusalemme Ovest” dai loro materiali
informativi, pur avendo ragione. E perché ora dicano che “tale dicitura
(Gerusalemme Ovest, n.d.r) era priva di alcuna valenza politica” senza rendersi conto che il loro cedimento una valenza politica ce l’ ha, e pure grossa.
Ma questo è un altro discorso.
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