Alberto Negri : Gerusalemme

Il nuovo Great Game, dalla Russia, all'Asia all'Africa (Oltre Gerusalemme III)
La mossa di Trump mette sotto pressione anche Putin. Pur tra grandi difficoltà il leader russo è stato finora tra gli interlocutori privilegiati del premier isareliano Netanyahu. Mosca dovrà bilanciare i suoi interessi strategici ed economici nel mondo arabo-musulmano e la necessità di avere comunque Israele dalla sua parte: lo stato ebraico occupa in Siria le alture del Golan, può colpire in Libano gli Hezbollah e creare problemi agli iraniani, dopo avere innescato la reazione adirata di Erdogan, altro alleato della Russia. Ma la decisione avrà effetti concentrici in Europa e soprattutto nel quadrante dell'Asia centrale dal Pakistan all'Afghanistan dove gli Usa hanno ancora migliaia di uomini schierati a sostegno delle deboli forze armate di Kabul mentre diventeranno ancora più tesi i rapporti con il governo di Islamabad. Anche in Nordafrica e nel Sahel, dove gli americani sono presenti con le loro basi, ci potrebbe essere una reazione che darà spazio all'islamismo radicale mettendo in difficoltà regimi locali assai fragili e dipendenti per la loro sicurezza dagli Stati Uniti. Non è un caso forse che recentemente Netanyahu sia stato in Kenya per partecipare all'insediamento del contestato presidente Uhuru Kenyatta: Israele sta mettendo in sicurezza i suoi rapporti nel Corno d'Africa con Uganda, Kenya ed Eritrea. Dalle mura di Gerusalemme lo sguardo si alza lontano verso Est e Ovest: all'orizzonte c'è ancora la polvere degli Imperi e quella di potentati e dittature in disfacimento.

Gli Usa mettono spalle al muro l’Europa (Oltre Gerusalemme II)
Per quale motivo Trump, pur non spostando subito l’ambasciata Usa a Gerusalemme, fa in questo momento la mossa di riconoscere la città come capitale di Israele? Il presidente Usa è in evidente difficoltà, fuori e dentro. All’estero gli Usa hanno perso la guerra di Siria e comunque devono venire a patti con la Russia che ha dalla sua parte Iran e Turchia. In Corea del Nord non può fare la guerra a Pyongyang perché avrebbe contro la Cina e la Russia stessa. All’interno ha cambiato in un anno una pletora di ministri e deve affrontare il Russiagate. Non gli resta che appoggiarsi al suo elettorato filo-israeliano e alla lobby che lo ha portato alla Casa Bianca con il genero. Per salvarsi il posto mette di nuovo nei guai il Medio Oriente e in pericolo i suoi stessi alleati arabi. Gli iraniani sono avvantaggiati da questi errori ma sono anche preoccupati: la casa dei Saud e quella giordana Hashemita potrebbero vacillare e questa nonostante le apparenze anche per Teheran non è una buona notizia. La caduta dei regimi mediorientali, come dimostra il recente passato, non porta stabilità ma ad altre guerre e migrazioni forzate. Le decisioni Usa sono prese senza neppure consultare gli alleati europei e la Nato. In poche parole gli Stati Uniti non sono più affidabili pur avendo in mano tutte le chiavi della sicurezza europea. Chi ci protegge ci può anche bastonare. Trump sta mettendo con le spalle al muro non solo il Medio Oriente ma anche l’intera Europa.

In che mani siamo...(Oltre Gerusalemme)
Spostare l’ambasciata Usa a Gerusalemme avrà l’effetto di compattare l’intero mondo arabo-musulmano. Se finora il punto focale degli alleati degli americani come i sauditi, le monarchie del Golfo e i giordani era fermare l’influenza iraniana della regione, adesso si sposterà ancora nel cuore della questione palestinese e nei territori occupati. Se l’Iran fa passi avanti, anno dopo anno, questo è dovuto soprattutto agli errori dei suoi avversari. Un solo sospetto: Trump forse solleva un polverone in Medio Oriente per allontanare l’attenzione dal Russiagate. In ogni caso la politica americana sembra l’espressione di una geometrica incapacità a comprendere il mondo. O magari segue soltanto il vecchio detto “tanto peggio, tanto meglio”, quello del “caos creativo” delle amministrazioni americane degli ultimi anni. In che mani siamo..



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