video: 30000 donne marcano vestite ddi bianco . Il 'grido' per la pace delle donne palestinesi ed israeliane

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Migliaia di donne israeliane e palestinesi insieme in marcia per la pace >
Due settimane di marcia, dal 24 settembre - inizio del nuovo anno ebraico - all'8 ottobre, toccando i quattro angoli dello stato di Israele e la Cisgiordania, percorrendo una simbolica "strada per la pace" per chiedere ai rispettivi leader di raggiungere un accordo politico che metta fine alle ostilità tra i due popoli e un'adeguata rappresentanza delle donne ai negoziati.
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Queste le richieste di migliaia di donne israeliane e palestinesi, vestite tutte di bianco, che hanno partecipato - per il secondo anno consecutivo - all'iniziativa promossa da Women Wage Peace, che si concluderà il 10 ottobre.
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Alla manifestazione hanno preso parte anche vittime del conflitto israelo-palestinese. "Dobbiamo unirci per poter ottenere la pace che tutti vogliamo", ha dichiarato ad AFP Michal Froman, accoltellata da un palestinese nel gennaio 2016, mentre era in attesa del suo quinto figlio, perché vuole ancora "credere nella pace".
Della stessa opinione è Huda Abuarquob, palestinese, che ha lavorato all'organizzazione dell'evento, poiché ritiene che "questa marcia non è l'ennesima protesta, ma un'opportunità per dire che vogliamo la pace e che insieme possiamo ottenerla".
"Siamo donne di destra e di sinistra, ebree ed arabe, provenienti da città e periferie e abbiamo deciso che fermeremo la prossima guerra", ha affermato Marilyn Smadja, anche lei nell'organizzazione.
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Per le giornate di oggi e domani è stata allestita nel deserto, nei pressi di Gerusalemme, una "capanna della pace", dove si svolgeranno incontri e varie attività. Donne e bambini realizzeranno cartelli colorati con la scritta "la pace sia con te" in arabo ed ebraico. Sarà inaugurato, inoltre, un parlamento femminile che si impegnerà a presentare le azioni promosse da Women Wage Peace alla Knesset, il parlamento israeliano.
"Gli uomini che detengono il potere credono solo nella guerra ma, con la nostra forza, noi donne possiamo offrire qualcos'altro, qualcosa di nuovo", ha dichiarato Amira Zidan, madre arabo-israeliana di una delle fondatrici di Woman Wage Peace.
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Women Wage Peace è un movimento di donne per la pace. La sua prima campagna è stata un digiuno della durata di 50 giorni, tanti quanti quelli del conflitto sanguinoso avvenuto nella Striscia di Gaza nell'estate del 2014, in cui persero la vita più di 2.100 palestinesi, soprattutto civili, e 66 soldati e 7 civili israeliani.
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ISRAELE - PALESTINA


Hanno partecipato in 30mila alla marcia partita a settembre da Sderot fino a Gerusalemme. Sobhy Makhoul: sono donne ferite nel cuore, la loro voce vera e sincera in un mondo quasi sordo. 

Gerusalemme (AsiaNews) – “Un grido vero e sincero” in un mondo “che è quasi sordo”. Così Sobhy Makhoul, diacono del Patriarcato maronita di Gerusalemme, commenta il corteo per la pace che si è tenuto ieri a Gerusalemme. Circa 30mila donne hanno marciato per la città, dichiarando a voce unisona: “Non ci fermeremo fino a quando otterremo un accordo di pace”.
L’iniziativa, promossa dall’ong “Women Wage Peace” (Wwp), è partita il 24 settembre (capodanno ebraico) da Sderot, nel deserto del Negev, per poi procedere nei Territori e in Israele. Essa ha incluso attività diverse, fra marce e momenti di incontro, dialogo e preghiera, e si concluderà domani a Gerusalemme. Le partecipanti chiedono un accordo politico per la pace e l’inclusione delle donne nei negoziati.
Fra le relatrici vi era l’ex-parlamentare Shakib Shanan, madre di una delle vittime dell’attacco alla Spanata delle Moschee dello scorso luglio: “Nel nome di questo grande pubblico e di centinaia di migliaia di israeliani, mi rivolgo ad Abu Mazen [il presidente palestinese Mahmoud Abbas] e al [primo ministro Benjamin] Netanyahu – Basta! Mettetevi a tavolino! Vogliamo la pace.”
Per Makhoul simili iniziative “dal basso verso l’alto” sono importanti perché “esprimono una parte del popolo israeliano, il quale non vuole la guerra, l’occupazione, che continui questa situazione”. La  voce di queste donne riempie il vuoto lasciato dall’assenza di partiti politici che si impegnino davvero per la pace, in un momento di “ristagno politico” dovuto al disinteresse della comunità internazionale verso la questione palestinese.
“Queste donne sono sincere in quello che dicono, cercano di far valere la loro voce in un mondo che è quasi sordo – afferma Makhoul – Hanno sofferto molto, sia israeliane che palestinesi. I loro figli sono stati soldati, forse sono stati feriti, forse sono stati ammazzati o sono morti in guerra. Questa gente che chiama e che grida, sono donne ferite nel cuore. È un grido vero e sincero che speriamo porti frutto”.
Wwp è nata tre anni fa, come reazione al conflitto a Gaza, e conta al momento 24mila membri, fra cui “migliaia di donne di destra, centro e sinistra, arabe ed ebree, religiose e laiche – tutte unite per chiedere un accordo politico per porre fine al conflitto israelo-palestinese”.


 


Nota Redazionale
Questo articolo di cronaca parla di una marcia della pace di donne, in prevalenza ebree israeliane, a cui hanno partecipato alcune donne  palestinesi con cittadinanza israeliana e che ha coinvolto in modo trasversale anche donne di destra e colone. Fino ad ora non è emersa una  piattaforma programmatica di questa associazione nata dopo l’ultimo attacco di Israele a Gaza, se non quella della rivendicazione della pace e che le due parti si mettano d’accordo. Abbiamo scelto di pubblicare questo articolo per puro scopo di documentazione, non condividendo  la genericità della rivendicazione e soprattutto un’impostazione che tende a mettere sullo stesso piano le responsabilità israeliane e palestinesi per il mancato raggiungimento di un accordo. Se questo nelle intenzioni delle organizzatrici doveva servire a far partecipare il maggior numero possibile di donne, anche di orientamento politico opposto, così si nasconde la realtà delle cose, in cui c’è una potenza occupante che espropria e colonizza le terre palestinesi, affama e bombarda Gaza ed espelle i palestinesi da Gerusalemme est e i beduini, che pure hanno la cittadinanza israeliana, dal Negev.
Nir Hasson
8 ottobre 2017, Haaretz
Faccio appello ad Abbas e Netanyahu – basta! Smettetela. Smettetela! Noi vogliamo la pace’, dice una ex deputata arabo-israeliana il cui figlio è stato ucciso nell’attacco terrorista sul Monte del tempio.
Domenica sera circa 30.000 persone hanno partecipato alla marcia di “Women Wage Peace” (“Le Donne fanno la Pace”, ndt.) al parco dell’Indipendenza di Gerusalemme.
La manifestazione è stata il culmine di una “marcia per la pace” iniziata due settimane fa a Sderot nel Negev, che ha attraversato i territori ed Israele ed ha visto la partecipazione di migliaia di donne israeliane e palestinesi, che invocavano un accordo di pace. Vi ha preso parte anche Adina Bar-Shalom, fondatrice di un collegio femminile ultraortodosso e figlia dell’ex rabbino capo sefardita Ovadia Yosef [rabbino e politico, fondatore del partito ultraortodosso sefardita “Shah”, noto per dichiarazioni molto virulente contro i palestinesi, ndt.].
Tra gli interventi vi è stato quello dell’ex deputata della Knesset Shakib Shanan [si tratta di una ex-parlamentare del partito laburista di origine drusa, una comunità alleata con gli ebrei israeliani, ndt.], il cui figlio Kamil è stato ucciso in un attentato terrorista al Monte del Tempio tre mesi fa. “Benché il mio cuore sanguini, sono qui questa sera con voi. Con l’orgoglio e la speranza che solo la pace e l’amore debbano unirci. Abbiamo tanto sofferto, famiglie palestinesi e famiglie israeliane hanno perso i loro cari e sono rimaste con una ferita che non si rimargina. Sono venuta qui per dire ‘vogliamo vivere!’. Ci permettiamo di dirlo forte –amiamo la pace. A nome di questa enorme folla qui e di centinaia di migliaia di israeliani faccio appello ad Abu Mazen (il Presidente palestinese Mahmoud Abbas) e (al primo ministro) Benjamin Netanyahu – basta! Smettetela. Smettetela! Vogliamo la pace. Ascoltate il nostro grido, proviene dai nostri cuori. Ascoltate il grido della verità e della giustizia, vogliamo la pace, da questo luogo nasce la speranza.”
“Women Wage Peace”
Il movimento “Women Wage Peace” è stato fondato tre anni fa dopo la guerra di Gaza ed oggi conta 24.000 aderenti.
Per poter avere un’influenza su chi ha il potere di decidere, le fondatrici del movimento hanno compreso che c’era bisogno di una massa critica di sostenitrici. Per ottenerla, sapevano di dover fare appello a donne che erano al di fuori della loro base naturale: israeliane di destra, israeliane religiose, addirittura colone. Per indirizzarsi ad un pubblico così ampio e differenziato, si sono rese conto che dovevano evitare le contrapposizioni e concentrarsi su questioni su cui quasi tutte le donne potessero concordare.
Il messaggio dell’organizzazione è questo: non ci fermeremo finché non ci sarà un accordo di pace. Ma come sarà precisamente questo accordo – includerà, per esempio, uno Stato palestinese indipendente e l’evacuazione delle colonie, oppure, in alternativa, uno Stato bi-nazionale ebreo-arabo? – è una questione che devono decidere i leader israeliani eletti, secondo la dichiarazione di intenti di “Women Wage Peace”.
Il gruppo deve molto del suo successo – si tratta del movimento per la pace maggiormente in crescita in Israele negli anni recenti – alla sua strategia di concentrare la pressione su ciò che vuole ottenere, piuttosto che su ciò a cui è contrario. Evitando la discussioni sulle questioni di fondo del conflitto israelo-palestinese, ha avuto successo laddove movimenti simili hanno fallito, inserendosi in segmenti della popolazione un tempo considerati essere una causa persa.
Judy Maltz ha contribuito a questo report.
(Traduzione di Cristiana Cavagna)






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