Rapporto OCHA del periodo 12 – 25 settembre 2017 (due settimane)
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- Hamas ribadisce: il braccio armato non è oggetto di discussione nei colloqui di riconciliazione
- L’unità dei palestinesi è finalmente arrivata?
- Rapporto OCHA del periodo 12 – 25 settembre 2017 (due settimane)
- L’eroe sionista progressista Barak si vanta che la sinistra israeliana ha “liberato” i territori occupati per gli ebrei
Nei
territori palestinesi occupati [Cisgiordania e Striscia di Gaza], in
scontri con le forze israeliane, sono stati feriti 48 palestinesi, tra
cui dieci minori e sei donne.
Quattro i
feriti nella Striscia di Gaza, durante le proteste presso la recinzione
perimetrale, i rimanenti in Cisgiordania. Il numero più elevato di
feriti (33) è stato registrato nel governatorato di Qalqiliya: nel
villaggio di Azzun, durante un’operazione di ricerca-arresto e a Kafr
Qaddum, durante la manifestazione settimanale contro le restrizioni di
accesso. Inoltre, vicino al villaggio di Kiryat Arba (Hebron), le forze
israeliane hanno colpito, ferito e successivamente arrestato un
quindicenne palestinese che, a quanto riportato, aveva tentato di
accoltellare un israeliano.
Complessivamente,
in Cisgiordania, le forze israeliane hanno condotto 123 operazioni di
ricerca-arresto ed hanno arrestato 152 palestinesi, di cui 20 minori. La maggior parte delle operazioni sono state svolte nei governatorati di Hebron e di Gerusalemme (37 ciascuno).
Il 20 settembre, nel villaggio di Kafr Qaddum (Qalqiliya), un bambino palestinese di 11 anni è stato ferito dalla detonazione di un ordigno inesploso.
Nella
Striscia di Gaza, nelle Aree ad Accesso Riservato (ARA) di terra e di
mare, in almeno dieci casi, le forze israeliane hanno aperto il fuoco in
direzione di civili palestinesi; un pescatore è stato ferito e la
sua barca confiscata. Inoltre, è stato riferito che al valico di Erez un
commerciante è stato arrestato dalle forze israeliane. In due occasioni
le forze israeliane sono entrate nella Striscia di Gaza presso Khan
Younis ed hanno effettuato operazioni di spianatura del terreno e di
scavo lungo la recinzione perimetrale.
Il 13 settembre, nella città di Yatta (Hebron), durante uno scontro a fuoco avvenuto nel contesto di un’operazione di ordine pubblico, le forze di sicurezza palestinesi hanno ucciso un 34enne palestinese e ne hanno ferito un altro.
In Area C
e Gerusalemme Est, per la mancanza di permessi di costruzione, le
autorità israeliane hanno demolito 21 strutture, sfollando 29 persone,
di cui 16 minori, e compromettendo i mezzi di sostentamento di altre 40.
La demolizione più ampia è avvenuta in Area C, nella comunità di
Istaih, vicino alla città di Jericho dove le autorità israeliane hanno
demolito 16 strutture, tutte, tranne una, in fase di costruzione. A
Gerusalemme Est sono state demolite quattro strutture: un impianto di
lavaggio auto, un riparo per animali e il secondo piano di un edificio a
due piani. La demolizione di quest’ultimo ha gravemente danneggiato
l’intero edificio.
Nella comunità pastorale di Umm al Oborin, nella valle del Giordano settentrionale, le
forze israeliane hanno sequestrato due mucche e 50 barili per la
conservazione dell’acqua. Il sequestro ha compromesso il sostentamento
di 14 persone, di cui quattro minori. La Comunità si trova
all’interno di un’area che Israele ha dichiarato “zona per esercitazioni
a fuoco” e riserva naturale. Inoltre, in due distinti episodi che hanno
interessato i villaggi di Beit Furik (Nablus) e Kafr Qaddum
(Qalqiliya), le autorità israeliane hanno sequestrato tre bulldozer di
proprietà palestinese, adducendo la motivazione che gli stessi erano
impiegati per costruzione illegale in Area C.
Militari
israeliani, presentatisi presso la comunità di Khan al-Ahmar / Abu al
Helu (Gerusalemme), in Area C, hanno reiterato ai leader locali l’ordine
di lasciare l’area per trasferirsi in un sito di rilocalizzazione a
loro destinato. Secondo i resoconti dei media, il Procuratore di
Stato israeliano ha informato la Corte di Giustizia israeliana della sua
intenzione di trasferire la Comunità entro la metà del 2018. Questa è
una delle 46 comunità beduine palestinesi della Cisgiordania centrale,
in cui vivono complessivamente circa 8.100 persone, a rischio di
trasferimento forzato e gravate da un contesto coercitivo prodotto da
una serie di politiche israeliane (demolizioni incluse) e da un piano di
rilocalizzazione [stilato da Israele].
Il 13
settembre, secondo quanto riferito, coloni israeliani hanno dato fuoco a
circa 400 ulivi appartenenti a 19 agricoltori palestinesi di Burin
(Nablus). L’area presa di mira è adiacente all’insediamento colonico
di Yitzhar e, per accedervi, ai palestinesi è richiesto un
coordinamento preventivo con le autorità israeliane. Dall’inizio
dell’anno sono stati vandalizzati circa 2.800 alberi di proprietà
palestinese; lo scorso anno furono 1.650.
Secondo i rapporti dei media israeliani, sulle
strade principali dei governatori di Ramallah e Hebron, almeno cinque
episodi di lancio di pietre e bottiglie incendiarie contro veicoli
israeliani hanno causato il ferimento di due coloni israeliani, tra cui un minore, e danni ad almeno quattro veicoli.
Durante il periodo di riferimento, il
valico egiziano di Rafah è stato aperto per tre giorni in una sola
direzione, consentendo a 2.083 pellegrini palestinesi di fare ritorno
nella Striscia di Gaza. Nel corso del 2017 il valico è stato
parzialmente aperto per soli 29 giorni. Secondo le autorità palestinesi
di Gaza, oltre 20.000 persone, tra cui casi umanitari, sono registrati e
in attesa di attraversare.
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Ultimi sviluppi (fuori dal periodo di riferimento)
Il 26 settembre, nei
pressi del villaggio di Har Hadar (governatorato di Gerusalemme), un
palestinese ha ucciso, con arma da fuoco, due guardie di sicurezza
israeliane e un poliziotto di frontiera che erano in servizio presso un attraversamento della Barriera; l’aggressore è stato colpito e ucciso.
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