Limes: Gli Usa contro la sfera d’influenza dell’Iran
Nei confronti del nucleare iraniano Trump e gli apparati paiono aver trovato un compromesso assai sofisticato.
La voglia (elettorale) del presidente di abbandonare l’impegno sottoscritto
dall’amministrazione precedente si è fusa con la necessità degli
strateghi statunitensi di premere sulla Repubblica Islamica e di
comunicare con alleati e avversari, senza rinnegare l’accordo del 2015.
Perché negli ultimi due anni la situazione mediorientale si è alquanto modificata.
Allora la Repubblica Islamica era sulla difensiva, quasi travolta
dall’insurrezione sunnita in Siria e in Iraq, mentre oggi sembra
prossima a mantenere la propria sfera di influenza tra l’altopiano
persiano e il Mediterraneo.
A determinare tanto risultato, oltre all’impegno militare di Teheran,
hanno concorso l’intervento russo e la volontà proprio degli Stati
Uniti di guidare da remoto le milizie curde ed arabe contro lo Stato
Islamico.
Troppo per Washington, che si spende da sempre per impedire che una singola potenza possa dominare la propria regione d’appartenenza e che ora necessita di ridurre l’ingerenza iraniana.
Di qui la volontà di segnalare a Teheran d’essere pronti
perfino a misconoscere i patti, senza farlo realmente, con l’obiettivo
di convincere soprattutto gli alleati europei a colpire il programma
missilistico iraniano e comunicare alla Russia che, in assenza di una
intercessione nei confronti di Rohani, non otterrà alcuna concessione
sul fronte europeo.
Sul piano scenografico, ne sono scaturiti duri strali di Trump contro l’Iran e l’apparente consegna del dossier al Congresso. Nel tentativo di perseguire un antico dettame della strategia americana.
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