La strage silenziosa dei bambini in Yemen e le armi italiane
I
morti non hanno lo stesso peso. Neanche se bambini. Per commuoversi c'è
bisogno di una foto (il piccolo Aylan) e a volte non basta neanche
quella. È la…
huffingtonpost.it
I morti non hanno lo stesso peso. Neanche se bambini. Per commuoversi c'è bisogno di una foto (il piccolo Aylan) e a volte non basta neanche quella. È la gerarchia dell'orrore contro cui occorrerebbe un sussulto di indignazione, specie da chi lavora nella comunicazione. Così, purtroppo, non è. L'esempio è lo Yemen. 5 ottobre 2017. In un Paese dimenticato di una guerra dimenticata succede questo: la coalizione araba a guida saudita è responsabile della morte, del ferimento e delle sofferenze di bambini e minori nel contesto del conflitto in atto in Yemen. È quanto affermano le Nazioni Unite, che hanno inserito Riyadh in un elenco - ancora provvisorio e da approvare - di Stati e fazioni che "ammazzano e minacciano bambini in un'area di guerra".
Dal
testo Onu emerge che, solo nel 2016, i raid della coalizione hanno
provocato 683 vittime minori di età; inoltre, in altre 38 occasioni, le
bombe hanno centrato scuole e ospedali. All'interno della lista -
riporta l'agenzia AsiaNews - vi sono anche le forze governative
yemenite, alleate ai sauditi, e la fazione opposta formata dai ribelli
Houthi. Immediata la risposta della coalizione araba a guida saudita,
che nega di aver colpito "di proposito" civili o infrastrutture. Fonti
Onu parlano di oltre 8.530 morti, il 60% dei quali civili, e 48mila
feriti. Il conflitto ha inoltre lasciato oltre 20 milioni di persone
bisognose di assistenza umanitaria, innescato una delle peggiori
emergenze alimentare e provocato lo scoppio della peggior epidemia di
colera al mondo.
Ogni
anno la segreteria generale delle Nazioni Unite pubblica un documento
riguardante i bambini e i conflitti armati. Esso contiene anche "liste
di entità" - siano essi Stati, coalizioni, fazioni, gruppi - accusate di
compiere violazioni ai danni di minori di età. Nella bozza del rapporto
si legge che "in Yemen, le azioni della coalizione hanno portato in
modo oggettivo all'inserimento nella lista, per l'uccisione e il
ferimento di bambini. Almeno 683 morti fra i bambini sono da attribuire a
questa fazione ed è responsabile anche di 38 incidenti, che hanno
coinvolto scuole e ospedali nel 2016".
Va
inoltre aggiunto che il rapporto Onu riconosce che la coalizione "ha
messo in atto misure" per "migliorare" protezione e tutela dei bambini.
Abdallah al-Mouallimi, rappresentante permanente dell'Arabia Saudita
all'Onu, non ha voluto commentare la bozza del rapporto, fino a che non
verrà diffusa la versione ufficiale. La pubblicazione è prevista entro
la fine di ottobre. Chissà quanti civili, e quanti bambini, moriranno
nel frattempo. E quelle morti, c'è da scommetterci, non faranno notizia.
Ma di fronte a quelle stragi d'innocenti, almeno una domanda sorgerebbe
spontanea: con quali bombe vengono massacrati. E qui arriva l'Italia. 20 settembre 2017. Una data da cerchiare in rosso.
La Camera dei deputati respinge l'ipotesi di embargo relativo alla
fornitura di bombe italiane verso l'Arabia Saudita e la conseguente
partecipazione, seppur indiretta, dell'Italia a una guerra senza
autorizzazione né mandato internazionale come quella in atto nello
Yemen. L'Italia invia da Cagliari armi fabbricate negli stabilimenti
sardi della RWM Spa, di proprietà della tedesca Rheinmetall. Armi che
hanno provocato la morte di centinaia di civili.
"L'Italia
non può contribuire a questo scempio con ordigni fabbricati sul proprio
territorio e inviati in particolare all'Arabia Saudita, Paese che guida
la coalizione militare è intervenuta, senza alcun mandato
internazionale, nel conflitto in corso in Yemen contro i gruppi armati
Houti. Nessuna alleanza in materia di contrasto al terrorismo
internazionale, né la mancanza di formali embarghi internazionali e
nemmeno l'impegno sul fronte diplomatico può giustificare il protrarsi
di queste forniture di morte e distruzione". È un passaggio dell'appello
congiunto di Amnesty International Italia–Fondazione Finanza
Etica–Movimento dei Focolari-Oxfam Italia-Rete della Pace Rete Italiana
per il Disarmo, rivolto a tutti i membri del Parlamento alla vigilia del
pronunciamento del 20 settembre.
"Parlamento
e Governo -annota Gianni Rufini, direttore generale di Amnesty
International Italia - dimostrano lo scarso interesse per il rispetto
dei diritti delle vittime di un conflitto violentissimo e illegale, per
fare un favore all'industria degli armamenti e all'Arabia Saudita, il
Paese che riesce a farsi perdonare ogni abuso col peso della sua potenza
finanziaria. La decisione della Camera di rimandare a una generica
"linea d'azione condivisa" con gli Stati dell'Ue è il classico metodo
per guadagnare tempo e rinviare la questione sine die. L'Unione europea
si è già espressa tramite il Parlamento europeo, l'Italia ha
sottoscritto nel 2013 il trattato ATT (Arms Trade Treaty) che impedisce
la vendita di armamenti ai Paesi in conflitto, e la legge italiana 185
del 1990 già prevede questo divieto. Ancora non basta? Le prove
indiscutibili dei crimini di guerra e delle brutalità commesse contro la
popolazione yemenita evidentemente non sono sufficienti a risvegliare
una classe politica ormai priva di riferimenti morali". "È incredibile
come la maggioranza parlamentare, continui a essere sorda alla
situazione dello Yemen, ignorando le nostre richieste di uno stop
dell'invio di armi verso le parti in conflitto – gli fa eco Francesco
Vignarca, Portavoce di Rete Disarmo. "Fermare la fornitura di armamenti
alle forze militari della coalizione guidata dall'Arabia Saudita –
sottolinea a sua volta Oxfam – è un dovere nazionale, è una decisione di
responsabilità, è dimostrare che l'Italia mette la pace, la sicurezza e
la difesa dei diritti umani al centro della propria politica estera e
di difesa".
Diversi
Paesi europei con cui l'Italia è alleata, tra cui Germania, Svezia e
Olanda, già da tempo hanno interrotto le forniture di sistemi militari
all'Arabia Saudita, in particolare quelle impiegate dall'aviazione
saudita in Yemen. "Fin da gennaio – denuncia Giorgio Beretta
dell'Osservatorio sulle armi di Brescia (Opal) - le Nazioni Unite hanno
reso noto un rapporto nel quale non solo documentano che 'la coalizione
guidata dall'Arabia Saudita non ha rispettato il diritto umanitario
internazionale in almeno 10 attacchi aerei diretti su abitazioni,
mercati, fabbriche e su un ospedale', ma certificano che diversi di
questi attacchi sono stati compiuti con bombe di fabbricazione italiana
denunciando, senza mezzi termini, che queste azioni militari 'possono
costituire crimini di guerra' ('may amount to war crimes'): che è il
massimo che può dire un gruppo di esperti, perché non è un tribunale".
In
particolare, quel Rapporto dimostra il ritrovamento, a seguito di due
bombardamenti a Sana'a nel settembre 2016, di più di cinque "bombe
inerti" sganciate dall'aviazione saudita contrassegnate dalla sigla
"Commercial and Government Entity (CAGE) Code A4447". Quest'ultima è
riconducibile all'azienda RWM Italia S.p.A. del gruppo tedesco
Rheinmetall, con sede legale in via Industriale 8/D a Ghedi, in
provincia di Brescia. Secondo gli esperti delle Nazioni Unite,
"l'utilizzo di queste armi rivela una tattica precisa, volta a limitare i
danni in aree in cui risulterebbero inaccettabili".
Gli
esperti spiegano inoltre che "una bomba inerte del tipo Mk 82 ha un
impatto pari a quello di 56 veicoli da una tonnellata lanciati a una
velocità di circa 160 km all'ora". Dopo le ripetute denunce presentate
all'Italia dall'Onu e da organizzazioni umanitarie internazionali e
italiane circa l'esportazione all'Arabia Saudita di bombe fabbricate in
Sardegna e usate contro civili nella guerra in Yemen, è emersa la prima
vera conferma da organizzazioni indipendenti yemenite del ritrovamento
di frammenti di ordigni made in Italy della RWM di Ghedi (Brescia) sul
luogo di un sanguinoso raid aereo di otto mesi fa nel nord-ovest dello
Yemen e nel quale sono morti almeno sei civili: una donna, un uomo e
quattro minori. La denuncia è dell'ong yemenita Mwatana (Cittadinanza),
che riceve fondi, tra l'altro, dall'agenzia Onu per l'infanzia (Unicef).
Nata nel 2013, Mwatana dal 2015 monitora costantemente e in tutto lo
Yemen le violazioni contro civili nella guerra in corso tra più parti e a
cui partecipa la Coalizione a guida saudita contro l'insurrezione
Huthi. Il capo ufficio stampa di Mwatana, Taha Yaseen, ha confermato
quanto scritto dalla stessa organizzazione lo scorso 24 marzo in un
rapporto sulle vittime civili causate, tra l'altro, da un raid aereo
compiuto alle 3 del mattino dell'8 ottobre 2016 su Der al Hajari,
località nel distretto di Bajel nella regione nord-occidentale di
Hodeida. "Sul luogo dell'attacco sono stati rinvenuti resti degli
armamenti usati nel bombardamento. Tra questi un frammento di una bomba
di fabbricazione italiana identificata grazie all'analisi delle sigle".
A
conclusione di un'approfondita indagine, che ha incrociato tabelle
ministeriali e altre fonti, Opal ha potuto riscontrare "una licenza da
411 milioni di euro alla Rwm Italia è destinata proprio all'Arabia
Saudita", rimarca ancora Beretta. Si tratta dell'autorizzazione
all'esportazione di 19.675 bombe Mk 82, Mk 83 e Mk 84. Bombe sganciate
su obiettivi civili, comprese scuole e ospedali pediatrici. E a morire o
a restare menomati per sempre in questi attacchi sono i bambini. "Negli
ultimi 15 mesi i bambini yemeniti sono stati vittime di una violenza
indicibile. Tutte le parti in conflitto sono responsabili di una
situazione terribile, di orrori inimmaginabili", racconta Edward
Santiago, direttore di Save the Children in Yemen. "Giungono notizie
davvero tragiche dallo Yemen dove la guerra sta uccidendo una
generazione di bambini innocenti", incalza Andrea Iacomini, portavoce
dell'Unicef in Italia: "Abbiamo notizie fondate che parlano di numeri
agghiaccianti di questo conflitto. Nel solo 2017, 347 bambini e bambine
sono stati mutilati, 377 bambini sono stati reclutati come soldati e
vittime di violenze ma sappiamo che sono molti di più. Per non parlare
sempre in questo anno dei bimbi uccisi che ad oggi risultano essere
oltre 200". Una "nuova Siria", afferma Iacomini, "sta esplodendo davanti
ai nostri occhi senza che nessuno muova un dito. Gridiamo a gran voce
pace o sarà l'ennesima catastrofe umanitaria di cui non possiamo restare
complici".
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