Electronic Intifada :L’ambasciatore di Trump in Israele esce dai ranghi
29 settembre 2017,Electronic Intifada
Qual’è
la politica di Donald Trump riguardo ad Israele e i palestinesi?
Nessuno all’interno dell’amministrazione del presidente sembra in grado
di dirlo.
In
un’intervista ad un sito di informazioni israeliano, David Friedman,
ambasciatore di Trump a Tel Aviv, ha avanzato ipotesi in contraddizione
con decenni di politica statunitense e con le posizioni sostenute
dall’amministrazione.
La
risposta del Dipartimento di Stato ai suoi commenti dà ulteriormente
l’impressione di una politica estera in totale confusione.
Alla
domanda sulle colonie israeliane nella Cisgiordania occupata, Friedman
ha risposto a ‘Walla! News’[portale di notizie israeliano legato al
gruppo editoriale di Haaretz, ndt.]:
“Penso che le colonie siano parte di Israele. Penso che ci si aspettasse questo quando fu adottata la risoluzione 242 nel 1967.”
Friedman,
a lungo avvocato fallimentare di Trump, si riferiva ad una risoluzione
del Consiglio di Sicurezza che, di fatto, sottolinea “l’inammissibilità
dell’acquisizione di territori con la guerra” e chiede il ritiro di
Israele dal territorio occupato nella guerra del 1967.
L’interpretazione
di Friedman contraddice direttamente diverse successive risoluzioni che
riaffermano esplicitamente l’illegalità delle colonie israeliane in
Cisgiordania.
Il
trasferimento da parte di Israele della sua popolazione civile in un
territorio che occupa è una violazione della Quarta Convenzione di
Ginevra e quindi è un crimine di guerra.
Friedman, tra l’altro, è un importante finanziatore di una di quelle colonie.
Cambiamento radicale
L’ambasciatore
ha minimizzato l’importanza delle colonie, affermando: “Voglio dire,
stanno semplicemente occupando il 2% della Cisgiordania.”
Era totalmente fuori strada.
La
realtà è che Israele dispone di un massiccio sistema di colonie da
insediamento in tutta la Cisgiordania, inclusa Gerusalemme est. Più
della metà della Cisgiordania è stata confiscata per le colonie o
interdetta in altro modo ai palestinesi.
Per
decenni la politica USA è stata di considerare le colonie come un
ostacolo ad uno Stato palestinese indipendente in Cisgiordania e nella
Striscia di Gaza. E lo scorso dicembre gli USA hanno permesso che il
Consiglio di Sicurezza approvasse una risoluzione che riaffermava
l’illegalità di tutte le colonie.
Ma
l’opposizione a parole degli Stati Uniti alle colonie non ha mai
coinciso con i fatti: le diverse amministrazioni hanno continuato a
staccare assegni in bianco ad Israele, mentre gli insediamenti
continuavano ad espandersi. I commenti di Friedman rappresentano un
cambiamento radicale di quella politica, per quanto inefficace possa
essere stata.
Alla
domanda di ‘Walla!’ se sarebbe mai arrivato a pronunciare forte e
chiaro le parole “soluzione dei due Stati”, Friedman ha detto che
l’espressione ha perso ogni significato perché “significa cose
differenti per gente diversa.”
Quanto
al significato che ha per lui, ha glissato. “Non ha significato, non ho
certezze. Per quanto mi riguarda, non mi interessano le etichette, mi
interessano le soluzioni”, ha detto.
“E’ uscito dai ranghi?”
Nella
conferenza stampa di giovedì la portavoce del Dipartimento di Stato
Heather Nauert ha faticosamente cercato di riconciliare quanto detto da
Friedman con la politica dell’amministrazione che rappresenta.
“Le
sue affermazioni – e intendo essere estremamente chiara su questo punto
– non devono essere lette come un modo per pregiudicare l’esito di
qualunque negoziato che gli Stati Uniti possano avere con israeliani e
palestinesi. Non devono neanche segnalare un mutamento nella politica
USA”, afferma Nauer.
“E’ uscito dai ranghi?”, chiede un giornalista.
“E’
almeno la seconda volta che da questa tribuna lei ha dovuto in qualche
modo smentire le notazioni dell’ambasciatore Friedman, quando ha tirato
fuori la ‘presunta occupazione’”, dice un altro giornalista, riferendosi
ad un recente commento di Friedman al giornale di destra Jerusalem Post, in cui insinuava che gli Stati Uniti non considerano Cisgiordania e Gaza occupate da Israele.
E
aggiunge: “Anche se non si tratta di un cambio di posizione, la
sensazione che l’ambasciatore in Israele sia di parte relativamente a
questo conflitto sta creando problemi agli USA?”.
“Abbiamo
alcuni dirigenti e rappresentanti del governo USA molto efficienti,
compresi Jason Greenblatt e Mr. Kushner, che dedicano un’enorme quantità
di tempo alla regione”, risponde Nauert, riferendosi a due dei
consiglieri di Trump.
Il giornalista dell’Associated Press Matt
Lee sottolinea che “il problema nasce dal fatto che Friedman è
l’ambasciatore confermato dal Senato. Né Greenblatt né Kushner lo sono…
Si
presume che gli ambasciatori in qualunque Paese parlino in nome e con
l’autorità del presidente degli Stati Uniti. Non pensa che questo generi
confusione?”
Ambasciatore di chi?
Bella domanda. Durante
l’intervista Friedman si è comportato come se fosse l’ambasciatore di
Israele negli USA, invece che l’ambasciatore degli USA in Israele.
Ha
ribadito che l’amministrazione Trump trasferirà l’ambasciata USA da Tel
Aviv a Gerusalemme – un’altra rottura rispetto a decenni di politica
statunitense e consenso internazionale. Si trattava di una promessa
fatta durante la campagna elettorale di Trump, ma su cui poi egli ha
fatto marcia indietro, una volta entrato in carica.
Alla
domanda se l’ambasciata verrà trasferita nel corso della presidenza
Trump, Friedman ha risposto: “Sicuramente lo spero. Questo era uno degli
impegni del presidente e lui è un uomo che mantiene la parola…La
questione non è se, ma quando.”
Friedman
ha affermato che un accordo di pace potrebbe essere raggiunto entro
alcuni mesi, ma che non avrebbe fornito alcun dettaglio sui criteri dei
presunti negoziati di pace.
Riguardo
alla sfiducia da parte palestinese a causa dei suoi finanziamenti alle
colonie, l’ambasciatore si è vantato di aver incontrato Majid Faraj, il
capo della polizia segreta del leader dell’ANP Mahmoud Abbas, ed il capo
negoziatore palestinese Saeb Erekat.
“Penso
che comprendano il mio punto di vista,” ha detto Friedman, aggiungendo:
“Non credo sia un problema di diffidenza, credo che abbiano avuto a che
fare in precedenza con persone che hanno quelle idee.”
Benché
dica che è Trump che prende le decisioni nella sua cerchia ristretta,
il riferimento di Friedman al “mio punto di vista” suggerisce che
l’ambasciatore stia lavorando a briglia sciolta. Ma si comporta ancora
come avvocato di Trump.
Sulla
questione posta da Walla! circa la molto criticata difesa da parte di
Trump di una mobilitazione di nazionalisti bianchi a Charlottesville il
mese scorso, che ha causato la morte di una contro-manifestante,
Friedman ha detto: “Non ho dubbi che lui non sia minimamente in nessun
modo ed in nessuna forma, razzista, misogino, antisemita, omofobo, o
qualunque altro aggettivo possiate inventare. Quello non è lui.”
(Traduzione di Cristiana Cavagna)
- Nonostante l’opposizione di Netanyahu, la riconciliazione dei palestinesi è nell’interesse di Israele
- Le riserve di acqua naturale di Israele si stanno prosciugando
- L’ambasciatore di Trump in Israele esce dai ranghi
- Il soldato medico assassino israeliano “ha sofferto molto” – per cui una condanna breve è stata ridotta di quattro mesi
Commenti
Posta un commento