Barak Ravid, L’ONU invia una lettera di avvertimento a 150 imprese perché fanno affari nelle colonie israeliane
Barak Ravid,
28 settembre 2017, Haaretz
Fonti
ufficiali israeliane affermano che alcune delle aziende hanno risposto
al commissario ONU per i diritti umani dicendo di non aver intenzione di
rinnovare i loro contratti in Israele.
Importanti
funzionari israeliani e diplomatici stranieri coinvolti nella questione
hanno detto ad Haaretz che da due settimane il commissario ONU per i
diritti umani ha iniziato ad inviare lettere a 150 imprese in Israele e
in tutto il resto del mondo, mettendole in guardia sul fatto che stanno
per essere incluse in un elenco di aziende che fanno affari nelle
colonie israeliane in Cisgiordania e a Gerusalemme est.
La
fonte ufficiale israeliana, che ha chiesto di rimanere anonima data la
delicatezza della questione, ha sottolineato che le lettere, inviate da Zeid Ra’ad Al Hussein,
affermano che queste aziende stanno facendo affari nei “territori
palestinesi occupati” e quindi potrebbero trovarsi sulla lista nera
dell’ONU delle imprese che violano “le leggi internazionali e le
decisioni dell’ONU”. Le lettere, copie delle quali sono arrivate anche
al governo israeliano, chiedono che queste imprese inviino alla
commissione spiegazioni sulle loro attività economiche nelle colonie.
Un
diplomatico occidentale, che ha chiesto l’anonimato, ha sottolineato
che, delle 150 aziende, circa 30 sono statunitensi e un certo numero
hanno sede in Paesi come la Germania, la Corea del Sud e la Norvegia. L’altra metà sono imprese israeliane.
Il
“Washington Post” in agosto ha informato che tra le imprese americane
che hanno ricevuto la lettera ci sono Caterpillar, Priceline.com,
TripAdvisor e Airbnb. Secondo lo stesso articolo, l’amministrazione
Trump sta tentando di lavorare con la commissione ONU sui diritti umani
per evitare che la lista venga pubblicata. Due settimane fa il Canale 2
israeliano ha informato che la lista include alcune delle maggiori
compagnie israeliane, come Teva, Bank Hapoalim, Bank Leumi, Bezeq,
Elbit, Coca-Cola Israel, Africa-Israel, IDB, Egged, Mekorot e Netafim.
Importanti
funzionari israeliani affermano che il timore israeliano di
disinvestimenti o riduzione degli affari dovuti alla lista nera sta già
diventando una realtà. Sostengono che l’ufficio del ministero
dell’Economia per gli affari strategici ha già ricevuto informazioni che
numerose imprese che hanno ricevuto le lettere hanno risposto al
commissario per i diritti umani dicendo di non aver intenzione di
rinnovare contratti o di firmarne di nuovi in Israele.
“Queste
aziende non possono semplicemente fare una distinzione tra Israele e le
colonie e stanno ponendo fine a tutte le loro attività,” ha affermato
l’importante funzionario israeliano. “Compagnie straniere non
investiranno in qualcosa che puzza di problemi politici – ciò potrebbe
determinare una valanga.”
Un
comitato interministeriale che comprende i ministeri degli Affari
Esteri, degli Affari Strategici, della Giustizia e dell’Economia sta
ancora lavorando per cercare di evitare la pubblicazione della lista.
Tuttavia la valutazione tra la maggioranza di quanti sono coinvolti nei
tentativi del governo è che sia inevitabile e che probabilmente la lista
verrà resa pubblica entro la fine di dicembre.
Come
parte del tentativo di minimizzare il danno potenziale, Israele sta
tentando di contattare e dialogare con le imprese straniere citate nella
lista, sottolineando che essa non è vincolante ed è senza importanza.
Ha anche detto loro che sta contattando governi stranieri per informarli
che utilizzare la lista equivale a collaborare con un boicottaggio di
Israele.
Nel
marzo 2017 la commissione per i diritti umani di Ginevra ha votato per
una risoluzione promossa dall’Autorità Nazionale Palestinese e dai Paesi
arabi in base alla quale la commissione avrebbe stilato un elenco di
imprese israeliane e internazionali che fanno affari direttamente o
indirettamente in Cisgiordania, a Gerusalemme est o sulle Alture del
Golan. La decisione è stata approvata nonostante le massicce pressioni
degli USA per ammorbidire il testo della risoluzione.
E’
fallito anche un tentativo da parte dell’UE di raggiungere un accordo
con i palestinesi per ritirare il punto della risoluzione che prevede la
stesura di una lista nera, in cambio dell’appoggio delle Nazioni
europee al resto delle sue clausole.
(traduzione di Amedeo Rossi)
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