Zvi Bar’el La Russia cerca la riconciliazione tra Hamas e Fatah per salvare Assad e indebolire l’Iran
Unico
attore in grado di lavorare per un miracolo diplomatico, il
coinvolgimento regionale di Mosca è degno di nota e prova che la
riconciliazione palestinese è in cima ai suoi programmi.
Il
ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha avuto un fine settimana
impegnativo. Durante una visita di tre giorni in Medio Oriente ha
incontrato re Salman dell’Arabia Saudita e re Abdullah di Giordania, ha
parlato per telefono con il presidente egiziano Abdel-Fattah al-Sissi e
ha cercato di sanare la frattura tra gli Stati del Golfo e il Qatar, di
raggiungere una posizione unitaria sulla crisi siriana e di porre fine
alle divisioni tra Fatah e Hamas.
Durante
una conferenza stampa con il ministro degli Esteri saudita Adel
al-Jubeir, Lavrov ha rivelato che la Russia sta avendo colloqui con i
Paesi arabi che hanno rapporti con Hamas per riuscire a tornare
all’accordo di riconciliazione che hanno firmato Hamas e Fatah, compresa
la formazione di un governo palestinese di unità. Due giorni dopo Hamas
ha detto di essere disposto a smantellare il consiglio amministrativo
[il governo di fatto di Gaza da quando Hamas ha espulso i dirigenti di
Fatah e preso il potere, ndt.], che ha creato nella Striscia di Gaza
come governo alternativo, e a raggiungere un accordo per formare un
governo palestinese unitario.
Sarebbe
prematuro aspettare con il fiato sospeso che questa dichiarazione venga
messa in pratica. Ma il nuovo coinvolgimento della Russia è degno di
nota. Contrariamente agli accordi che Hamas ha raggiunto il mese scorso
con l’Egitto, in base ai quali il consiglio amministrativo di Gaza
sarebbe stato guidato da Mohammed Dahlan – un membro di Fatah e rivale
del presidente palestinese Mahmoud Abbas – e che comprenderebbe sia membri di Hamas che di Fatah, Hamas sta di nuovo parlando di un governo di unità.
Questo annuncio significa che sta annullando i suoi accordi con l’Egitto? Secondo fonti di Hamas, ci sono due processi paralleli.
Per
il momento il consiglio amministrativo continuerà a negoziare con
l’Egitto, con Dahlan come mediatore, nel tentativo di ottenere la
riapertura permanente del valico tra Egitto e Gaza, forse tra un mese.
Le spese giornaliere del consiglio saranno finanziate dagli Emirati
Arabi Uniti, che hanno già destinato 15 milioni di dollari a questo
scopo e hanno promesso la stessa somma nei prossimi mesi.
Allo
stesso tempo Hamas riprenderà i colloqui con l’Autorità Nazionale
Palestinese su come spartirsi i posti di governo e prepararsi a nuove
elezioni presidenziali e legislative palestinesi.
Il
coinvolgimento della Russia sia nel conflitto interno palestinese che
in quello tra palestinesi ed israeliani non è slegato dalla sua
strategia regionale, soprattutto dalla gestione della crisi siriana, che
ora si trova esclusivamente nelle mani della Russia. Giordania, Arabia
saudita, Egitto, Turchia e Israele, tutti comprendono che l’unica grande
potenza in grado di lavorare ad un miracolo in Siria è la Russia.
Quindi ognuno di loro ora sta cercando di garantirsi da Mosca che i
propri interessi vengano salvaguardati.
Aiutare Assad
La
Giordania, come Israele, non è d’accordo con la Russia sullo status
dell’Iran in Siria. Attualmente l’esercito siriano non è presente nel
sud del Paese, ma la Giordania teme che questa situazione cambi. Quindi
ha sollecitato, ed apparentemente si è garantita, una promessa da parte
di Lavrov che se l’esercito siriano ritornerà nelle zone vicine al
confine giordano, non consentirà alle forze filo-iraniane, comprese le
milizie straniere sciite ed Hezbollah, di schierarsi lungo queste zone
sul confine.
In
cambio la Siria ha chiesto alla Giordania di mantenere stretti rapporti
con il regime di Assad, di aprire i passaggi di frontiera tra i due
Paesi e, in seguito, di riprendere relazioni diplomatiche con il regime.
La
Russia, che ha realizzato un’inversione di marcia nella situazione
militare del regime e nell’estensione del territorio che esso controlla,
sta ora investendo la maggior parte dei propri sforzi in mosse
diplomatiche che intendono attribuire una legittimazione araba ed
internazionale al presidente siriano Bashar Assad. Da qui l’importanza
della visita di Lavrov in Medio Oriente.
La
verifica di questi tentativi ci sarà questo fine settimana ad Astana,
la capitale kazaka, quando funzionari del governo siriano e
rappresentanti dell’opposizione hanno in programma di tenere il loro
sesto incontro. Se questa tornata di colloqui dovesse avere successo,
sarà possibile stabilire una data per una conferenza a Ginevra per
discutere un trattato di pace.
Ma
nel suo tentativo di costruire un sostegno arabo alle sue iniziative in
Siria, la Russia deve superare due seri ostacoli. Il primo è la
divisione tra gli Stati del Golfo e l’Egitto da una parte e il Qatar
dall’altra, il secondo è lo stallo diplomatico tra l’Arabia Saudita e
l’Iran.
Dato
che i tentativi americani di riconciliare l’Arabia saudita e il Qatar,
in cui il presidente USA Donald Trump ha giocato un ruolo attivo, sono
falliti e l’amministrazione USA sembra essere in ibernazione riguardo al
conflitto israelo-palestinese, la Russia ha colto questi due conflitti
come leva per portare avanti i propri interessi. Ed è per questo che
Hamas è diventato importante, benché non sia considerato un attore
strategico che possa influenzare la politica regionale. Poiché Hamas è
una pedina nella partita a scacchi tra Riyad e Teheran, è diventato
essenziale coinvolgerlo per gli scopi di un gioco più grande.
Hamas, Iran ed Egitto
Lo
scorso anno Hamas ha intensificato le sue aperture nei confronti
dell’Iran, che in cambio ha promesso aiuto all’organizzazione. Secondo
informazioni dei media arabi, l’Iran ha fornito al ramo libanese di
Hamas circa 20 milioni di dollari ed ha anche ripreso l’addestramento
militare dei miliziani di Hamas da parte di Hezbollah.
Funzionari
di Hamas sia a Gaza che all’estero ogni tanto hanno emesso comunicati
in cui hanno sostenuto che i rapporti con l’Iran dovrebbero essere
presto ripresi o che l’Iran ha offerto ulteriore aiuto. Ma queste
affermazioni contraddicono gli sforzi diplomatici di Hamas, che
intendono ristabilire le relazioni con l’Egitto. Questa discrepanza
attesta dell’accesa disputa tra l’ala militare di Hamas, che sta
spingendo per riprendere i legami con l’Iran, e la sua ala politica,
guidata da Ismail Haniyeh e da Yahya Sinwar, che sta promuovendo i rapporti con l’Egitto e con il mondo arabo.
Anche
l’Iran sta soffrendo una disputa interna sull’aiuto ad Hamas, tra i
conservatori radicali e le Guardie della Rivoluzione. Mentre queste
ultime stanno spingendo per riprendere questo aiuto, i radicali sono
contrari sulla base del fatto che, dato che Hamas ha tradito la Siria,
non merita aiuto.
Ecco
perché la Russia attribuisce una tale importanza alla riconciliazione
palestinese, che bloccherebbe un rinnovato avvicinamento tra Hamas e
l’Iran e in tal modo soddisferebbe i desideri di Arabia saudita, EAU ed
Egitto. Se la Russia potrà realizzare una simile riconciliazione,
raggiungerà una doppia vittoria.
In
primo luogo sarà vista come l’unico Paese in grado di risolvere
conflitti nella regione, dato soprattutto il suo recente “successo” in
Siria. In secondo luogo, avrà portato un importante contributo esplicito
per bloccare l’influenza iraniana – e benché la Russia e l’Iran abbiano
un interesse comune nel preservare il regime di Assad, la Russia non è
entusiasta dell’influenza iraniana nella regione.
La
successiva domanda è come Israele dovrebbe rispondere ai tentativi
della Russia. Israele si è tradizionalmente opposto alla riconciliazione
tra Hamas e Fatah, principalmente perché la divisione gli permette di
sostenere che Abbas non rappresenta tutti i palestinesi, e quindi non
può essere un partner per la pace (oltre alle sue altre solite scuse,
come accusarlo di incitare ed appoggiare il terrorismo). La separazione
tra Gaza e la Cisgiordania consente inoltre ad Israele di condurre una
politica di oppressione in entrambi i territori.
Ma
se la Russia decide che una riconciliazione palestinese è fondamentale
per i suoi interessi regionali, Israele avrà dei problemi nel mantenere
questa opposizione, soprattutto dal momento che ha bisogno delle
garanzie russe contro il consolidamento dell’Iran in Siria. E’ per
questo che Israele ha mantenuto il silenzio stampa sulle iniziative
della Russia – un silenzio accompagnato dagli auspici che ancora una
volta i palestinesi guastino tutto da soli ed evitino ad Israele la
necessità di prendere una decisione.
(traduzione di Amedeo Rossi)
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