Ugo Tramballi MASTER IN FAKE NEWS
Qualcuno
per caso ricorda la grande mobilitazione di Arabia Saudita ed Emirati
contro il Qatar? Una crociata, potremmo dire se non fossimo nel cuore
dell’Islam. All’inizio dell’estate sembrava che stesse per scoppiare
un’altra guerra nel Golfo. Minacce, boicottaggio economico di ogni tipo,
famiglie divise, assedio per fame.
Meno di tre mesi più tardi non troverete più niente sui giornali e
nei siti, se avete voglia di cercare. Tecnicamente il boicottaggio c’è.
Ma l’emiro del Qatar va in giro per il mondo a incontrare autorità:
l’altro giorno Angela Merkel. E i suoi sudditi vanno e vengono dal paese
volando con l’immensa flotta di Qatar Airways che ha ripristinato quasi
subito le sue solite rotte. Il principe Mohammed, l’erede al trono
saudita che aveva lanciato la mobilitazione contro il Qatar colpevole di
sostenere l’estremismo islamico (senti chi parla), tace. Gli Emirati e
il Bahrein che si erano subito messi sull’attenti e in marcia dietro i
sauditi, sono tornati ai loro affari: la priorità non è punire Doha ma
salvaguardare l’immagine dinamica di Abu Dhabi e Dubai.
Il ministro degli Esteri Alfano è andato nella capitale del Qatar a
benedire un contratto da cinque miliardi di euro firmato da Fincantieri
per la fornitura di sette corvette all’emirato. Superando la concorrenza
di Exxon e Shell, Total investirà più di due miliardi per espandere la
produzione del gas qatarino. E niente a parte il caldo, in questi mesi
ha dato l’impressione che il paese fosse sotto una qualche forma di
assedio.
Forse l’immagine più mortificante per chi aveva pianificato di
isolare e mettere in ginocchio il Qatar, ma anche la più vera della
superficialità dei dissidi fra regni ed emirati del Golfo, è quella di
Neymar. Era l’inizio di agosto, a Parigi. Con un colpo di scena e di
milioni, il brasiliano aveva lasciato il Barça per il PSG. Come è noto
il proprietario della squadra francese è il fondo sovrano del Qatar. Ma
in evidenza sulle magliette di Neymar e dei suoi compagni, c’è scritto
“Fly Emirates”, la linea aerea del nemico. Gli Emirati, dunque,
boicottano e sponsorizzano il Qatar.
Durante l’estate sono accadute altre cose in questo conflitto
all’ultimo sangue. Il casus belli del boicottaggio erano state alcune
dichiarazioni dell’emiro Tamim del Qatar contro l’Arabia Saudita e a
favore dell’Iran. Un’agenzia di stampa le aveva poi riprese. Si è
scoperto che quelle dichiarazioni erano false: le avevano costruite e
diffuse i servizi segreti degli Emirati. Youssef al-Otaiba,
l’ambasciatore a Washington degli Emirati, le aveva vendute come vere a
Jared Kushner, genero e consigliere di Donald Trump. Al-Otaiba è
diventato il principale consigliere sul Medio Oriente del consigliere
sulMedio Oriente del presidente degli Stati Uniti.
All’inesperto Kushner l’emiratino spiega la sua verità sul Medio
Oriente, dandola per vera. A luglio a Youssef al-Otaiba, si è aggiunto
il nuovo e giovanissimo ambasciatore saudita: il principe Khaled bin
Salman, 28 anni, figlio del re e fratello minore del principe ereditario
Mohammed.
E’ in questo brodo di coltura unidirezionale che nasce a fine maggio
la straordinaria visita di Donald Trump a Riyadh, a fine maggio: quando
il presidente ha benedetto il boicottaggio saudita al Qatar. Salvo poi
riprendere a fare affari con quest’ultimo, qualche giorno più tardi.
Ma la madre delle notizie false è quella denunciata da Bruce Riedel,
direttore del Brookings Intelligence Project, 30 anni alla Cia e
assistente alla Casa Bianca sia con Clinton che con Bush. Nella visita
di Riyadh, Trump aveva annunciato un gigantesco accordo con firma in
calce per la vendita di armi all’Arabia Saudita: 110 miliardi di dollari
subito più altri 250 in dieci anni.
Secondo Riedel, quell’accordo non esiste. “Ho parlato con i miei
contatti nel settore della Difesa e in Campidoglio”, scriveRiedel sul
sito di Brookings. “E tutti dicono la stessa cosa: non esiste un accordo
da 110miliardi. Ci sono invece un gruppo di lettere d’interesse
d’intenti ma non contratti. Molte sono offerte sulle quali l’industria
della Difesa pensa che un giorno i sauditi potrebbero essere
interessati. Per ora niente è stato notificato in Senato per un esame.
La Defense Security Cooperation Agency, il braccio del Pentagono per la
vendita di armi, le definisce “vendite previste”. Nessuno degli accordi
fino ad ora notificati è nuovo, appartengono tutti all’amministrazione
Obama”. https://www.brookings.edu/blog/markaz/2017/06/05/the-110-billion-arms-deal-to-saudi-arabia-is-fake-news/
Qando si dice maestri della fake news. Second il Washongton Post, ne
prii sei mesi di presidenza Trump ha fatto più di 800 dichiarazioni
false o ingannevoli. Fra le prove esibite da Riedel sull’inesistenza del
contratto c’è Israele. Ogni volta che gli Stati Uniti vendono armi ai
sauditi, immediatamente lo stato ebraico protesta e chiede di essere
compensato con armi ancora più efficaci, necessarie per mantenere la
superiorità strategica sul mondo arabo. Questa volta da Israele non è
venuto che silenzio.
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