Ministro israeliano: “Libano torna a età pietra se Hezbollah attacca”
Secondo
la stampa israeliana l’esercito non sarebbe preparato, nonostante le
recenti simulazioni di guerra, ad un nuovo confronto armato contro il
movimento…
nena-news.it
Stefano Mauro
Roma, 14 settembre 2017, Nena News . In queste settimane la stampa israeliana sta dedicando particolare attenzione alla recente esercitazione militare dell’esercito lungo il confine con il Libano.
Stessa eco ha avuto anche il bombardamento di un sito di ricerche in
Siria, presso la città di Masyaf, sospettato di essere (con molti dubbi e
perplessità secondo numerosi analisti, ndr) un sito di stoccaggio di
sostanze chimiche. Il quotidiano israeliano Haaretz ha etichettato il bombardamento come un gesto di frustrazione dopo le numerose vittorie da parte di Hezbollah in Libano e Siria (Arsal, Qalamoun, Deir Ez Zor) ai danni delle strategie di Tel Aviv nell’area.
Molti quotidiani, in effetti, hanno definito le numerose e
unilaterali incursioni (come il recente lo sconfinamento di una
pattuglia militare nella zona del Golan siriano, ndr) dell’aviazione
israeliana nei cieli libanesi ed i bombardamenti in territorio siriano,
sempre giustificati da “azioni per impedire il rifornimento di armi del
partito sciita”, come una vera e propria “Hezbollah-fobia”.
Haaretz sottolinea come “Hezbollah sia il nemico principale
di Tel Aviv ed il Libano il più inquietante e incerto campo di
battaglia” oppure come l’apertura di un fronte in Siria potrebbe
diventare “uno scenario di guerra, ancora più critico e pericoloso”. Il
quotidiano si riferisce al fatto che un attacco contro Beirut avrebbe
una conclusione “incerta e non scontata”. Peggio forse l’apertura di un
secondo fronte in Siria che aprirebbe le porte alle migliaia di
miliziani filo-Hezbollah (iracheni, pachistani, afgani ed iraniani)
complicando ulteriormente la situazione per Israele.
“Prima del 2011”- afferma l’agenzia stampa russa Sputnik –
“Hezbollah possedeva circa 10mila testate missilistiche ed aveva una
preparazione prevalentemente da guerriglia con una vocazione difensiva”.
Adesso, secondo l’intelligence di Tel Aviv, sarebbe in
possesso di “oltre 180mila missili con un’enorme potenza di fuoco aerea,
terrestre e marittima, con 40mila effettivi organizzati in battaglioni e
reparti d’élite e con un’esperienza militare considerevole anche in
ambito offensivo.
Il sito Debkafile, vicino alle forze armate israeliane, descrive dettagliatamente l’esercitazione militare che ha coinvolto tutti i reparti di Tsahal (marina,
aviazione e mezzi corazzati) per simulare eventuali azioni offensive e
difensive contro le milizie sciite. Nelle stesse ore, rileva il
quotidiano libanese Al Akhbar, due battaglioni di Hezbollah e
le truppe lealiste siriane riuscivano a rompere l’assedio di Deir Ez Zor
contro i miliziani di Daesh (durato oltre tre anni, ndr) ottenendo, sul
campo, l’ennesima vittoria.
Debkafile pone l’accento su quanto sia stato fondamentale il
sostegno da parte dell’aviazione russa che ha pesantemente bombardato i
miliziani jihadisti durante l’attacco, ma, allo stesso tempo, pone dei
dubbi sull’utilità di un’esercitazione in grande stile e sulla reale
preparazione militare di Tel Aviv contro un esercito che ha acquisito
un’esperienza operativa lunga sei anni. “L’unico elemento di superiorità
da parte di Israele” – conclude l’articolo – “sarebbe l’utilizzo
dell’aviazione, anche se, nel caso di conflitto allargato in territorio
siriano e libanese, quest’ultimo fattore potrebbe essere compromesso a
causa di una possibile reazione aerea russa”. Ancora più esplicito Haaretz che
si interroga su un “possibile sostegno diretto o indiretto” della
Russia nei confronti dei suoi alleati libanesi ed iraniani visto che “i
servizi di sicurezza israeliani non sono a conoscenza dell’eventuale
reazione di Mosca”.
L’ultima incognita rimane, inoltre, la potenza di fuoco della
contraerea siriana e sciita con l’utilizzo dei missili S-300 e S-400
che, utilizzati solamente una volta durante un’incursione israeliana,
avrebbero abbattuto un caccia di Tel Aviv.
Secondo la stampa israeliana, quindi, l’esercito non sarebbe pronto,
nonostante le recenti simulazioni di guerra, ad un confronto contro il
movimento sciita. Un conflitto che, a detta di numerosi analisti,
dipenderebbe solo da Israele visto che, in questo momento, sia la Siria
che Hezbollah sono concentrate nella definitiva distruzione di Daesh e
dalla riconquista del territorio siriano. Nena News
E’
questa la minaccia che ha lanciato oggi Yoav Galant, ministro
dell’edilizia del governo Netanyahu , mentre nel Nord di Israele
proseguono le esercitazioni di…
nena-news.it
della redazione
Roma, 14 settembre 2017, Nena News - ”Se Hezbollah farà l’errore di andare a un conflitto con Israele, il Libano tornerà all’età della pietra”. E’ questa la minaccia a tutto il Libano che ha lanciato oggi Yoav Galant, ministro dell’edilizia del governo Netanyahu e generale della riserva, mentre nel Nord di Israele proseguono le esercitazioni militari di preparazione proprio ad una possibile guerra tra lo Stato ebraico e il movimento sciita libanese. ”Hezbollah è oggi un nemico atipico perché nel mondo non sono molti a disporre di 100 mila missili” ha detto Galant in un’intervista radiofonica. Secondo Galant l’Iran si starebbe assicurando il controllo di fatto di un territorio va dal Golfo fino al Mediterraneo. E’ questa la teoria del cosiddetto “corridoio sciita” che, nelle affermazioni israeliane, porterebbe Tehran a stabilire basi militari permenenti in Siria.
Intanto sarebbe arrivata ieri sera a destinazione a Deir Ezzor, il capoluogo dell’omonima provincia orientale siriana, la carovana di autobus e veicoli con a bordo 300 jihadisti dello Stato islamico e le loro famiglie evacuati dalla zona libanese di Arsal e da quella siriana di Qalamun, come previsto da un accordo mediato dal movimento sciita libanese Hezbollah e approvato da Damasco. Da parte sua lo Stato islamico ha rilasciato un combattente di Hezbollah, Ahmed Matuq, che aveva catturato alcuni mesi fa. Lo riferiscono fonti locali. Non è però chiaro se a Deir Ezzor siano giunti tutti gli autobus dei jihadisti. La Coalizione militare a guida statunitense in un primo momento aveva fermato, con bombardamenti aerei, il convoglio costringendolo a dividersi in due parti.
L’accordo per il trasferimento dei miliziani nella provincia siriana confinante con l’Iraq è stato fortemente contestato da Baghdad che, sottolineando di non essere stata consultata preventivamente, ha accusato i governi di Damasco e Beirut di aver spostato ad Est miliziani armati spingendoli di fatto a passare il confine e a stabilirsi nella adiacente regione irachena dell’Anbar. Proteste che avevano fornito a Washington il pretesto per lanciare nuove accuse ad Hezbollah e al presidente siriano Bashar Assad e per ordinare agli aerei della Coalizione di fermare gli autobus con a bordo di jihadisti bombardando la strada che stavano percorrendo. “I terroristi vanno eliminati non trasferiti” aveva spiegato il portavoce della Coalizione. Per giorni gli automezzi sono rimasti fermi in una zona semidesertica fino a quando gli Usa hanno rinunciato ai loro propositi. Beirut da parte sua ha spiegato che l’accordo per il trasferimento dei miliziani dello Stato islamico si è reso necessario per individuare il luogo dove erano stati uccisi e sepolti nove militari libanesi catturati nel 2014 ad Arsal.
Tutto era cominciato a fine agosto, al termine dell’offensiva “Jroud Dawn” contro l’Isis fra le città cristiane di Al Qaa e Ras Baaalbek lanciata dall’esercito libanese sul confine con la Siria. Il 27 agosto le forze libanesi hanno annunciato il cessate il fuoco a cui sono seguite le operazione di ricerca dei cadaveri di nove militari e il raggiungimento dell’accordo per il trasferimento dei jihadisti. Nena News
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