La diplomazia segreta scrive le nuove alleanze in Medio Oriente
Roma, 13 settembre 2017, Nena News – In Medio oriente si
fanno due tipi di diplomazia. Una alla luce del sole e un’altra dietro
le quinte. Nulla di nuovo in effetti ma non è mai stato tanto evidente
come in questo momento in cui si apprende di Paesi nemici a parole e
alleati negli stessi obiettivi. Il caso di Israele e Arabia saudita fa
scuola.
Un paio di giorni fa è girata la notizia che l’erede al trono
saudita, il potente principe Mohammed bin Salman, avrebbe visitato
Israele in segreto per discutere di strategie comuni in Siria e nei
confronti del “nemico” Iran. A riferire per primo
l’indiscrezione, mai confermata ufficialmente, è stato Simon Aran di
Radio Israele. Aran non è andato oltre un non meglio precisato «principe
saudita è giunto in Israele» mentre i media arabi hanno chiamato in
causa proprio Mohammed bin Salman. Immediata è partita la condanna della visita da parte dei giornali legati al Qatar, pronti ad inserire l’indiscrezione nella crisi lacerante, cominciata tre mesi fa, tra Doha e Riyadh. Dall’Arabia saudita ha replicato il giornale Elaph che ha smentito tutto aggiungendo che, in realtà, è stato un principe qatariota e non saudita a trascorrere due giorni a Tel Aviv.
Comunque sia andata, la settimana scorsa il premier
israeliano Netanyahu non ha certo sottolineato senza motivo che i
rapporti attuali con gli Stati arabi «sono i migliori di sempre nella
storia di Israele» anche senza la pace con i palestinesi. «Ciò
che sta accadendo con loro – ha detto Netanyahu durante una riunione al
ministero degli esteri – non è mai avvenuto neppure quando abbiamo
firmato accordi. C’è cooperazione in vari modi e a vari livelli, anche
se ancora tutto non è palese». Da parte sua Aran ha ricordato che quasi
venti anni fa «c’erano rappresentanti arabi in Israele, tra cui
l’ambasciatore della Mauritania e rappresentanti del Qatar, della
Tunisia, del Marocco e dell’Oman» e che «un diplomatico israeliano era
stato inviato a Doha». Ma quella era la «pace di Oslo» in cui israeliani
e palestinesi negoziavano un accordo “finale”, che non è mai arrivato,
mentre oggi il governo più a destra della storia di Israele raccoglie a
piene mani consensi da Paesi arabi con i quali tecnicamente sarebbe
ancora «in guerra».
In questo vortice in cui i nemici di un tempo ora si scoprono
alleati, si sviluppa il rapporto tra il movimento islamico Hamas e il
regime egiziano di Abdel Fattah el Sisi. Il Cairo è in guerra
con i Fratelli musulmani, denunciati come una «organizzazione
terroristica». E «terroristi» per gli egiziani fino a qualche tempo fa
erano pure i Fratelli musulmani in Palestina, ossia Hamas, accusato di
contribuire alla destabilizzazione del Sinai, mantenendo rapporti
«ambigui» con le cellule armate filo-Isis che operano nella penisola. Con una svolta a 180 gradi el Sisi ora intavola trattative con Hamas
che, da parte sua, ha spedito al Cairo il suo leader Ismail Haniyeh e
gran parte della sua direzione politica per continuare il dialogo. La
ragione dietro questa svolta sarebbe la necessità per il Cairo di
cooptare Hamas nella «lotta al terrorismo» e di migliorare le condizioni
di vita a Gaza. In realtà gli egiziani puntano a scaricare il
presidente dell’Anp, Abu Mazen, “ostacolo” per la realizzazione di un piano
volto a portare al comando il loro uomo, il “reietto” Mohammed Dahlan,
con l’appoggio di un Hamas addomesticato e pronto a cooperare alla
sicurezza del Sinai.
Sebbene si svolga alla luce del sole invece non riceve sempre la dovuta attenzione la diplomazia russa che pure si sta confermando il perno sul quale ruotano le soluzioni per i focolai di crisi in Medio Oriente.
La visita del ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov, domenica
scorsa a Gedda e il suo viaggio due giorni fa ad Amman – a poche
settimane dal precedente tour in Kuwait, Emirati Arabi Uniti e Qatar –
hanno rafforzato ulteriormente la posizione di Mosca nella regione. Lavrov in Arabia saudita ha affrontato il tema delle “zone di sicurezza” in Siria,
frutto dell’accordo tra Mosca, Ankara e Teheran sottoscritto a maggio
ad Astana, precisando che le aree «non saranno utilizzate per dividere
il paese in enclavi». Poi ha sottolineato che la Russia
«sostiene attivamente» gli sforzi dell’Arabia Saudita di riunire i
gruppi siriani di opposizione per rendere «più efficaci i colloqui» con i
rappresentanti del governo di Damasco. Da parte sua il
ministro degli esteri saudita Adel al Jubeir ha espresso soddisfazione
per la posizione russa “neutrale” sullo Yemen. E ieri a Mosca c’era il
primo ministro libanese e alleato degli Usa Saad Hariri. Nena News
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