Il silenzio di Aung San Suu Kyi sulle violenze contro i rohingya
Perché non li difende? In questo momento ci sono quasi 400mila
rifugiati rohingya in Bangladesh, oltre un terzo di questa minoranza
musulmana birmana. Scappano perché l’esercito birmano brucia i loro
villaggi, li massacra, stupra le donne e spara sui bambini.
Perfino la Cina, alleato instancabile della Birmania, ha votato
mercoledì una risoluzione al Consiglio di sicurezza che chiede “passi
immediati per far cessare le violenze” denunciando un “ricorso eccessivo
alla forza”. Quando un giornalista gli ha chiesto se siamo di fronte a
un’operazione di “pulizia etnica” , il segretario generale dell’Onu,
António Guterres ha risposto pubblicamente: “Lei pensa di poter trovare
un modo migliore per descrivere questa situazione?”.
Davanti a un simile abominio il mondo si commuove, eppure Aung San
Suu Kyi, la cui lunga ed eroica resistenza alla giunta militare che
controllava la Birmania l’ha trasformata in una icona della non
violenza, della democrazia e della lotta per il rispetto dei diritti
umani, non ha ancora detto una parola di conforto per le famiglie
scacciate violentemente dalle loro terre e dal loro paese.
Come se non bastasse, dopo aver vinto la sua battaglia ed essere
arrivata a controllare la Birmania, questa donna premio Nobel per la
pace, con grande indignazione degli altri Nobel per la pace, ha lasciato
che il suo portavoce definisse i rohingya “terroristi” e denunciasse la
“disinformazione” che avrebbe colpito l’opinione pubblica dei governi
stranieri.
Non riusciamo a capire questo atteggiamento, ma per quanto
imperdonabile non è del tutto inspiegabile. Gli uomini della vecchia
giunta hanno conservato il controllo delle forze armate e dei ministeri
che le gestiscono. Non solo Aung San Suu Kyi non ha alcuna autorità sui
militari, ma i rohingya sono estremamente impopolari in questo paese
pressoché interamente buddista che li considera come un lascito della
colonizzazione britannica.
Aung San Suu Kyi non può sorvolare sulla morte dei soldati birmani senza fare il gioco dei generali
Per i birmani i rohingya dovrebbero tornare in Bangladesh, da dove
sarebbero arrivati nel diciannovesimo secolo. Se scegliesse di
difenderli, Aung San Suu Kyi potrebbe perdere l’appoggio dell’opinione
pubblica birmana, tanto più che dopo decenni di persecuzioni i rohingya
più radicali hanno imbracciato le armi e hanno attaccato i soldati.
Aung San Suu Kyi non può sorvolare sulla morte dei soldati birmani
senza fare il gioco dei generali. Cammina su un filo sottile in una
Birmania che è un mosaico etnico la cui unità è estremamente fragile. Di
recente ha fatto sapere che la settimana prossima si rivolgerà alla
popolazione per “parlare della riconciliazione nazionale e della pace”,
ma per il momento l’espulsione dei rohingya continua, a ferro e fuoco.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Bernard Guetta sarà al festival di Internazionale a Ferrara, dal 29 settembre al 1 ottobre 2017.
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