Fulvio Scaglione :Da Obama a Trump, il solito errore: inchinarsi ai sauditi e prendersela con l’Iran
Il
presidente Usa va in Israele e in Arabia Saudita a “normalizzare” i
rapporti con alleati storici. Attinge alla cassaforte saudita che
finanzia anche il terrorismo.…
linkiesta.it|Di Fulvio Scaglione
l viaggio di Donald Trump in Israele si è caratterizzata fin da subito per una serie di passi dal forte valore simbolico.
Prima fra tutti la visita al Muro Occidentale, il cosiddetto “muro del
pianto”, luogo sacro agli ebrei, con cui la Casa Bianca direttamente
respinge le polemiche sulla “ebraicità” di Gerusalemme innescate da
alcune recenti risoluzioni Unesco e indirettamente prende posizione
sullo status della Città Vecchia di Gerusalemme, che i palestinesi
ancora considerano capitale del loro futuro Stato.
Un gesto politicamente necessario a Trump e ai suoi consiglieri per mettere un po’ d’ordine nei rapporti con lo Stato ebraico,
cui il tycoon diventato Presidente ha dedicato in breve tempo una lunga
serie di controverse attenzioni. Prima la critica alla risoluzione Onu,
sponsorizzata da Obama, contro gli insediamenti in Palestina, poi
l’invito a Netanyahu a fermarli o almeno rallentarli. L’annuncio che gli
Usa avrebbero spostato l’ambasciata a Gerusalemme (che quasi nessun
Paese al mondo riconosce come capitale di Israele) e poi la marcia
indietro. Trumpismo puro, insomma, fino al trappolone che i congiurati
della Casa Bianca gli hanno tirato facendo circolare la voce dei
presunti segreti di intelligence procurati dal Mossad e da zio Donald
allegramente passati al ministro degli Esteri russo Lavrov.
L’insopprimibile sensazione che la visita in Arabia Saudita e quella in Israele siano in realtà le due metà di una visita sola, destinata ad annunciare al mondo le linee guida della prossima politica Usa per il Medio Oriente
Tanta carne al fuoco nei rapporti bilaterali, dunque. Ma anche l’insopprimibile sensazione che la visita in Arabia Saudita e quella in Israele siano in realtà le due metà di una visita sola,
destinata ad annunciare al mondo le linee guida della prossima politica
Usa per il Medio Oriente. Certo, nel Governo israeliano qualcuno ha
borbottato per il fiume di armi che Trump si appresta a consegnare ai
sauditi. Ma Israele borbotta per definizione, non c’è da farci caso. Quello
che conta è che gli Usa del post-Obama si schierano senza se e senza ma
con l’asse tra Israele e Arabia Saudita che da qualche anno si è
consolidato intorno a un mantra ben preciso: fermiamo l’Iran.
Donald Trump e il suo segretario di Stato Rex Tillerson lo ripetono senza sosta: è l’Iran la causa di tutti i mali del Medio Oriente, sono gli ayatollah i principali sostenitori del terrorismo, sono loro che devono metter giù le mani dalla Siria e dallo Yemen. Un tratto di coerenza, peraltro, nelle mutevoli convinzioni di Trump, che già in campagna elettorale, in polemica con Obama e la Clinton, aveva definito l’accordo del 2015 sul nucleare iraniano “il peggior accordo possibile”, con l’unico effetto di restituire a Teheran risorse economiche da spendere nella destabilizzazione di altri Paesi.
Che la politica iraniana non sia gestita da una congregazione di santi e beati è chiaro a tutti. Che i pasdaran mettano mano in un sacco di conflitti, altrettanto. Che i metodi siano stati e siano ancora quelli che sono, è più che evidente, basta guardare a ciò che fanno le milizie sciite in Iraq e contare le migliaia di sunniti diventati desaparecidos. Però poi uno va a guardare nelle cose e si accorge che nessun paragone è possibile tra i due mali. Che cosa crediamo verrà fuori dall’attentato di Manchester, per esempio? La lunga mano degli ayatollah o la follia del solito squilibrato imbottito delle teorie wahabite che in Arabia Saudita sono religione di Stato?
Donald Trump e il suo segretario di Stato Rex Tillerson lo ripetono senza sosta: è l’Iran la causa di tutti i mali del Medio Oriente, sono gli ayatollah i principali sostenitori del terrorismo, sono loro che devono metter giù le mani dalla Siria e dallo Yemen. Un tratto di coerenza, peraltro, nelle mutevoli convinzioni di Trump, che già in campagna elettorale, in polemica con Obama e la Clinton, aveva definito l’accordo del 2015 sul nucleare iraniano “il peggior accordo possibile”, con l’unico effetto di restituire a Teheran risorse economiche da spendere nella destabilizzazione di altri Paesi.
Che la politica iraniana non sia gestita da una congregazione di santi e beati è chiaro a tutti. Che i pasdaran mettano mano in un sacco di conflitti, altrettanto. Che i metodi siano stati e siano ancora quelli che sono, è più che evidente, basta guardare a ciò che fanno le milizie sciite in Iraq e contare le migliaia di sunniti diventati desaparecidos. Però poi uno va a guardare nelle cose e si accorge che nessun paragone è possibile tra i due mali. Che cosa crediamo verrà fuori dall’attentato di Manchester, per esempio? La lunga mano degli ayatollah o la follia del solito squilibrato imbottito delle teorie wahabite che in Arabia Saudita sono religione di Stato?
Agli Usa basta attingere alla cassaforte saudita e conservare le basi strategiche in Medio Oriente, più che mai necessarie per contrare la crescente influenza russa e cinese
Da almeno quattro decenni, cioè da quando tenevano
Osama bin Laden in Pakistan a distribuire quattrini ai “mujaheddin del
popolo” dell’Afghanistan che ammazzavano russi, i sauditi finanziano con centinaia di miliardi di dollari il jihad internazionale. E
dove non fanno sparare, costruiscono moschee e scuole coraniche
ispirate al wahabismo dove crescono le nuove leve del radicalismo
islamista. Non è un caso, infatti, se il terrorismo islamista
prospera invece di declinare: dal 2000 al 2016 le sue vittime, nel
mondo, sono aumentate di nove volte. E sono, nella stragrande
maggioranza dei casi, vittime di terroristi sunniti ispirati o
finanziati dalle monarchie del Golfo Persico. A loro volta
politicamente, economicamente e militarmente protette dai Paesi
dell’Occidente, con gli Usa, come vediamo da Trump, in prima fila.
Agli Usa, dunque, importa poco. A loro basta attingere alla cassaforte saudita e conservare le basi strategiche in Medio Oriente, più che mai necessarie per contrare la crescente influenza russa e cinese. A Israele importa ancor meno: avendo l’Iran (e per derivazione l’Hezbollah libanese e la Siria di Assad) come primo nemico, ed avendolo in comune con l’Arabia Saudita, è perfettamente al riparo da tutto questo. Infatti l’Isis, Al Qaeda e gli altri movimenti simili dovrebbero avere lo Stato ebraico nel mirino, ma poiché sono sponsorizzati dai sauditi si guardano bene dal fare qualunque mossa in quel senso. Israele soffre per il terrorismo, che però è sempre e solo legato alla questione palestinese.
Ma noi italiani, francesi, inglesi, tedeschi, sempre aggregati a quel carro? Noi che facciamo finta di combattere il terrorismo? Noi che non sappiamo più che fare con le ondate dei profughi che arrivano dai Paesi smantellati dalla “esportazione della democrazia” e dal terrorismo sunnita? Che cosa diremo noi, per esempio, alle famiglie dei ragazzi dilaniati a Manchester ?
Agli Usa, dunque, importa poco. A loro basta attingere alla cassaforte saudita e conservare le basi strategiche in Medio Oriente, più che mai necessarie per contrare la crescente influenza russa e cinese. A Israele importa ancor meno: avendo l’Iran (e per derivazione l’Hezbollah libanese e la Siria di Assad) come primo nemico, ed avendolo in comune con l’Arabia Saudita, è perfettamente al riparo da tutto questo. Infatti l’Isis, Al Qaeda e gli altri movimenti simili dovrebbero avere lo Stato ebraico nel mirino, ma poiché sono sponsorizzati dai sauditi si guardano bene dal fare qualunque mossa in quel senso. Israele soffre per il terrorismo, che però è sempre e solo legato alla questione palestinese.
Ma noi italiani, francesi, inglesi, tedeschi, sempre aggregati a quel carro? Noi che facciamo finta di combattere il terrorismo? Noi che non sappiamo più che fare con le ondate dei profughi che arrivano dai Paesi smantellati dalla “esportazione della democrazia” e dal terrorismo sunnita? Che cosa diremo noi, per esempio, alle famiglie dei ragazzi dilaniati a Manchester ?
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