Richard Silverstein Acquirente fai attenzione: l’impresa israeliana che aiuta i governi a spiare i loro stessi cittadini –
Acquirente
fai attenzione: l’impresa israeliana che aiuta i governi a spiare i
loro stessi cittadini TOPICS:"Pegasus"IsraeleMiddle East…
zeitun.info
Richard Silverstein ,martedì 22 agosto 2017, Middle East Eye
Consentendo
ai governi di violare i telefoni dei loro cittadini, un’azienda
israeliana di sicurezza informatica ha presumibilmente reso il mondo più
pericoloso per gli attivisti a favore dei diritti umani che lottano
contro l’impunità delle imprese e degli Stati.
Dato
che negli ultimi anni gli smartphone si sono moltiplicati e sono
diventati un mezzo di comunicazione indispensabile per tutti noi, si
sono moltiplicate anche le nuove aziende che si dedicano a violare
questi telefoni a favore di governi – compresi i servizi militari, dello
spionaggio e della polizia.
I
clienti di queste imprese innovative utilizzano la nuova tecnologia per
sorvegliare criminali e terroristi, per individuare e far fallire i loro
piani. Questo è un uso legittimo. Ma ce ne sono altri che sono molto
più redditizi per le imprese – e molto meno accettabili per le società
democratiche.
Prendiamo
per esempio l’attivista per i diritti umani degli Emirati [Arabi Uniti]
Ahmed Mansoor. Nell’agosto 2016 ha ricevuto un messaggio ingannevole [ phishing message]
che sembrava provenire da una fonte fidata. Ma si è insospettito ed ha
immediatamente inviato il suo telefono a “Citizen’s Lab” [Laboratorio
del Cittadino, centro studi interdisciplinare che si occupa del
controllo sulle informazioni, ndt.] dell’università di Toronto per
un’analisi forense.
Da
questa verifica è risultato che le autorità degli Emirati si erano
procurate “Pegasus”, il più potente programma di malware [sistemi usati
per apportare modifiche indesiderate ad un apparecchio informatico,
ndt.] mai creato che si possa trovare sul mercato e venduto dall’azienda
israeliana “NSO Group”.
Se
Mansoor avesse aperto il link, esso avrebbe preso il controllo del suo
telefono e consentito alla polizia di accedere non solo a tutto quanto
vi si trovava (email, contatti e messaggi di testo, per esempio), ma
anche alla macchina fotografica, al video e all’audio. La polizia
avrebbe sentito e visto tutto quello che faceva e sarebbe stata in grado
di prevenire ogni sua azione.
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Attacchi di “Pegasus”
In
un caso collegato del 2016, le autorità degli EAU hanno anche utilizzato
“Pegasus” in un tentativo di intrusione che ha preso di mira il
giornalista di MEE Rory Donaghy, che informava in modo critico sui
soprusi del regime autocratico del Paese. Nel pieno di un’inchiesta su
questo attacco, il “Citizen’s Lab” ha scoperto che 1.100 attivisti e
giornalisti del regno erano stati presi di mira allo stesso modo e che
il governo aveva pagato a “NSO Group” 600.000 dollari per questi
tentativi [di intercettazione].
Anche
se è un prodotto commerciale, “Pegasus” – come molti altri strumenti
simili per lo spionaggio ora sul mercato – è chiaramente anche un mezzo
politico che consente a regimi autoritari di spiare i propri cittadini.
Infatti
potrei andare anche oltre e dire che “Pegasus” è spesso utilizzato come
arma informatica offensiva usata dall’élite mondiale per proteggere i
propri interessi e contrastare il legittimo controllo da parte delle Ong
e di altre associazioni di attivisti.
“Il
governo compra (la tecnologia) e può usarla come vuole,” ha detto a
“HuffPost” Bill Marczak, un ricercatore di “Citizen’s Lab” che ha
analizzato molte campagne di controllo che secondo lui sono state
condotte con “Pegasus”.
“Sono praticamente dei mercanti di armi digitali.”
Nelle
ultime settimane il gruppo finanziario privato che possiede “NSO
Group”, valutato oggi 1 miliardo di dollari, ha cercato di vendere la
compagnia, sollevando grandi questioni tra gli attivisti dei diritti
digitali in merito a se un nuovo investitore ridurrà il sospetto uso del
sistema di spionaggio dell’azienda contro dissidenti politici ed
attivisti da parte di alcuni governi.
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Dall’esercito alla tecnologia
Ci
sono parecchie imprese che creano questo tipo di software maligni in
vari Paesi, ma alcune di quelle di maggior successo sono israeliane.
Ciò
è principalmente un risultato della “SIGINT-Unità 8200”, la più
numerosa dell’esercito israeliano, che spia i segnali elettromagnetici,
monitora, intercetta e sorveglia i nemici di Israele in Medio Oriente e
in tutto il mondo.
I
suoi ufficiali ricevono l’addestramento più sofisticato nello spionaggio
ed uso dei segnali e creano la tecnologia più avanzata per farlo.
Quando lasciano il servizio attivo trovano le porte aperte nel mondo
tecnologico. Possono avere un lavoro molto ben remunerato nelle grandi
imprese o utilizzare le competenze che hanno acquisito nell’esercito per
fondare un’azienda innovativa propria.
Alcune
delle aziende di maggiore successo includono Waze, Wix, Taboola, NICE
Systems, Amdocs, Onavo (acquistata da Facebook per 150 milioni di
dollari), Checkpoint, Mirabilis e Verint.
Molti
dei progetti riguardano la sicurezza informatica, che è quello che l’
“Unità 8200” è stata costituita per debellare nei suoi tentativi di
intercettare le comunicazioni delle forze nemiche di Israele. Alcune
iniziative sono concentrate sulla protezione della sicurezza
informatica. Questi sono i bravi, o i “cappelli bianchi” nella
terminologia degli hacker.
Ma
altri continuano lungo la direzione che gli hacker dell’”Unità 8200”
perseguono durante il servizio militare: sono destinati ad aggirare le
funzioni di sicurezza di vari sistemi.
Forse
quella che ha avuto più successo tra queste imprese è “NSO Group” che
si trova a Herziliya [importante università privata israeliana in
stretti rapporti con i servizi di sicurezza, ndt.], il cui motto è
“rendi il mondo un posto più sicuro.” Ma l’azienda ha reso sicuramente
il mondo molto più pericoloso per un gran numero di attivisti politici e
per i diritti umani che lottano contro l’impunità di imprese e governi.
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Vulnerabilità da miliardi di dollari
“NSO”
è stata fondata nel 2010 da due veterani dell’esercito israeliano,
Shalev Hulio and Omri Lavie, che non erano stati nell’“Unità 8200”
(nonostante informazioni in contrario). Secondo la rivista israeliana
“Globes” [quotidiano di informazioni finanziarie, ndt], Lavie ha fatto
il militare nei corpi di artiglieria e Hulio nel servizio di ricerca e
soccorso.
Alle
scuole superiori né Hulio né Lavie erano studenti particolarmente
brillanti e, secondo le informazioni del “Globes”, hanno passato un
sacco di tempo insieme sulla spiaggia. Dopo aver lasciato l’IDF, hanno
deciso di diventare imprenditori di servizi in rete.
“NSO”
è la loro terza e di gran lunga più importante iniziativa
imprenditoriale di successo. Secondo i fondatori, la sua nascita è
avvenuta per puro caso. Vari clienti avevano chiesto loro se ci fosse un
modo per prendere il controllo di un cellulare senza avere accesso
fisico all’apparecchio reale.
Benché
avessero sentito dire che c’era [questa possibilità], non riuscivano a
trovare nessun ingegnere informatico che avesse idea di come farlo,
finché un giorno, seduti in un caffè, i due udirono per caso parlarne
veterani dell’“Unità 8200”. Così nel 2010, proprio quando gli smartphone
stavano per essere trasformati da oggetti per un solo uso in apparecchi
quotidiani potenti, multiuso e indispensabili, fondarono “NSO”.
Iniziarono
a farsi una clientela tra le forze di polizia di vari Paesi, offrendo
la possibilità di spiare criminali sospetti in modi che nessuno aveva
mai previsto. Fondarono una succursale per le vendite negli USA,
“WestBridge Technologies”, per incentivare la penetrazione commerciale
in uno dei loro maggiori mercati potenziali.
Attraverso
la “Francisco Partners”, la società di capitale di rischio che nel 2015
ha comprato “NSO”, questa è finita sotto l’egida di un’impresa che
possiede una serie di altre compagnie di telecomunicazioni che hanno
fornito informazioni sensibili per fare passi avanti nelle possibilità
di hackeraggio. Per esempio, “Intelligence Online” [rivista informativa
nel campo dell’informatica, ndt.] riporta che Boaz Goldman è presidente
del consiglio di amministrazione di “Inno Networks”, che installa reti
di comunicazione mobile (3G e 4G). E’ appena entrato nel consiglio di
amministrazione di una holding con sede in Lussemburgo che include “NSO
Group” in un complicato rapporto finanziario. Questo accordo d’affari
fornisce all’azienda di armi informatiche un accesso diretto a grandi
reti (SS7 – Signal System 7) utilizzate per trasmettere testi, email,
chiamate telefoniche, dati di geo-localizzazione e chiavi di cifratura.
“NSO”
ha anche iniziato a crearsi fonti che gli forniscono accesso a
prototipi di modelli di cellulari prima che vengano immessi sul mercato,
il che gli permette di fare analisi scientifiche in modo che gli
ingegneri di “NSO” possano cercare falle di vulnerabilità che consentano
un accesso totale ai telefoni che i loro clienti desiderano prendere di
mira.
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Zona grigia
Si
potrebbe pensare che i produttori di telefonini intendano proteggere i
propri prodotti come Fort Knox [area militare in cui sono conservate le
riserve auree e monetarie degli USA, ndt.] e vietarli agli sguardi
loschi di hacker come “NSO”. Ma l’impresa opera in una zona grigia e
cerca di garantirsi quello di cui ha bisogno da varie fonti sia
all’interno che all’esterno delle industrie produttrici.
Prima
dei portatili, i criminali comunicavano nel modo in cui lo facevano
tutti: con telefoni fissi, mail o di persona. La tecnologia per
intercettare o controllare queste comunicazioni era semplice e
primitiva: per i telefoni si usava una “cimice” [microspie per l’ascolto
di conversazioni private, ndt.] su una linea telefonica.
La
cimice avrebbe dovuto presumibilmente essere approvata da un giudice ed
essere messa in funzione con l’aiuto di una compagnia telefonica. C’era
un processo di controllo e questo veniva in genere rispettato, almeno
nelle società democratiche.
La
comunicazione elettronica ha cambiato tutte le regole, aprendo nuove
modalità per spiare le singole persone. Si possono intercettare
dall’esterno i segnali di comunicazione tra chi parla. “NSO” ne ha
approfittato, sviluppando un programma che, una volta scaricato,
prenderà il controllo del telefonino di chi lo utilizza.
Così
non c’è più bisogno di intercettare telefonate, perché il cliente di
“NSO” è effettivamente all’interno dello stesso telefono. Le forze di
polizia ed i governi possono distruggere i piani per commettere reati o
attacchi terroristici prima che avvengano e preservare l’ordine
pubblico.
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Una breccia delle dimensioni di un camion
Ma
c’è un aspetto problematico in questa tecnologia per altri versi
benefica: “NSO Group” controlla solo quelli che l’hanno comprata, non
l’utilizzatore finale. Il primo cliente può offrirla ad altri individui o
enti nel suo governo, o creare un’identità commerciale fittizia per
celare l’uso finale che farà di “Pegasus”.
“NSO”
sostiene di seguire tutte le regole israeliane che governano
l’esportazione dei suoi prodotti e vende solo agli alleati di Israele e
mai ai suoi nemici. Sostiene anche di vendere solo a governi e mai a
singoli individui o ad utilizzatori non autorizzati. Afferma che
“Pegasus” è previsto solo per lottare contro criminali e terroristi e
mai per essere usato a fini politici.
Tuttavia
sottolinea che, una volta che ha venduto il prodotto, non ha il
controllo (o per lo meno questo sostiene) su chi usa la tecnologia o sul
come. Questa è una breccia abbastanza grande da farci passare un camion
Mack [marca che produce negli USA camion enormi, ndt.], e consente ad
“NSO” – e a decine di altre imprese di spionaggio informatico che
offrono programmi simili – di evitare la responsabilità sui modi
ripugnanti in cui la loro tecnologia viene usata.
Nel
caso di Mansoor l’hackeraggio è stato diretto contro un cittadino
considerato un criminale dallo Stato. Ma egli non lo è da nessun punto
di vista riconosciuto da una società democratica. Non è stato imputato
di nessun reato, di aver rapinato qualcuno o di aver messo una bomba.
Nel 2011 è stato condannato a tre anni con l’accusa di oltraggio allo
Stato (in seguito è stato amnistiato e liberato) – e ciò a quanto pare è
stato sufficiente in un regime autocratico come quello degli EAU per
considerarlo sospetto.
La
tecnologia dell’”NSO” è caduta in cattive mani anche in Messico. Come ha
informato il “New York Times”, i telefoni di attivisti politici, per i
diritti umani e contro la corruzione messicani che stavano facendo
un’inchiesta su possibili delitti commessi dal governo e dai suoi agenti
sono stati infettati da “Pegasus”. Il “Times” afferma che le vittime se
ne sono accorte per la prima volta nell’estate 2016.
Una
di queste era l’avvocato che rappresenta i genitori di 43 studenti medi
uccisi dalla polizia messicana in un caso per cui non è mai stata
perseguita. Altri stavano facendo un’inchiesta sulla corruzione di
dirigenti d’azienda collusi con rappresentanti eletti.
Secondo
mail interne della “NSO” datate a partire dal 2013 e lette dal “New
York Times”, il governo messicano ha pagato alla “NSO” più di 15 milioni
di dollari per tre progetti. Funzionari messicani hanno negato di
essere coinvolti nello spionaggio ed hanno aperto un’inchiesta.
Questi
usi violano le disposizioni della licenza di esportazione israeliana in
base alla quale “NSO” vende i propri prodotti. Ma ci sono scarse
possibilità che i funzionari israeliani intervengano in questo caso.
Sono interessati a promuovere le esportazioni israeliane, non a
limitarle. Né vedono il proprio ruolo come un servizio di censori nei
confronti del comportamento delle imprese israeliane.
“Middle
East Eye” ha contattato l’agenzia di controllo dell’esportazione per la
difesa del Ministero della Difesa israeliano per chiedere di commentare
i suoi rapporti con “NSO”. Non ha risposto prima che questo articolo
venisse pubblicato. Abbiamo anche posto delle domande all’ufficio stampa
del Ministero della Difesa, e neppure questo ha risposto a tempo per la
pubblicazione.
Per
esempio, molti esportatori di armi israeliani sono sospettati di essere
impegnati in truffe e altre pratiche corruttive per ottenere contratti
per la vendita di armamenti con eserciti stranieri. Poche tra queste
imprese sono state messe sotto inchiesta dalle autorità israeliane,
benché a parecchie sia stato vietato di fare affari in vari Paesi.
“Citizen
Lab” ha detto a “Forbes” che “NSO” ha registrato domini in Israele,
Kenya, Mozambico, Yemen, Qatar, Turchia, Arabia Saudita, Uzbekistan,
Thailandia, Marocco, Ungheria, Nigeria e Bahrain, suggerendo che
“Pegasus” potrebbe essere stato usato in questi Paesi, anche se non ci
sono prove evidenti.
Secondo
email interne, contratti e proposte di “NSO” visionate dal “New York
Times”, “NSO” fa pagare ai clienti 650.000 dollari per spiare i
proprietari di 10 iPhone, più 500.000 dollari di commissione per la
configurazione.
E’
evidente quanto questo affare possa essere una miniera d’oro – ed anche
perché “NSO” potrebbe essere tentata di allentare le considerazioni
etiche per massimizzare il suo profitto potenziale. “Middle East Eye” ha
cercato un cofondatore di “NSO” e l’addetto stampa dell’impresa per un
commento. Nessuno ha risposto.
Da
imprenditori astuti quali sono, Lavie e Hulio hanno deciso di poter
giocare da entrambi i lati. E’ così che nel 2013 hanno fondato
“Kaymera”, un’altra azienda tecnologica con sede nell’università di
Herzilya destinata a proteggere i clienti contro intrusioni informatiche
indesiderate.
Nella
maggior parte delle iniziative imprenditoriali, questo passaggio del
confine avrebbe fatto scattare l’allarme. Ci potrebbero essere dei
vantaggi nel condividere informazioni: non appena un ingegnere dell’
“NSO” ha individuato il punto debole di un’impresa, potrebbe
condividerlo con “Kaymera” per risolverlo.
Ma
con la stessa facilità potrebbe succedere il contrario: “Kaymera”
potrebbe informare “NSO” dei punti deboli che ha scoperto nei sistemi
informatici o di comunicazione di un cliente. Questa informazione
potrebbe effettivamente essere monetizzata a favore di entrambe le
aziende. Middle East Eye ha contattato “Kaymera” per avere un commento e
l’impresa non ha risposto.
Il
problema è che, in uno Stato di sicurezza nazionale come Israele,
considerazioni etiche come queste passano in secondo piano rispetto ai
benefici per la sicurezza e finanziari.
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Unicorni e galline dalle uova d’oro
La
crescente clientela di “NSO” e i profitti che genera hanno attirato
l’attenzione di società di capitale di rischio alla ricerca di
opportunità di investimenti lucrosi. Una di queste è stata la società
privata di investimenti “Francisco Partners” con sede negli USA.
Nel
2014 la società ha comprato una quota di maggioranza in “NSO” per 120
milioni di dollari. Le migliori società finanziarie investono in
un’impresa per un lungo periodo, offrendo non solo un investimento di
capitale, ma anche consulenza strategica e gestionale. Ma altre
investono a breve termine. “Francisco” è una di queste.
Cosa
interessante, “Francisco Partners” e un ramo di “NSO” hanno un passato
di rapporti con l’ex consigliere per la sicurezza nazionale
dell’amministrazione Trump Michael Flynn, che ha dato le dimissioni in
febbraio dopo indiscrezioni sui suoi rapporti con la Russia.
Secondo
moduli informativi finanziari, una controllata di “NSO” con sede in
Lussemburgo, “OSY Group”, ha pagato a Flynn 40.280 dollari per il suo
ruolo come membro del consiglio di amministrazione dal maggio 2016 al
gennaio scorso. Flynn – che avrebbe lavorato per molte imprese di
sicurezza informatica – è stato anche consulente del socio proprietario
di “NSO”, “Francisco Partners”, ma non ha mai rivelato quanto lo hanno
pagato.
Un
mese prima che Flynn entrasse nel consiglio di amministrazione di “OSY”,
“NSO Group” ha aperto una nuova branca nella zona di Washington
chiamata “WestBridge Technologies” che, secondo l’ “Huffington Post”, è
“in lizza per contratti con il governo federale per prodotti del gruppo
“NSO”. Assumere Flynn avrebbe messo a disposizione di “NSO Group” una
figura con ottimi contatti a Washington, per aiutarla a inserirsi nel
mondo notoriamente esclusivo della destinazione dei fondi dei servizi
segreti.”
“Francisco
Partners” ha tenuto “NSO” solo per un anno prima di iniziare a venderla
con una valutazione di un miliardo di dollari. Nelle scorse settimane
“Blackstone Group”, una delle più grandi società finanziarie di Wall
Street, avrebbe accettato di acquistare una quota del 40% in “NSO”.
Un
investimento di 400 milioni di dollari da parte di “Blackstone” avrebbe
fatto diventare “NSO” un “unicorno” (una startup che ha raggiunto il
valore di un miliardo di dollari o più) ed offerto ai suoi fondatori – e
a “Francisco Partners” – un enorme guadagno.
Data
la maggiore penetrazione nel mercato mondiale che l’investitore
“Blackstone” avrebbe fornito a “NSO”, le notizie hanno preoccupato gli
attivisti per la libertà nella rete.
“Access
Now”, una Ong statunitense che sostiene un internet libero e
democratico, ha dato vita ad una petizione on line ed a una campagna con
l’intenzione di informare l’opinione pubblica sul modello di attività
di “NSO”. “Citizen Lab” si è unito al progetto scrivendo una lettera
aperta al consiglio di amministrazione di “Blackstone”, invitandolo a
“considerare con attenzione le implicazioni etiche e per i diritti
umani” del loro potenziale investimento.
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“Blackstone” si ritira
Questa
settimana sono comparse notizie secondo cui “Blackstone” è uscita dalle
trattative con “NSO” senza arrivare ad un accordo. Rispondendo ad una
richiesta di commento da parte di “Middle East Eye” nel giorno in cui è
stata annunciata la fine dei colloqui, un rappresentante di “Blackstone”
ha rifiutato di commentare l’affare. Un’altra società di investimenti,
“ClearSky Technologies”, avrebbe accettato di acquistare una quota del
10% in “NSO”. Ma anch’essa ha confermato a “Middle East Eye” che non
investirà nell’azienda.
Un
portavoce di “NSO” ha rifiutato di discutere con la Reuters [agenzia di
stampa inglese, ndt.] dei colloqui o del perché sono saltati.
Ma
pare probabile che la polemica generata da “Access Now” e le questioni
sollevate dai giornalisti abbiano reso prudente la società sulla
responsabilità che si sarebbe accollata.
“Finché
‘Blackstone’ non parla,” ha detto Peter Micek, consulente legale di
‘Access Now’, “non sapremo se hanno ascoltato le voci di difensori dei
diritti umani, giornalisti e vittime di reati le cui vite sono state
sconvolte dagli strumenti di ‘NSO Group’”.
“Ma
questo accordo defunto dimostrerà ad altri investitori, compreso
l’attuale proprietario di ‘NSO’, ‘Francisco Partners’, che non c’è
niente da guadagnare – e tutto da perdere – nell’investire nelle
violazioni dei diritti umani.”
Tutto
ciò mette in luce nuove domande su come “NSO” fa affari e
sull’inconsistenza del suo modello etico. Perché, per esempio, “Pegasus”
perde il simbolo e il controllo di “NSO” una volta che viene concessa
la licenza ad un cliente? Perché l’azienda non può fissare condizioni
esplicite nei suoi contratti stabilendo da chi e come sarà utilizzato?
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Condizioni di utilizzo
Sembra
ridicolo che un’impresa, la cui tecnologia è destinata a infiltrarsi e
controllare le attività di singole persone prese di mira, non sia in
grado di monitorare gli usi a cui vengono destinati i suoi prodotti.
Ovviamente,
se “NSO” potesse controllare come i clienti utilizzano i suoi prodotti,
potrebbe essere ritenuta responsabile se violano le condizioni di
utilizzo. Gli attivisti per i diritti umani presi di mira o imprigionati
a causa di “Pegasus” potrebbero forse fare causa per le proprie
sofferenze a “NSO” in qualche sede giurisdizionale. Questa sarebbe
un’ulteriore ragione per cui “NSO” preferisce non sapere quello che
succede una volta che il suo malware lascia i suoi server.
E’
indispensabile che il futuro acquirente ne sia consapevole e risponda a
queste preoccupazioni in modo costruttivo. Inoltre gli Stati che sono
già clienti di “NSO” devono fare un lavoro molto migliore per monitorare
come la tecnologia per la sorveglianza viene utilizzata nelle zone di
loro competenza.
Gli
Stati che stanno pensando di diventare clienti di “NSO” devono anche
fornire tutele per garantire che “Pegasus” venga usato unicamente contro
i veri cattivi, ma non contro civili, fautori del benessere pubblico,
avvocati, giornalisti o attivisti politici.
Richard Silverstein scrive
sul blog “Tikun Olam”, dedicato a smascherare gli eccessi dello Stato
della sicurezza nazionale israeliano. Il suo lavoro è comparso su
“Haaretz”, “Forward”, “Seattle Times” e “Los Angeles Times”. Ha
contribuito alla raccolta di saggi dedicata alla guerra in Libano del
2006, “A Time to Speak Out” [Il momento di far sentire la propria voce]
(Verso), e a un altro saggio nella raccolta di prossima pubblicazione
“Israel and Palestine: Alternative Perspectives on Statehood” [Israele e Palestina: prospettive alternative di sovranità nazionale] (Rowman & Littlefield).
Le
opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono
necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.
(traduzione di Amedeo Rossi)
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