La nuova alleanza della Jihad. Dall’Africa la minaccia per l’Europa

La frammentazione, la concorrenza fra Al-Qaeda e Isis, la pressione delle forze armate occidentali e dei potenti apparati marocchini e algerini hanno prodotto un risultato.
Hanno finora impedito ai gruppi islamisti del Maghreb e del Sahel di replicare alle porte dell’Europa mediterranea il califfato siro-iracheno. Ma l’attacco a Cambrils e a Barcellona dimostra che il pericolo non è scampato.

I combattenti maghrebini sono stati la colonna portante delle truppe d’assalto di Abu Bakr al-Baghdadi, in numero impressionante, da 10 a 15 mila, e hanno fornito quadri ad Al-Qaeda in tutto il mondo islamico. Ora si stanno riorganizzando attorno un nucleo centrale qaedista fra Mali, Algeria, Niger e a una rete fedele allo Stato islamico, forte soprattutto in Libia.

Riorganizzazione
La riorganizzazione di Al-Qaeda è stata annunciata lo scorso primo marzo. Un video diffuso dall’agenzia islamista mauritana Ani ha mostrato i comandanti delle principali fazioni riuniti in una località segreta del Mali per saldare le loro forze in una nuova formazione. Il filmato metteva in mostra alcuni dei terroristi più ricercati al mondo, con taglie sulle loro teste per decine di milioni. Il principale era Iyad al-Ghali, fondatore di Ansar Eddine, il gruppo che fra il 2012 e il 2013 ha fondato un emirato nel Nord del Mali con l’appoggio di Al-Qaeda. Gli altri erano Yahya Abu al-Hammam, emiro per la regione del Sahel per Al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi), Al-Hassan al-Ansari, numero due del gruppo Al-Mourabitoun, Amadou Koufa, capo della brigata «Macina» di Ansar Eddine, Abdalrahman al-Sanhaji, «qadi», cioè giudice supremo dell’Aqmi.

I cinque hanno dato vita al «Gruppo di appoggio all’islam e ai musulmani», sotto il comando di Al-Ghali, con l’ambizione di creare un grande emirato dal Sud dell’Algeria al Burkina Faso e di replicare l’operazione della fine del 2012, quando i combattenti qaedisti e di Ansar Eddine marciavano inarrestabili verso la capitale del Mali, Bamako. Solo l’intervento di quattromila soldati francesi riuscì a evitare il peggio. Era l’operazione «Serval», una delle poche dimostrazioni di leadership dell’ex presidente François Hollande. Il presidio tricolore, ora ribattezzato «Barkhane», resta una diga indispensabile.

Il mistero di Belmokhtar
Della debolezza del fronte Sud sono consapevoli anche i jihadisti. Il vero regista del tentativo di sfondamento è l’algerino Mokhtar Belmokhtar, dato per morto almeno tre volte. Il «guercio», ha perso un occhio al fronte in Afghanistan, ha un rapporto burrascoso con Al-Qaeda e guida un gruppo tutto suo, i Mourabitoun: negli ultimi due anni ha messo a segno una serie di attacchi in Mali e Niger, contro occidentali, uomini della missione Onu, truppe francesi. Nell’ultimo, a Gao il 18 gennaio, sono rimasti uccisi 80 soldati maliani in un base delle Nazioni Unite. La presenza del suo braccio destro alla riunione in Mali significa che anche lui è della partita, in un’alleanza che conta fino a 8 mila uomini, a seconda delle stime.

Ma la riunione dei cinque significa anche che Aqmi, Al-Qaeda nel Maghreb islamico, la formazione nata nel 2007 sulle ceneri del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento, con quartier generale sulle montagne della Kabilia, in Algeria, riprende le redini delle operazioni in Africa del Nord. Il leader Al-Ghali ha ribadito il giuramento di fedeltà, bayah, al capo supremo Ayman al-Zawahiri. Analisti francesi come Dominique Thomas, hanno sottolineato «il forte rischio che si sono presi» i capi jihadisti durante la riunione, che poteva essere cancellata da un drone: ma la nuova alleanza dove essere sancita in pubblico, perché Aqmi «ha investito enormemente su due fronti: la Libia e il Sahel». E il Nord del Mali resta una base formidabile per attaccare tutta la regione.

La competizione con l’Isis
L’altra base è la Libia. Al-Qaeda si è alleata con il gruppo libico Ansar al-Sharia, che di recente si è sciolto nelle Brigate per la difesa di Bengasi, il più pericoloso avversario del generale anti-islamista Khalifa Haftar. Ma deve fronteggiare la concorrenza dell’Isis. Gli uomini fedeli ad Al-Baghdadi sono sopravvissuti alla sconfitta a Sirte, dispongono di qualche migliaio di combattenti, cercano di infiltrarsi in Egitto per congiungersi alla Wilaya Sinai, e verso il Sahel per unirsi ai Boko Haram nel Nord della Nigeria. Anche se è meno forte di Al-Qaeda l’Isis ha una strategia più aggressiva e può incanalare i combattenti di ritorno dal califfato. Lo Stato islamico vuole usarli per creare wilaya, nuove province. E per colpire l’Europa e i governi empi del Nordafric


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